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Capo macchiato? Nuova vita con le tinte naturali


Tessa Gelisio, macchie sui vestiti

Recuperare un capo macchiato con le tinte naturali è davvero possibile? Mi sono fatta spesso questa domanda, soprattutto quando cerco di salvare indumenti a cui sono particolarmente legata. A chi non è mai infatti capitato di versare inavvertitamente del vino rosso su una splendida camicia bianca o, ancora, di trovarsi con un paio di pantaloni chiari rovinati dal verde dell’erba? Eppure, nonostante lavaggi ripetuti e tanto olio di gomito, a volte le macchie non ne vogliono sapere di scomparire completamente. Perché allora non recuperare questi vestiti tingendoli, evitando così di produrre nuovi rifiuti, e magari sfruttando dei colori naturali per ridurre il nostro impatto sull’ambiente?

Quando si parla di tinteggiatura dei tessuti e l’uso di pigmenti naturali, però, non è tutto così facile come sembra. Per questo ho raccolto alcuni utili consigli e chiesto un parere a Sara Spotti de Il Sartino Naturale, un progetto proprio dedicato alle tinte naturali per tessuti. E non mancano nemmeno i workshop, per imparare i segreti di quest’arte antichissima.

Capo macchiato: perché il lavaggio non funziona?

Macchia di vino

A volte tocca arrendersi. Lavaggi ad alta temperatura, rimedi della nonna, sapone di Marsiglia, acido citrico e altre soluzioni naturali: per quanto uno si impegni nella pulizia dei capi, tentando anche metodi “convenzionali”, vi sono macchie che sembra non vogliamo proprio scomparire. Nella migliore delle ipotesi rimane un antiestetico alone, poco gradevole da vedere soprattutto se su tessuti chiari.

Erba, vino rosso, succo di pesca, olio e ruggine: sono queste le macchie più ostiche da rimuovere, a volte, non sempre, scompaiono solo facendo ricorso a solventi molto aggressivi, sia per il tessuto che per l’ambiente. Perché succede?

Semplificando, la maggior parte di queste sostanze contiene degli elementi chimici – dagli acidi fino ai grassi – che penetrano nel profondo nelle fibre, modificandone la loro struttura. Il filato viene letteralmente alterato e, per quanto esteso sia l’impegno armati di sapone e di pazienza, è difficile ripristinare le condizioni originali del tessuto.

Tinte naturali: da dove provengono i colori?

Tinte naturali, pigmenti

Di fronte alle macchie più ostinate, ricorrere a tinte naturali può essere la soluzione per recuperare l’indumento danneggiato. A seconda del colore prescelto, e della tipologia di tessuto trattato, la macchia potrà essere quasi nascosta del tutto. In altre parole, la si mimetizza coprendola con dei colori più scuri, affinché risulti praticamente impercettibile.

Dipende poi dalla gravità della macchia” – spiega Sara de Il Sartino Naturale. “Solitamente se si va a tingere in modo naturale l’effetto non è del tutto uniforme […] Non è così semplice come si possa credere”.

Ma da dove si ricavano i colori naturali usati per tinteggiare i tessuti? Fra i più diffusi, vi sono:

  • Giallo: curcuma, bucce di cipolla bionda, zafferano;
  • Verde: eucalipto, spinaci, prezzemolo;
  • Rosso: karkadè, cocciniglia, cavolo, barbabietola;
  • Arancione: henna, cipolla bionda, curcuma;
  • Viola: uva;
  • Blu: mirtillo;
  • Marrone e nero: mallo di noce, caffè, cacao.

Ma vi sono anche legni, erbe e radici che vengono impiegati per tingere i tessuti. “Se abbiamo una macchia importante io utilizzerei dei colori potenti – spiega Sara – come potrebbe essere il viola dato dal legno di campeggio, oppure il rosso dato dalla robbia o dalla cocciniglia”.

Tinte naturali: scelta del tessuto e pretrattamento

Tinte naturali, cremor tartaro

Tingere un capo con colori naturali non è così immediato come si potrebbe pensare. Innanzitutto, va valutato attentamente il tessuto a propria disposizione, se possibile evitando fibre sintetiche. “Consiglio sempre di guardare prima la composizione del capo che vogliamo andare a tingere – aggiunge Sara – al massimo ci deve essere un 10% di materiale sintetico. Oltre no, perché la tintura naturale non verrebbe uniforme né di un bel colore”.

Dopodiché, è necessario distinguere tra tessuti di origine animale – come la seta e la lana – e quelli vegetali, quali il cotone. “Lana e seta – prosegue Sara – essendo materiale proteico prendono meglio il colore naturale. È come se avessero una calamita all’interno che aiuta proprio a prendere il colore naturale. […] Io consiglio sempre, come primo approccio, di iniziare con qualcosa di origine animale. Dà più soddisfazione e invoglia a continuare questa sperimentazione”.

È però necessario preparare adeguatamente il tessuto, con un apposito pretrattamento, detto anche mordenzatura. Si tratta di un procedimento che apre la struttura del tessuto e lo rende ricettivo al colore. “Per un risultato uniforme, dipende tutto da come viene fatta la mordenzatura” – precisa Sara. “Quindi si fa un bagno del tessuto in acqua e, per lana e seta, si utilizza cremor tartaro e l’allume di potassio. Non si porta tutto a ebollizione, poiché lana e seta temono le grandi temperature, ma almeno a sobbollire. Lo si lascia sobbollire almeno un’oretta e lo si lascia raffreddare molto tranquillamente, evitando sbalzi di temperatura. Dopodiché si può passare al bagno di colore”.

Vaso solare: tinte naturali per lana e seta

Barattoli

Ma nella pratica, come si traduce il procedimento di tingere un tessuto in modo naturale? Ho chiesto a Sara di fornirci un esempio, per lana e seta, due delle fibre più facili da tingere per chi si avvicina per la prima volta a questo universo. E ci ha consigliato la tecnica del vaso solare, da sfruttare soprattutto in estate, per fissare i colori proprio grazie all’azione del sole.

Prendiamo un vaso grosso di vetro” – spiega Sara – “ci si mette all’interno un pochino di allume di potassio, mentre non è necessario il cremor tartaro perché serve per ammorbidire e, non andando a far bollire la fibra, basta soltanto l’allume. Mettiamo quindi le bucce di cipolla. Inseriamo il nostro capo in lana o in seta, legato con elastici se vogliamo ottenere delle sfumature o anche solamente in immersione, e cerchiamo di mettere la cipolla un po’ sotto e un po’ sopra, affinché copra più tessuto possibile. Copriamo tutto con acqua, chiudiamo il vaso ermeticamente e mettiamolo al sole. Lo si lascia esposto al sole almeno due o tre giorni, se si fa una settimana benissimo, però non oltre perché il tessuto altrimenti si infeltrisce”.

Le tecniche sono però tantissime. “Ad esempio – prosegue Sara – la buccia di cipolla la si può utilizzare in ecoprinting, una tecnica che permette di stampare le foglie direttamente sul tessuto. Oppure si fa il decotto, come tutti i bagni di colore, lo si fa bollire, praticamente come una classica tisana, un minestrone di bucce di cipolla”.

In definitiva, per recuperare il nostro capo macchiato le tinte naturali rappresentano un’alternativa valida, ma serve pazienza ed esperienza. Un’arte che può essere appresa, con tanto di dosaggi e istruzioni, proprio grazie ai workshop de Il Sartino Naturale.

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