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Ecomafia 2019


3,2 crimini ambientali commessi ogni ora: i dati del Rapporto di Legambiente

Fonte: blastingnews.com

E’ il 17 ottobre 2019 quando nello stabilimento di tritovagliatura e imballaggio rifiuti (Stir) di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) scoppia un devastante incendio, che sprigiona nell’aria preoccupanti quantità di fumi tossici, oltre a impedire per diversi giorni le operazioni di stoccaggio e smaltimento della spazzatura proveniente dai 104 comuni della provincia. Oltre 500 tonnellate di rifiuti andate in fumo con un altissimo rischio di contaminazione ambientale da diossina e furani. Il secondo grande rogo in un anno, quasi certamente appiccato dalla criminalità organizzata e ancora sotto indagine da parte della Procura.

Sempre lo scorso ottobre, a Vigevano (Pavia), il drone di videosorveglianza territoriale Savager messo da punto da Arpa Lombardia svela la presenza di una discarica abusiva di 2mila metri cubi, contenente rifiuti altamente pericolosi: macerie edili, rottami di ferro, carcasse di veicoli, pneumatici, plastica, fusti e container con liquami tossici. Immediatamente posta sotto sequestro, la discarica è oggetto di indagine da parte della Procura, ma anche in questo caso è forte il sospetto di una azione della criminalità organizzata.

Continua in Italia l’attacco degli ecomafiosi a danno del nostro prezioso patrimonio naturale, un giro di affari d’oro che riempie le casse della criminalità organizzata grazie al traffico e allo smaltimento illegale dei rifiuti, all’abusivismo edilizio, agli illeciti nella filiera agroalimentare e al commercio clandestino di specie animali esotiche.

A parlar chiaro sono anche quest’anno i dati di Ecomafia 2019, il Report annuale di Legambiente relativo al biennio precedente e dedicato ai numeri della criminalità ambientale in Italia. Un enorme lavoro di indagine, analisi e denuncia degli ecoreati nostrani, iniziato nel 1994 e realizzato in stretta collaborazione con tutte le forze dell’ordine.

Vediamo, allora, nel dettaglio cosa sta cambiando nel mondo della ecocriminalità e quanto ingenti sono le ferite inferte al nostro territorio.

L’aggressione alle risorse ambientali del nostro Paese si traduce, infatti, in un giro d’affari che nel 2018 ha fruttato all’ecomafia ben 16,6 miliardi di euro, 2,5 in più rispetto all’anno precedente e che vede tra i protagonisti ben 368 clan, censiti da Legambiente e attivi in tutta la penisola.

Nel 2018 cala, seppur di poco, il bilancio complessivo dei reati contro l’ambiente, che passa da oltre 30mila illeciti registrati nel 2017 a circa 28mila. Un numero comunque impressionante, più di 3,2 ecoreati commessi ogni ora! La buona notizia è che sono nettamente diminuiti gli incendi boschivi, -67% nel 2018.

Fonte: ilsecoloxix.it

Diminuiscono anche le persone denunciate – circa 35mila nel 2018 contro le oltre 39mila del 2017 – così come i sequestri effettuati, circa 10mila nel 2018 contro gli oltre 11mila del 2017. 

Sul fronte dei singoli illeciti ambientali, sono nettamente aumentati nel 2018 i crimini legati al traffico clandestino dei rifiuti, che toccano la soglia degli 8mila casi (quasi 22 al giorno!) 

Impennano, inoltre, gli ecoreati legati all’abusivismo edilizio, in aumento del 68% nel 2018 rispetto al 2017. In crescita anche i crimini contro gli animali e la fauna selvatica con circa 7 mila reati segnalati, circa 20 al giorno!

A dare man forte alle istituzioni nella lotta alle ecomafie, c’è sicuramente anche l’ultimo disegno di legge sui reati ambientali, approvato definitivamente nel maggio del 2015 dal Senato italiano – nonostante l’opposizione di Forza Italia e l’astensione della Lega Nord – e storico risultato di una battaglia di oltre vent’anni portata avanti dagli ambientalisti.

Una legge fondamentale, che ha segnato una svolta decisiva nell’ambito della protezione dell’ambiente grazie all’introduzione di 5 nuovi ecodelitti: l’inquinamento ambientale, il disastro ambientale, l’impedimento dei controlli, l’omessa bonifica e il traffico e abbandono di materiale radioattivo. Non più semplici contravvenzioni, ma veri e propri crimini, inseriti nel Codice Penale italiano e finalmente puniti con pene severe: dalla reclusione da due a sei anni per chi inquina l’ambiente, l’aria o il suolo, fino alla pena di 20 anni di carcere se l’ecoreato causa la morte di una o più persone.

Fonte: environmentbehavior.it

Non c’è soltanto il Rapporto Ecomafia di Legambiente ad aiutarci a fare chiarezza sui danni provocati all’ambiente dai clan criminali. Su incarico del ministero dell’Ambiente, per la prima volta è stato fornito un resoconto nazionale delle istruttorie tecnico-scientifiche per danno ambientale aperte dall’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, e dal SNPA, il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente.

Tra gli ecoreati accertati nel periodo 2017/2018, compaiono le discariche di Chiaiano e Casal di Principe in Campania, quelle di Malagrotta e Anagni nel Lazio, quella di Bellolampo in Sicilia, le emissioni della Tirreno Power a Vado Ligure e Quiliano, l’interramento di fanghi e scarti di lavorazione a Rende, in provincia di Cosenza.

La Sicilia risulta in testa alla classifica con il maggior numero di istruttorie aperte, seguita da Campania, Lombardia e Puglia.

In tema di legalità, la strada per punire severamente gli assassini dell’ambiente e proteggere in modo efficace le risorse naturali è ancora molto lunga, ma è innanzitutto cruciale cambiare in modo radicale la nostra concezione della natura: non più antropocentrica e finalizzata esclusivamente a soddisfare i bisogni dell’uomo, ma finalmente ecocentrica, perchè la tutela dell’ambiente è una condizione indispensabile al benessere globale, esseri umani inclusi.

E’ ovviamente importante non solo evitare di commettere ecoreati, ma anche denunciare chi danneggia la natura. Se assistete a un crimine ambientale, non voltate la faccia dall’altra parte, ma allertate immediatamente le autorità o chiamate il numero verde istituito dall’Arpa della vostra Regione.

Dobbiamo pensare all’ambiente come alla nostra casa, proteggerlo è un dovere di noi cittadini, che possiamo e dobbiamo essere i primi difensori del patrimonio naturale!

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