Punto di vista

Pandemia da Coronavirus: l’uomo è vittima o carnefice?


Come le attività umane hanno sconvolto i ritmi della natura e dato origine a microkillers che hanno invaso il mondo

Fonte: bioregionalismo-treia.blogspot.com

Ci è voluto il Coronavirus – e un costo umano, sociale ed economico elevatissimo – per capire finalmente ciò che gli scienziati dicono da decenni: è l’uomo stesso la causa primaria di molte recenti epidemie, ultima tra tutte quella da COVID19.

Allevamenti intensivi, commercio di animali selvatici, deforestazione, distruzione degli habitat naturali e inquinamento dell’aria. Ecco come l’homo sapiens destructor ha inesorabilmente alterato i delicati equilibri ecologici e favorito la proliferazione incontrollata di pericolosi agenti patogeni, pagandone per primo le più drammatiche conseguenze.

QUANDO LA GALLINA COVA IL VIRUS

Negli allevamenti intensivi vengono somministrati antibiotici in continuazione, nel tentativo di arginare la diffusione di infezioni batteriche ma con il risultato di favorire l’aumento di agenti patogeni resistenti ai farmaci e la selezione di ceppi iper resistenti. Secondo la Pew Commission on Industrial Farm Animal Production, una commissione americana indipendente, il 70 % degli antibiotici viene somministrato ad animali sani per contrastare gli effetti della scarsità di igiene e del sovraffollamento. E gli allevamenti diventano vivai di nuovi virus e batteri, mentre i capi di bestiame si trasformano in potenziali bombe batteriologiche.

L’ECDC, il centro europeo per il controllo delle malattie infettive, vede crescere anno dopo anno il numero di ceppi resistenti agli antibiotici: Salmonella e Campylobacter (un batterio responsabile di potenti gastroenteriti) sono campioni di resistenza cresciuti negli allevamenti intensivi, così come lo sono alcuni ceppi di comuni batteri fecali come l’Escherichia o diffusissimi su ogni superficie come gli stafilococchi.

Un rischio epidemiologico enorme più volte espresso dagli scienziati di tutto il mondo, non solo relativo all’attuale pandemia virale da COVID19, ma anche rispetto alla potenziale inefficacia degli antibiotici, che potrebbero presto non avere piò effetto sui superbatteri.

Come nel caso dell’influenza aviaria, di quella suina e della SARS, il nuovo pericoloso Coronavirus potrebbe aver “fatto il salto” dalla fauna selvatica alle specie domestiche ammassate nei giganteschi e sovraffollati allevamenti intensivi cinesi, per poi mutare e cambiare ospite, arrivando purtroppo all’uomo. “Tenere gli animali in condizioni di intenso sovraffollamento crea un ambiente paragonabile a una pentola a pressione per la diffusione di malattie potenzialmente letali” – sostiene il CIWF (Compassion in World Farming).

L’uso indiscriminato e spesso non necessario degli antibiotici anche nella popolazione umana, inoltre, non fa altro che aumentare la potenza dei batteri super resistenti, che dilagano soprattutto nelle aree maggiormente a rischio, tra cui gli ospedali.

Senza contare che l’altissima densità demografica umana accoppiata alla densità animale negli allevamenti crea un mix letale. Ma se alla sovrappopolazione umana non esiste soluzione alle condizioni di allevamento sì. 

Fonte: ilfattoquotidiano.it

E’ per questo che noi cittadini abbiamo il dovere di scegliere carne prodotta con metodi estensivi e sostenibili. L’unico scudo contro i virus negli allevamenti è il benessere degli animali. D’altronde troppa carne di pessima qualità fa male… Non è una novità, vero?

DALLE SPECIE SELVATICHE L’ORIGINE DELLE PANDEMIE

Non ci sono solo i lager animali tra le cause della diffusione dei virus ma anche il commercio e il consumo di specie selvatiche. Si chiama “spillover” ed è il fenomeno con cui gli scienziati descrivono il salto che permette all’agente patogeno di passare da una specie ospite a un’altra, e quindi anche da animale a uomo. 

Ad oggi gli esperti non sanno con certezza quale sia stata la causa esatta del COVID19, ma sono in molti ad imputare la pandemia al commercio di animali selvatici vivi o di loro parti. Questa pratica, estremamente diffusa nei Paesi orientali, innesca lo spillover di numerose zoonosi – malattie trasmesse dagli animali all’uomo – responsabili ogni anno di circa un miliardo di infetti e milioni di morti. Il 75% delle malattie umane fino ad oggi conosciute, infatti, deriva da animali, così come il 60% delle malattie emergenti viene trasmesso da animali selvatici.

ARIA AVVELENATA: IL PM10 VEICOLO DI PROPAGAZIONE DEI VIRUS?

Sembra ormai quasi certa la correlazione tra l’incidenza dei casi di infezione virale e le concentrazioni di particolato atmosferico, soprattutto di polveri sottili PM10 e PM2,5.

Queste ultime agirebbero, infatti, da carrier, ovvero da vettore di trasporto, per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus, che riuscirebbero ad attaccarsi alle microscopiche particelle liquide e solide, rimanendo così in sospeso nell’atmosfera per giorni e spostandosi per lunghe distanze.

La relazione tra i casi di COVID-19 e PM10 suggerisce un’interessante riflessione sul fatto che la concentrazione dei maggiori focolai si è registrata proprio in Pianura Padana – una vera e propria cappa di smog – mentre minori casi di infezione si sono registrati in altre zone d’Italia dove i livelli di inquinamento da polveri sottili sono più bassi.

LE FORESTE SONO IL NOSTRO ANTIVIRUS

Fonte: ascomac.it

Molti fattori, dicevamo, concorrono a liberare la strada alla proliferazione di nuovi virus e batteri. Nella lunga lista delle responsabilità umane, non dobbiamo dimenticare la devastazione progressiva e indiscriminata degli habitat naturali. Un effetto boomerang ben spiegato nell’ultimo rapporto del Wwf, intitolato Living Planet: è strettissimo, infatti, il legame che esiste tra le malattie emergenti che stanno terrorizzando il Pianeta – Coronavirus, Ebola, Sars, influenza aviaria o suina – e la distruzione epocale delle risorse naturali terrestri.

Ad oggi il 75% dell’ambiente terrestre e circa il 66% di quello marino sono stati modificati in modo irreversibile. Secondo i dati del Wwf, in poco più di 40 anni il pianeta ha perso in media il 60% delle popolazioni di vertebrati, mentre in 50 anni la popolazione umana è più che raddoppiata, così come dal 1980 sono aumentate a dismisura le emissioni di gas serra. 

La perdita di habitat e biodiversità provocata dall’uomo ha inesorabilmente alterato i naturali equilibri ecologici, normalmente in grado di contrastare la diffusione di microrganismi dannosi e di proteggere anche la popolazione umana. Anzi, la distruzione dell’ambiente crea condizioni favorevoli alla propagazione e fuoriuscita dai bacini naturali di molti agenti patogeni.

«Le foreste sono il nostro antivirus. La loro distruzione può esporre l’uomo a nuove forme di contatto con microbi e con specie selvatiche che li ospitano. Nelle foreste incontaminate dell’Africa occidentale, ad esempio, vivono pipistrelli portatori del virus dell’Ebola. Il cambiamento di uso del territorio come le strade di accesso alla foresta, l’espansione di territori di caccia e la raccolta di carne di animali selvatici, hanno portato la popolazione umana a un contatto più stretto con nuovi virus, favorendo l’insorgenza di nuove epidemie». Spiega Isabella Pratesi, Presidente del Wwf Italia.


Proteggere le aree incontaminate della Terra, riforestare e ricostruire gli ecosistemi danneggiati, bandire il commercio di specie selvatiche, ridurre drasticamente la nostra impronta sul Pianeta e mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Per poter immaginare un futuro in cui l’uomo possa vivere in sintonia con la natura, dobbiamo invertire la rotta e diventare finalmente, davvero ecocentrici. Riusciremo a trarre insegnamento dal dramma Coronavirus e a salvare noi stessi e il Pianeta?

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2 Comments

  • Reply
    Laura
    2 Aprile 2020 at 13:04

    Ciao Tessa. Sto provando a ridurre il mio impatto ambientale, e consiserando che la maggior parte della CO2 viene emessa per fornire elettricità, ho deciso di cambiare contratto. Però ho paura che ci sia qualcosa che non va. Sul sito del fornitore di energia c’è scritto “XY fornisce energia prodotta al 100% da risorse rinnovabili”, ma nella bolletta il mix energetico è costituito da rinnovabili solo per l’11%! Che cosa significa?

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