Green lifestyle

Quando la moda low cost diventa green


I marchi più famosi e il loro impegno per essere sostenibili

«Puoi conoscere la tendenza della prossima stagione guardando il colore dei fiumi cinesi e messicani» sono le parole, impressionanti, con cui inizia il dossier della campagna Detox Fashion di Greenpeance. Continua: «Questo perché le grandi case del fashion utilizzano sostanze chimiche e coloranti potenzialmente tossici per produrre i vestiti che indossiamo. Queste sostanze avvelenano le nostre acque e finiscono in molti degli indumenti in commercio.»

Il settore della moda è un vero colosso, fattura ogni anno centinaia di miliardi nel mondo, e l’Italia è uno dei campioni sul mercato, tanto che presto attirerà professionisti e semplici appassionati con la Settimana della moda di Milano (si terrà dal 19 al 25 settembre). Questa industria però è anche una delle più inquinanti per ambiente e risorse idriche, seconda solo a quella del petrolio, per via delle tante sostanze chimiche utilizzate durante la produzione e rilasciate poi negli scarichi.

La campagna di Greenpeace è partita nel 2011, in seguito alle indagini realizzate su campioni d’acqua prelevati nei dintorni di industrie tessili in Cina, Vietnam, Indonesia, Messico: vennero trovate diverse sostanze tossiche, pericolose per ambiente, animali e per la salute umana. Coloranti, alcuni dei quali possono rilasciare ammine, cancerogene, solventi, metalli pesanti, paraffine, ftalati e PFC che sono interferenti endocrini, cioè alterano il nostro sistema ormonale, sono solo alcuni esempi; e non illudetevi che gli indumenti non siano contaminati, perché valori di queste sostanze chimiche sono stati ritrovati anche oltre i limiti europei.

Obiettivo della campagna è proprio quello di invitare le aziende della moda a rinunciare a questi composti: sulla pagina della Sfilata Detox trovate i marchi (oltre 100) che hanno aderito all’iniziativa, con gli aggiornamenti sui progressi fatti. A sorpresa, sono state promosse a pieni voti anche alcune aziende della moda low cost, o fast fashion, come viene chiamata, con quel “fast” che si riferisce alla velocità con cui gli abiti vengono prodotti, acquistati, utilizzati e buttati. Visto che sono quelle con l’impatto ambientale più alto, è ancora più importante che siano loro ad abbandonare le sostanze chimiche più inquinanti!

Ho deciso di proporvene qualcuno, quelli che oltre all’impegno con Greenpeace hanno aderito anche ad altre iniziative, come Sustainable Apparel Coalition, un’alleanza per la produzione sostenibile, o Better Cotton Initiative, un’associazione formata da produttori e no profit (tra cui WWF) che opera in Africa, Pakistan, India e Brasile, per coltivare cotone nel rispetto dell’ambiente e dei lavoratori.

Ecco allora 5 marchi green, impegnati per essere sempre più ecosostenibili, tutti dai prezzi accessibili e facilmente reperibili.

BENETTON

Di recente l’azienda si è impegnata su più fronti: è entrata a far parte del SAC (Sustainable Apparel Coalition) ed è membro del BCI (Better Cotton Initiative); quasi la totalità delle fibre tessili utilizzate è di origine naturale. Oltre ad utilizzare cotone biologico e tinture vegetali, hanno anche ottenuto una certificazione sui propri piumini per la garanzia del rispetto del benessere animale; migliorata anche la logistica, con l’eliminazione di 1 camion su 5, che ha permesso di ridurre del 25% le emissioni di CO2.

H&M

Oltre ad essere stati i primi ad eliminare PFC dai propri prodotti, hanno creato la ormai famosa la linea Conscious, realizzata con materiali sostenibili: cotone biologico, di riciclo o coltivato secondo gli standard di BCI, canapa bio, lana riciclata, tessuti come econyl (dagli scarti di nylon o reti da pesca) o tencel (formato da poliestere riciclato e lino bio).
Membro di SAC, ogni anno organizza la World Recycle Week, una settimana in cui è possibile portare presso i punti vendita gli indumenti usati, i cui tessuti verranno riciclati: un’ottima idea per ridurre il volume dei rifiuti!

ZARA

Il marchio fa parte del gruppo Inditex, premiato da Greenpeace come il migliore insieme a Benetton e H&M. Membri di SAC e BCI, hanno creato la collezione green Join Life, realizzata con fibre naturali e un consumo ridotto di acqua; presso i loro negozi raccolgono gli indumenti usati, che verranno donati oppure trasformati in nuovi abiti; hanno creato Refibra™, una fibra tessile di cotone riciclato e legno da foreste gestite in maniera sostenibile; svolgono periodicamente analisi sulla presenza di sostanze chimiche nei vestiti e nelle acque di scarico degli stabilimenti, pubblicando i risultati. Per finire, dal 2017 uffici e negozi di Zara sono passati all’energia elettrica da fonti rinnovabili!

OVS

Fanno anche loro parte di SAC e nel 2015 hanno creato il programma “We Care” insieme alle onlus per la tutela ambientale The Natural Step e Nativa. Tra i loro impegni, quello di riutilizzare imballaggi e appendiabiti, convertire uffici e negozi all’energia rinnovabile, istituire un car pooling aziendale; hanno anche eliminato pellicce e altri derivati animali, fatta eccezione solo per i piumini che sono comunque certificati per la protezione di anatre e oche. Sono la prima azienda italiana ad aver aderito a BCI e per i loro capi scelgono cotone biologico o riciclato; tra i materiali di riciclo, fanno largo uso anche del jeans.

ADIDAS

Sebbene Adidas non sia uno dei marchi premiati dalla classifica di Greenpeace, ha realizzato un progetto molto bello. Insieme all’organizzazione ambientalista Parley with the Oceans, che cerca di portare l’attenzione sull’enorme problema dei rifiuti di plastica in mare, ha lanciato un modello di scarpe da ginnastica, le Ocean Plastic Trainer, realizzate in plastica raccolta dagli oceani e riciclata, soprattutto bottiglie d’acqua e reti da pesca.
L’anno scorso hanno venduto più di 1 milione di paia: sono ovviamente felicissima del successo di questa iniziativa, che spero contribuirà a ripulire un po’ i nostri mari!

 

Se vi piace lo shopping online, vorrei consigliarvi anche alcuni portali in cui potete trovare abbigliamento eco, sia marchi di nicchia, sia quelli accessibili a tutti.

ASOS

È un marchio inglese, ma sul proprio sito, oltre alla collezione personale, rivende anche altri marchi. È possibile impostare come filtro di ricerca “Marche ecologiche” per trovare una selezione di abbigliamento sostenibile: da Monki, del gruppo H&M, a felpe in cotone biologico di Adidas o Puma, ai prodotti della linea Eco Edit di Asos, a base di fibre di naturali e a sostegno di progetti di commercio equosolidale.

YOOX

Foto: www.opalineworld.com

Questo invece è un portale italiano, come un outlet in rete, perché si trovano soprattutto abiti e accessori delle firme famose. Ci sono scelte un po’ per tutte le tasche, dalle eco-designer di fama internazionale come Vivienne Westwood e Stella McCartney, a canotte e biancheria in cotone organico dai prezzi davvero contenuti.
Vorrei parlarvi di un marchio in particolare, Opaline: Made in Italy, ma ispirato alle tecniche artigianali indiane, sostiene un progetto di Fair Trade proprio in India, affidando alle donne vedove la produzione delle pochette e offrendo così loro una fonte di sostentamento. Inoltre, il 5% del fatturato viene donato alla onlus Om Shanti Ngo, che porta avanti progetti simili.

ZALANDO

Probabilmente il più famoso in Italia, come Asos ha una sezione dedicata alla moda sostenibile, con varie certificazioni: Fairtrade, Ecolabel, Global Recycle Standard (se i capi hanno almeno il 20% di materiali riciclati). È possibile acquistare in base al tessuto, cotone biologico, bambù, denim di riciclo o Lyocell, una fibra ricavata dal legno proveniente da foreste gestite responsabilmente, oppure selezionando i vari marchi; c’è anche una collezione, chiamata RE:CYCLE e ad edizione limitata (è disponibile solo su Zalando), creata da due stilisti parigini, realizzata a mano e con materiali di recupero.

 

Che vi piaccia girare per negozi oppure acquistare online, come vedete le alternative sono davvero tante, per tutti i gusti e per tutte le tasche: non ci sono davvero più scuse per non vestire ecosostenibile!

 

I contenuti di questo post non sono legati a nessun tipo di operazione commerciale.
Le aziende e i prodotti segnalati sono stati recensiti di mia iniziativa e in base ai miei gusti e valori.

Tessa Gelisio

 

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2 Comments

  • Reply
    Monia
    3 Maggio 2019 at 10:47

    E lo sfruttamento di donne e bambini di tutte queste queste aziende non lo consideriamo?

    • Reply
      Tessa Gelisio
      4 Maggio 2019 at 17:36

      Nel caso specifico, non conosco il comportamento delle aziende citate da questo punto di vista. Il post prendeva in considerazione l’aspetto ecologico (questi marchi sono stati tutti premiati per il loro impegno nella riduzione dell’impatto ambientale), ma sono d’accordo sul fatto che in generale vada valutato anche l’aspetto sociale.

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