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Microplastiche nelle bottiglie di vetro di acqua minerale: ecco perché


Tessa Gelisio, microplastiche nelle bottiglie di vetro

Non è di certo un segreto: le microplastiche sono pressoché ubiquitarie e, a causa del packaging, contaminano da tempo anche gli alimenti. Fino a oggi, si è sempre ritenuto che alcuni prodotti fossero meno contaminati di altri, o addirittura privi di residui plastici, in virtù della loro confezione: è il caso, ad esempio, del vetro. Eppure, un recente studio francese distrugge questa convinzione: anche l’acqua minerale in bottiglia presenta alte concentrazioni di microplastiche, in alcuni casi anche maggiori alle controparti in PET. Ma come è possibile? Tutta colpa di rivestimenti e vernici che si impiegano per la produzione dei tappi.

Microplastiche nelle bottiglie in vetro: lo studio

Bottiglia di vetro

Anche le bottiglie di vetro possono rilasciare grandi quantità di microplastiche nell’acqua minerale. È quanto rivela uno studio dell’ANSES, l’Agenzia Francese per la Sicurezza Alimentare, nell’analizzare centinaia di bibite – compresa appunto l’acqua naturale e frizzante – contenute in diverse tipologie di packaging, dal cartone alla plastica, passando appunto per il vetro.

La ricerca, realizzata nel corso del 2025, ha stupito gli stessi ricercatori: nessuno infatti avrebbe mai pensato che le bibite contenute in bottiglie di vetro potessero essere contaminate. Eppure, contro ogni aspettativa, è emerso un livello di particelle estranee dalle 5 alle 50 volte superiore alle bottiglie di plastica: circa 4,5 frammenti per il vetro, contro l’1,6 delle controparti in PET.

Considerando come il vetro sia un materiale completamente inerte, e soprattutto sicuro per la conservazione degli alimenti, è apparso subito evidente che la contaminazione dovesse avere una fonte diversa. E così i ricercatori hanno analizzato le modalità di produzione e di imbottigliamento di queste bibite.

Il pericolo dei tappi

Tappi delle bottiglie

L’origine delle microplastiche è da ricondurre all’applicazione di tappi metallici sulle bottiglie in vetro. O, meglio, ai rivestimenti plastici che questi tappi presentano per garantire la chiusura ermetica del prodotto.

Questi tappi sono infatti all’interno ricoperti da una vernice a base di poliestere che, per degradazione nel tempo, lo scuotimento durante il trasporto e lo stoccaggio, rilascia grandi quantità di microparticelle plastiche, che ricadono direttamente nella bibita. Non a caso, i colori dei frammenti rilevati nell’acqua minerale – rosso, grigio e blu – corrispondono direttamente alla vernice presente sul tappo.

Ed è presto spiegato anche perché le concentrazioni siano maggiori rispetto alle bottiglie in PET: poiché la vernice applicata sui tappi è molto delicata, e dalla consistenza quasi gommosa, bastano le minime sollecitazioni per danneggiarla. In altre parole, perché il PET è più solido e rigido, è anche meno soggetto alle abrasioni.

È inoltre utile sottolineare che lo studio ha escluso contaminazioni a livello di acqua sorgiva, confermando come il problema sia post-produzione, almeno nella maggioranza dei casi.

Tra danni e alternative da valutare

Purtroppo, quello delle microplastiche è un vero e proprio dramma moderno, tanto che sono ormai diffuse in tutta la catena alimentare, con conseguenze potenzialmente gravi per l’uomo: sebbene siano necessari ulteriori studi, sembra che possano accumularsi nei tessuti e agire come interferenti endocrini, tanto da minacciare la fertilità.

Stando a un recente studio, in media si assumono dalle 39.000 alle 52.000 particelle di plastica l’anno solo dal consumo di acqua minerale e bibite in bottiglia. E, peraltro, si tratta di microplastiche particolarmente pericolose, perché di dimensioni inferiori ai 100 micrometri e, di conseguenza, potenzialmente più efficienti nel penetrare nei tessuti.

Quali alternative considerare

Acqua del rubinetto

Purtroppo, al momento non esistono metodi efficaci per eliminare a monte la presenza di microplastiche nelle acque confezionate, anche perché la degradazione avviene sempre dopo l’imbottigliamento. È quindi necessario ridurre il rischio o, ancora, considerare delle valide alternative:

  • scegliere l’acqua in cartone, brick o Tetra-Pak poiché, come emerso dalla ricerca, è quella che presenta le minori contaminazioni. Purtroppo, è anche il formato meno diffuso sul mercato;
  • installare eventuali sistemi di depurazione domestica e bere quella del rubinetto, scegliendo poi borracce in alluminio e acciaio quando si deve uscire.

È utile sottolineare che l’acqua del rubinetto è del tutto sicura per il consumo umano, anche senza microfiltrazione, a meno di allerte o disposizioni diverse dal proprio Comune di residenza.

Ma indipendentemente dalla confezione, se l’acqua è contaminata – ed è impossibile che non lo sia – non ci si salva: si può solo ridurre l’esposizione, scegliendo la soluzione che prevede una minore concentrazione di microplastiche.

In definitiva, le microplastiche sono presenti anche nelle bottiglie di vetro, considerate fino a oggi sicure. Un problema non da poco, che impone una riflessione sul ruolo del packaging e sulla ricerca di modalità più sicure di confezionamento.

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