Punto di vista

Luoghi del pianeta: come sono cambiati in 10 anni


Ecosistemi, natura e specie animali che abbiamo danneggiato o distrutto

Nei mesi scorsi un hashtag impazzava sui social: era la #10YearsChallenge, la sfida dei 10 anni, in cui tutti si divertivano a postare una propria foto attuale accostata a una di dieci anni fa.

Ambientalisti, scienziati, vip e associazioni hanno colto l’occasione per proporre una versione dedicata al pianeta, mostrando come alcuni luoghi siano cambiati (purtroppo in peggio) in questo periodo di tempo. Per citare Greenpeace, “quello che la natura ha impiegato migliaia di secoli a creare, l’uomo l’ha distrutto in meno di dieci anni”: gli effetti di inquinamento, cambiamenti climatici e sfruttamento delle risorse naturali non hanno risparmiato gli ecosistemi né i loro abitanti. Foresta amazzonica rasa al suolo, barriere coralline ormai sbiancate, ghiacciai sempre più sottili, animali estinti o in pericolo, sono molti i danni che abbiamo creato ai patrimoni naturali.

Siccome un’immagine vale più di mille parole, ecco a voi 10 foto a confronto che aiutano a realizzare quanto abbiamo cambiato il mondo in soli 10 anni.

FORESTA AMAZZONICA, IL SIMBOLO DEL DISBOSCAMENTO

Anche Leonardo DiCaprio ha sfruttato i propri canali social per parlare della più grande foresta tropicale del mondo, diventata negli anni simbolo di questi particolari ecosistemi messi a rischio dalle azioni dell’uomo.
Secondo i dati del WWF, negli ultimi 10 anni abbiamo perso mediamente tra i 6 e 7.000 kmq di foresta amazzonica l’anno, per un totale di oltre 60.000 kmq; il 2018 però è stato l’anno di un triste record, con 8.000 kmq distrutti (un’area pari al Friuli Venezia Giulia), come confermato anche dal governo brasiliano.
Le conseguenze non si riflettono solo sull’area dell’Amazzonia, ma su tutto il pianeta, perché le foreste pluviali sono fondamentali per l’equilibrio climatico: neutralizzano le emissioni di carbonio, e secondo gli scienziati sono la migliore arma per contrastare il riscaldamento globale.

 

LA DIGA DI BELO MONTE E LA MINACCIA PER L’AMAZZONIA

Una delle aree più colpite dalla deforestazione è lo Stato del Parà, in Brasile, soprattutto per l’espansione dell’agricoltura. Ma ad aggiungere danni su danni è stata la costruzione della centrale idroelettrica di Belo Monte, la terza più grande del mondo, entrata in funzione nel 2015: ha preso il posto di 500 kmq di foresta amazzonica che attraversa due riserve indigene, e prende l’80% dell’acqua del fiume Xingu. L’impatto è stato enorme, sulla fauna tra cui tartarughe e pesci, e sulla popolazione, la cui principale fonte di sostentamento è rappresentata dalla pesca, tanto che decine di migliaia di indigeni sono già stati costretti ad abbandonare le proprie terre.
Ironia della sorte, la diga viola le norme della costituzione brasiliana e del diritto internazionale, ma ha avuto comunque la licenza con la promessa di aumentare il tasso di occupazione nella zona.

 

ESTINTO L’ARA DI SPIX, PROTAGONISTA DEL FILM “RIO”

Foto: Earth Strike NYC

Ormai è solo nel film d’animazione che possiamo vedere questo pappagallo blu. Lo scorso settembre, l’associazione BirdLife International, una delle più importanti per la salvaguardia degli uccelli, ha diffuso un report in cui annunciava la scomparsa di 8 specie (la metà in Brasile), tra cui l’Ara di Spix, ormai estinte in natura. Per il loro responsabile scientifico, la colpa è da attribuire soprattutto alla deforestazione in Amazzonia, che ha causato la distruzione del loro habitat.
Se per alcuni uccelli non c’è più speranza, per l’Ara di Spix resta quella delle poche decine di esemplari in cattività, che gli esperti auspicano di poter reintrodurre in natura. Il pappagallo protagonista di “Rio” alla fine riesce a tornare in libertà e salvare la propria specie dall’estinzione; chissà se la realtà sarà all’altezza della finzione…

 

… E GLI ALTRI ANIMALI A RISCHIO ESTINZIONE

Anche il WWF ha deciso di partecipare alla “10 years challenge”, rivelando qualche dato su alcune specie animali, ricordando come stavano le cose 10 anni fa. Gli elefanti sono da sempre minacciati per via delle loro zanne in avorio, ma in 10 anni questo commercio ha avuto un’impennata: il bracconaggio è costato la vita a 144.000 elefanti africani (ne restano solo 415.000).
Anche i rinoceronti sono vittime della caccia al loro corno, aumentata del 9000% e con oltre 4000 rinoceronti uccisi in 10 anni nel solo Sud Africa. Delle 30 specie di rinoceronti, ne sono rimaste solamente 5, tra Asia e Africa, tutte classificate come in pericolo di estinzione.
Situazione critica anche per i leoni, uno dei trofei di caccia preferiti dai bracconieri: dei 100.000 esemplari di leone africano ne sono rimasti una piccola parte, un numero che varia tra 16.500 e 30.000. Va ancora peggio alla sottospecie del leone asiatico, appena 350 individui.

 

LO SBIANCAMENTO DELLA GRANDE BARRIERA CORALLINA

Foto: www.ambienteambienti.com

Uno studio pubblicato sulla rivista Nature nel marzo 2017 annunciava che la Grande Barriera Corallina australiana è praticamente morta: si è assistito a uno sbiancamento dei coralli mai visto prima (nella parte nord, quasi il 90%), a causa dell’innalzamento delle temperature. Cosa succederà adesso? Potrebbero anche nascere dei nuovi coralli, ma è un processo molto lento, occorrono almeno 10 anni, e comunque potrebbero fare la stessa fine. Secondo uno degli autori della ricerca, se non si trova una soluzione al riscaldamento globale, potremmo dover dire addio a una delle 7 meraviglie del mondo.

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