Green lifestyle

Cosmetici e ingredienti pericolosi


Un elenco delle sostanze più nocive per la salute e più inquinanti

Poche settimane fa qui su Ecocentrica vi ho proposto un tema che ha riscosso molto interesse: tutte le sostanze nocive contenute nei prodotti per il make-up. Filmanti come siliconi o petrolati, che impediscono alla pelle di respirare e peggiorano problematiche come invecchiamento cutaneo e impurità, oppure ingredienti irritanti e potenzialmente allergizzanti come conservanti di sintesi, coloranti e profumi.

Fondotinta, mascara e rossetti però non sono che una minima parte dei prodotti che si utilizzano quotidianamente: il mondo della cosmesi è molto più vasto. I dati europei dicono che ogni persona fa uso di almeno 12 prodotti per igiene e bellezza ogni giorno, esponendosi così in media a 168 sostanze chimiche. Allergizzanti, possibili cancerogeni, interferenti endocrini, che non fanno male solo a noi, ma anche all’ambiente.

Foto: www.ansa.it

Vi ricordate quella notizia di inizio anno, su una ricerca effettuata dall’Istituto “Mario Negri” di Milano, che ha analizzato fiumi e falde da cui si estrae l’acqua potabile? I risultati erano davvero allarmanti, perché hanno scoperto che nelle acque della zona milanese vengono scaricati ogni anno farmaci, droghe, sostanze plastificanti e – colpo di scena? – quasi mezza tonnellata di prodotti chimici per la persona. Tutti i prodotti da risciacquo, come saponi, shampoo, bagnoschiuma, dallo scarico finiscono direttamente nelle falde acquifere, dove vengono trattenute solo parzialmente dai depuratori, tanto che i loro effetti si fanno notare anche su ecosistema e fauna marina. Una ricerca di Arpa Emilia-Romagna, già nel 2009 metteva in guardia dalle sostanze che alterano il funzionamento del sistema endocrino, nei pesci ma anche nell’uomo (se volete leggerla, cliccate sul link: “Il rischio da interferenti endocrini nel fiume Po”). Un altro problema sono gli ingredienti battericidi, come i conservanti, perché agiscono anche sui batteri presenti nelle acque e contribuiscono al fenomeno della resistenza agli antibiotici.

Un esempio è dato dal Triclosan, un composto chimico antibatterico utilizzato nei deodoranti, nei dentifrici, nei detergenti intimi o nelle salviette usa e getta, e in generale nei prodotti igienizzanti. I suoi effetti dannosi sono diversi: crea ceppi di batteri resistenti agli antibiotici, altera il funzionamento di estrogeni, testosterone e ormoni tiroidei, e una recente ricerca dell’Università del Massachusetts ha dimostrato una correlazione con il tumore del colon, per ora negli animali, ma nulla esclude lo stesso effetto sull’uomo. Se negli Stati Uniti l’FDA (l’ente governativo che si occupa della sicurezza di farmaci e alimenti) ha deciso di vietarlo nei prodotti per l’igiene della persona, in Europa è stato bocciato dal REACH (Regolamento dell’Unione europea concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche) e per diversi prodotti non si può più utilizzare. Come conservante purtroppo è ancora ammesso e non è così difficile che sia contenuto in un sapone o un dentifricio: anche il mensile “il Salvagente” lo ho trovato in molti prodotti di uso comune normalmente presenti sugli scaffali dei supermercati.

Foto: www.alfemminile.com

Altre sostanze non presenti nel make-up ma tipiche dei prodotti schiumogeni sono i tensioattivi. Agiscono rimuovendo lo sporco dalla pelle, ma così facendo rischiano di asportare anche il film idrolipidico, ovvero la naturale barriera che la riveste e protegge, portando a secchezza, disidratazione (avete presente la sensazione di pelle che tira dopo la doccia o dopo aver lavato le mani?) ma anche allergie cutanee. La maggior parte dei prodotti in commercio contiene tensioattivi di sintesi, più aggressivi rispetto a quelli naturali, come Sodium Lauryl Sulfate (SLS), tra i più irritanti, e Sodium Laureth Sulfate (SLES), che in più è formato da una componente di origine petrolifera. Avete mai fatto caso poi alle sigle numeriche che potete trovare a fianco, ad esempio Laureth-2 o Laureth-7? Vi spiego subito cosa significano: indicano il numero di molecole di ossido di etilene utilizzate. Un tensioattivo come laureth-7 sarà composto circa per metà da una base vegetale come l’olio di cocco, mentre per l’altra metà da ossido di etilene che è di sintesi e di origine petrolifera; un laureth-2 invece ha un 80% di sostanza vegetale e solo il 20% di quella petrolifera. Eppure, il secondo è peggiore: il laureth-7 è più solubile e meno tossico per gli organismi acquatici, il laureth-2 invece si fissa sulle branchie dei pesci, impendendo loro di respirare (nel dubbio, evitateli entrambi!).
Ancora più pericolosi per la salute poi sono i prodotti contenenti cocamide (nell’INCI le trovate come Cocamide MEA, Cocamide TEA e Cocamide DEA, oppure semplicemente MEA, TEA, DEA), pericolosi perché in certe condizioni possono liberare nitrosoammine, un gruppo di composti classificati come cancerogeni. Possono trovarsi in bagnoschiuma, shampoo, saponi e tutti i prodotti schiumogeni: per la loro pericolosità sono vietati in alcuni Paesi nel mondo, ma non da noi.

A proposito di ammine: sono uno degli ingredienti contenuti anche nelle tinte per capelli. Anche il sito di AIRC ha dedicato un articolo all’argomento, spiegando come questo tipo di prodotti abbiano nella propria composizione più di una sostanza classificata come cancerogena; esistono degli studi che suggeriscono un aumento di rischio di sviluppare alcuni tumori, soprattutto per chi ne fa un uso professionale, ma dare dei risultati certi è difficile perché una tintura per capelli contiene anche 5.000 diverse sostanze! Un rischio più concreto sono le allergie: secondo una ricerca dell’Università della California, riguarda il 4% delle persone che le utilizzano. La colpa sarebbe soprattutto dei reagenti, ovvero quelli che devono dare il colore desiderato, come il famoso PPD: tra gli effetti di una reazione allergica, rossore, prurito, gonfiore e difficoltà respiratoria. Meglio quindi controllare sempre l’etichetta, anche se si fa la tinta dal parrucchiere.

Foto: www.nostrofiglio.it

Un concentrato di “veleni” poi sono gli smalti. Formaldeide, sostanza cancerogena, toluene, allergizzante e irritante per le vie respiratorie, BDP, che secondo alcuni studi ha effetti dannosi sul feto in gravidanza.
Formaldeide e toluene fanno parte dei cosiddetti VOC (Volatile Organic Compounds, ovvero Composti Organici Volatili, i COV, per dirla all’italiana): questa generica sigla indica un insieme di composti chimici inquinanti con vari effetti nocivi sulla salute, più o meno gravi. Dal momento che anche la scheda sul sito del Ministero della Salute è molto vaga, mi sono rivolta a un esperto di cui mi fido, ovvero Fabrizio Zago, chimico industriale che ormai da anni contribuisce a portare l’attenzione sui componenti di cosmetici e detergenti per la pulizia.

«La legge stabilisce che una sostanza è un VOC in base a determinate caratteristiche, come la capacità di evaporazione. Non tutti i solventi sono VOC: in un detersivo, ad esempio, può esserci solo il profumo come VOC; quelli che ne contengono in quantità più elevate sono i detergenti per vetri, dove la percentuale arriva anche al 10-15%, e il danno è ampliato dal fatto che questi prodotti vengono nebulizzati nell’aria, per di più spesso a finestre chiuse.»

Questi danni sono diversi, secondo il Ministero della Salute: si parla di “effetti a carico di numerosi organi o apparati, in particolare a carico del sistema nervoso centrale. (…) È stato ipotizzato che l’inquinamento indoor da COV possa costituire un rischio cancerogeno per i soggetti che trascorrono molto tempo in ambienti confinati.” Eppure, come spiega Zago, «Questi composti sono tenuti sotto osservazione, ma per ora non è stata fatta nessuna legge a livello europeo che dia delle limitazioni; Ecolabel (il marchio di qualità dell’Unione Europea, quello che garantisce il ridotto impatto ambientale dei prodotti) ha deciso di stabilire dei limiti di quantità, che variano a seconda della tipologia: esempio, nei detergenti per vetri la percentuale massima di VOC ammessa è del 6%.
Altrimenti esistono delle realtà nazionali, come la Svizzera, che per motivi di salute e di inquinamento ha deciso di ridurre l’impiego di VOC, e l’ha fatto nel modo più efficace possibile: più VOC contiene il prodotto, più tasse le aziende devono pagare, sistema che le ha spinte a studiare formulazioni con quantità sempre minori.» Una sorta di carbon tax, insomma.

In Italia, dove non esistono limitazioni di nessun tipo, i VOC si possono trovare un po’ ovunque, compresi i cosmetici: tra quelli più a rischio, «smalti e solventi levasmalto, lacca, gel e schiume per capelli, profumi, sia la classica Eau de Toilette che i deodoranti per ambiente. Nella composizione di un normale profumo, praticamente solo l’acqua non è un VOC!»

Foto: www.malvarosa.info

 

Insomma, i cosmetici che utilizziamo ogni giorno possono nascondere numerose sostanze pericolose per inalazione o per contatto, irritanti, allergizzanti o addirittura cancerogene, che allo stesso tempo inquinano l’ambiente, il che si ritorce sempre e comunque contro di noi. «Ci si preoccupa molto dei prodotti per la detergenza, mentre i cosmetici sembrano innocui; in realtà non è così perché la legge sui detersivi è molto più restrittiva in fatto di biodegradabilità e tossicità per gli organismi acquatici.»
Mi rendo conto che riconoscere tutte le sostanze da evitare non sia sempre facile: posso solo suggerirvi di fare come faccio io, ovvero informarmi di continuo, sentire il parere di esperti, leggere sempre l’INCI prima di acquistare un prodotto. Se avete difficoltà a interpretarlo, potete sempre affidarvi all’EcoBioDizionario, lo strumento online creato proprio da Fabrizio Zago in cui è possibile verificare una singola sostanza o l’intera composizione di un prodotto (ad esempio, qui sono già stati catalogati ormai centinaia di interferenti endocrini). È disponibile anche in versione APP: potete quindi scaricarla, gratuitamente, sullo smartphone e utilizzarla se avete dubbi durante gli acquisti!

 

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