Punto di vista

Zoonosi e pandemie


La chiave per proteggerci è salvaguardare la biodiversità e gli ecosistemi

E’ inutile nascondersi dietro un dito: l’uomo è la causa primaria di questa pandemia. Cambiamenti climatici, allevamenti intensivi, commercio di animali selvatici e deforestazione: ecco come abbiamo inesorabilmente alterato i delicati equilibri naturali e favorito la diffusione di pericolose zoonosi, termine con cui si indicano le malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo. Di questo e molto altro abbiamo parlato con Lorenzo Ciccarese, ricercatore dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) specializzato in ecologia, e lui, come molti scienziati, è concorde nel sostenere che il passaggio di patogeni dagli animali selvatici all’uomo, il così detto spillover, è facilitato dalla distruzione, frammentazione e modificazione degli ecosistemi, dovuta alla penetrazione dell’uomo negli habitat naturali del pianeta e al commercio di specie selvatiche, un processo che favorisce il passaggio di questi patogeni da alcune specie selvatiche all’uomo.

L’ultimo secolo è stato un periodo di cambiamento ecologico senza precedenti, con drastiche riduzioni degli ecosistemi naturali e della biodiversità, a cui si è aggiunto un numero sempre maggiore della popolazione mondiale e di animali allevati in maniera intensiva. 

Circa il 60% di tutte le malattie infettive negli esseri umani sono zoonotiche, così come il 75% di tutte le malattie infettive emergenti. In media, secondo l’ultimo rapporto IPBES, la massima autorità scientifica su natura e biodiversità, una nuova malattia infettiva emerge nell’uomo ogni quattro mesi. Molte provengono dalla fauna selvatica. Il bestiame spesso funge da ponte epidemiologico tra fauna selvatica e infezioni umane. Questo è particolarmente vero per gli animali allevati in modo intensivo, nelle cui popolazioni manca quel grado di diversità genetica che fornisce resilienza alle infezioni. Per non parlare del numero eccessivo di animali in poco spazio e delle precarie condizioni igieniche.

Un esempio di animali che agiscono come “ponte della malattia” è l’influenza aviaria, i cui virus prima circolavano negli uccelli selvatici, poi hanno infettato il pollame domestico e da questi l’uomo.

Gli esperti affermano che in futuro le pandemie potrebbero affiorare con maggiore frequenza, propagarsi più rapidamente, causare più danni alle economie mondiali e più morti del Covid-19. Questo rischio può essere notevolmente ridotto, contenendo le attività umane che causano la perdita di biodiversità, aumentando il livello di conservazione della natura, allargando l’estensione delle aree protette esistenti e creandone delle nuove, riducendo lo sfruttamento insostenibile delle regioni del pianeta ad alto grado di biodiversità. Ciò ridurrà il contatto tra fauna selvatica, animali d’allevamento e esseri umani e aiuterà a prevenire la diffusione di nuove malattie. 

Ecco la mia intervista integrale al dottor Ciccarese:

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