Punto di vista

Ambiente, gli avvenimenti del 2018


Notizie e dati dell’anno che sta per finire e il confronto con quelli precedenti

Fine anno, tempo di bilanci. E oggi ne faccio uno anch’io: voglio fare il punto sui principali temi ambientali. È stato un 2018 carico di eventi e di notizie, spesso poco confortanti, ma che rischiano come sempre di finire nel dimenticatoio, quando invece gli errori dovrebbero essere una base da cui partire per fare meglio durante il nuovo anno.

Rispetto al 2017, come sarà andato quest’anno? Vediamo insieme, punto per punto, tutti i dati relativi a clima, rifiuti e altre problematiche, e scopriamo se rispetto al passato siamo migliorati o se dobbiamo ancora lavorarci.

1) RIFIUTI

Foto: www.legambiente.it

Non si fa che parlare di “emergenza rifiuti”, a cui il Governo vorrebbe porre rimedio attraverso nuovi impianti di incenerimento (qui trovate un approfondimento alla questione termovalorizzatori) o autorizzando l’uso di fanghi in agricoltura con alti limiti di inquinanti, pur di smaltirli. Ma abbiamo veramente bisogno di queste soluzioni?
È appena stata pubblicata l’edizione 2018 del Rapporto Rifiuti Urbani di ISPRA, che riporta tutti i dati su produzione, raccolta differenziata e gestione dei rifiuti in Italia; in realtà i numeri sono buoni, perché la produzione di rifiuti urbani è leggermente diminuita rispetto all’anno precedente (- 1,7%) mentre aumenta, anche se di poco, la raccolta differenziata (prima era il 52,5%, ora il 55,5%). Certo, siamo ancora lontani dagli obiettivi europei del 65% entro il 2035, ma è pur sempre un trend positivo.
L’Europa lo scorso maggio ha modificato le direttive sui rifiuti (contenute nel pacchetto “Economia circolare”) prevedendo anche degli obiettivi in termini di recupero degli imballaggi, che dovranno essere riciclati al 65% entro 2025; noi non ce la caviamo male, visto che in un anno siamo passati dal 66,9% al 67,5%. Io concordo con Legambiente quando afferma che una corretta gestione dei rifiuti rispetta le 4R, Ridurre, Riutilizzare, Riciclare e infine Recuperare energia, in quest’ordine: gli impianti di incenerimento dovrebbero essere solo l’ultima spiaggia.
E non prendiamo ad esempio i Paesi del nord Europa, perché non sono sempre i più virtuosi. In Danimarca, ad esempio, ci sono già 29 termovalorizzatori e altri 10 verranno realizzati; ma sono anche il Paese europeo che produce più rifiuti. Se noi ci attestiamo a 497 kg pro capite l’anno, loro arrivano a 770 kg di rifiuti, quasi il doppio!

2) INQUINAMENTO DEI MARI

Foto: www.nonsprecare.it

I dati secondo me più esaustivi, per quando riguarda l’Italia, sono quelli di Legambiente. Goletta Verde è un progetto di monitoraggio sulla salute dei nostri mari, che si snoda lungo le coste italiane; dei 261 campioni di acque analizzate quest’estate, il 48% è risultato inquinato da cariche batteriche oltre i limiti di legge (ben 8 punti in più rispetto ai dati di Goletta Verde 2017). La causa principale è la insufficiente o assente depurazione: sono ancora 74 le città italiane prive di un corretto sistema fognario, nonostante la direttiva europea avesse stabilito come scadenza il 2000. A maggio infatti ci è arrivata un’altra condanna da parte della Corte europea, a pagare 25 milioni più altri 30 milioni ogni 6 mesi di ritardo nel completamento dei lavori di messa a norma.
Ma il mare deve anche guardarsi dal problema dei rifiuti solidi: non so se si realizzeranno le previsioni secondo cui nel 2050 negli oceani ci sarà più plastica che pesci, ma certo non abbiamo preso una bella piega. Fa sempre notizia la storia dell’isola dei rifiuti nel Pacifico, ma non bisogna dimenticare che il Mar Mediterraneo, essendo un bacino chiuso, è uno dei più minacciati dal marine litter. La scorsa estate Goletta Verde ha trovato 58 rifiuti galleggianti ogni 2 km di mare, di cui il 96% è plastica, un materiale che inquina, si degrada in tempi molto lunghi e si frammenta in pezzi più piccoli creando il problema delle microplastiche.
Non va meglio sulle spiagge italiane. Durante l’indagine Beach Litter, sempre di Legambiente, nel 2017 ne sono state monitorate 62, ritrovando 670 rifiuti ogni 100 metri; quest’anno le spiagge analizzate sono state 78, e i rifiuti 620 ogni 100 metri. Numeri leggermente inferiori ma comunque sempre troppi, considerando soprattutto che la plastica la fa sempre da padrona, rappresentando oltre l’80% degli oggetti rinvenuti (e 1 su 3 sono prodotti usa e getta!).

3) EMISSIONI DEI GAS SERRA

Foto: www.focus.it

Gli esperti del Global Carbon Bugdet, un’organizzazione che si occupa di registrare le emissioni di gas a effetto serra (quantità e fonti) nel mondo, l’avevano detto a inizio anno: il 2018 sarebbe stato l’anno dei record. Dopo un triennio, dal 2014 al 2016, abbastanza stabili, dallo scorso anno le concentrazioni hanno ricominciato a salire, registrando un aumento dell’1,6 % nel 2017 e del 2,7% quest’anno. In particolare, la CO2 (la principale responsabile dei cambiamenti climatici) ha raggiunto la concentrazione di 412 ppm in atmosfera, superando le 405 del 2017, in contrasto con l’obiettivo degli Accordi di Parigi di ridurre le emissioni affinché la temperatura globale non superi di oltre 2° quella dei livelli preindustriali.
A proposito, come andiamo da questo punto di vista? Non facciamoci ingannare da un’estate che (fortunatamente) non si è rivelata bollente come la scorsa. Secondo i dati dell’Agenzia americana NOAA, il 2018 è stato l’anno più caldo di sempre per quanto riguarda l’Europa, superando per la prima volta le temperature medie di 2° (+ 2,16°, per la precisione); a livello mondiale, invece, il 2018 si classifica quarto. E in Italia? Secondo il CNR è stato il 9° anno più caldo dal 1800. Ma le previsioni per il futuro non sono buone, perché secondo una recente ricerca pubblicata su Nature Communications gli anni tra il 2018 e il 2022 saranno “da record”. E non positivo…

4) CONSUMO DI SUOLO

Foto: www.meteoweb.eu

L’urbanizzazione ha il suo prezzo, ma molti sembrano dimenticarsi che il suolo è una risorsa non rinnovabile: una volta che viene cementificato, è perso. E ne perdiamo molto, mediamente 15 ettari al giorno secondo i dati del Rapporto sul consumo di suolo in Italia di ISPRA, ogni anno sempre di più: in 365 giorni abbiamo distrutto altri 52 km2 di terreno naturale. Oltre al problema di sottrarlo agli ecosistemi e alle attività agricole, impermeabilizzare il suolo predispone al rischio del dissesto idrogeologico, ovvero a una fragilità che spesso non è in grado di reggere l’impatto del maltempo, un rischio che sempre secondo ISPRA riguarda il 91% dei Comuni italiani.
L’altra faccia della medaglia infatti sono i fenomeni meteorologici estremi, come siccità, ondate di calore, nubifragi e trombe d’aria, che già abbiamo avuto modo di vedere in azione: ricordate a ottobre, quando la Liguria è stata investita da una mareggiata le cui onde hanno letteralmente spazzato via la zona costiera, soprattutto nel Tigullio? E il maltempo di fine ottobre, quando piogge, frane e trombe d’aria hanno causato 7 vittime tra Lazio, Veneto, Savona, Bolzano e Napoli?
La frequenza dei fenomeni estremi è purtroppo destinata ad aumentare (di circa 3 volte rispetto a oggi, secondo una recente ricerca della Standford University); se ad oggi secondo l’OMS i cambiamenti climatici hanno già provocato 7 milioni di morti nel mondo, cosa dobbiamo aspettarci in futuro?

5) PERDITA DI BIODIVERSITÀ

Foto: www.adnkronos.com

Aumento delle temperature, inquinamento e distruzione degli habitat naturali sono anche tra le principali cause di perdita di specie animali, che si stanno estinguendo ad un tasso di velocità molto superiore a quello naturale. Quello che preoccupa gli esperti, poi, non è solo il numero delle specie estinte, ma anche il calo del numero di esemplari per specie, che si è praticamente dimezzato, tanto da far parlare di “sesta estinzione di massa”. Secondo i dati del WWF, oggi in natura restano appena 3.900 tigri, perché nell’ultimo secolo abbiamo perso il 97% della popolazione; resta appena il 10% di quella degli elefanti e sono sopravvissuti solo 20-30.000 esemplari di orso bianco (di cui rischiamo di perdere un 30% nei prossimi anni) a causa del cambiamento climatico.
Non ce la passiamo meglio in Italia. La popolazione di orso bruno marsicano, una sottospecie presente nell’Appennino centrale, è stimata in appena 50 individui, diminuendo del 10% rispetto allo scorso anno, e si trova nella categoria di specie in pericolo critico di estinzione.
In caso non abbiate mai sentito parlare di estinzione di massa, sappiate che l’ultima è stata 65 milioni di anni, quando si sono estinti i dinosauri: giusto per far capire la gravità.

 

C’è un bellissimo videoclip di una canzone di Michael Jackson, “Earth song”, che vi consiglio di guardare: in pochi minuti riesce a mostrare tutti i danni che le attività dell’uomo hanno causato ad animali e ambiente. A un certo punto le parole della canzone dicono: “Che cosa abbiamo fatto al pianeta? Guarda cosa abbiamo fatto…”. A volte me lo chiedo anch’io, ma soprattutto mi chiedo come rimediare ai nostri errori prima che sia troppo tardi, per l’ambiente e per l’uomo.

 

Foto copertina: www.bloglive.it

 

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2 Comments

  • Reply
    giulia
    18 Dicembre 2018 at 9:31

    I cambiamenti climatici sono positivi in alcuni casi molto negativi in altri, direi che per la plastica oltre a migliori servizi di riciclo è opportuno usarne, comprarne e produrne di meno…se i nostri nonni vivevano senza perchè non dovremmo farlo noi?

    • Reply
      Antonio Osso
      5 Gennaio 2019 at 18:24

      giusto

    Leave a Reply


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