Le microplastiche rappresentano una vera sfida nella lotta all’inquinamento: provengono da ovunque e possono essere ovunque
Una bottiglia di plastica sbatte contro gli scogli, un sacchetto rimane impigliato in un cespuglio, la coppetta di un gelato ai lati della strada… Queste sono le immagini che nella mia mente richiamano l’inquinamento da plastica, rifiuti visibili, ben evidenti che risaltano nell’ambienti come insulti alla buona educazione e al minimo senso civico. Eppure questo genere di inquinamento può essere facilmente individuato e raccolto, tolto dall’ambiente. Ma cosa succede se la plastica rimane esposta alle intemperie o finisce dispersa in piccoli pezzi come per esempio le setole di uno spazzolino da denti, i peli di un tappetino o i minuscoli pezzi che si distaccano dal tappo di una bottiglia appena aperta? Si realizza il cosiddetto inquinamento da “microplastica”, ossia una miriade di minuscoli frammenti inferiori ai 5 mm dispersi nell’ambiente, praticamente impossibili da recuperare e da vedere.
Rappresentano un rischio enorme per tutti perché sono talmente piccoli da poter entrare nella catena alimentare con il loro nefasto carico di sostanze nocive. Come? Prima di tutto possono essere ingeriti da animali che poi finiscono in un modo o nell’altro nei nostri piatti. In pesci e uccelli (non solo selvatici) sono stati rilevate quantità non trascurabili di microscopici frammenti di plastica e polistirolo così come nei crostacei che vivono spazzolando il fondo di mari, laghi e fiumi e possono facilmente scambiare un pezzettino di plastica per qualcosa di commestibile.
Le microplastiche poi, se permangono abbastanza a lungo negli organismi, possono rilasciare sostanze come diossine e policlorobifenili, molecole non solo cancerogene ma anche potenzialmente responsabili di problemi neurologici e ormonali. La cosa inquietante è che nessuno, al momento, conosce quanto tempo le microplastiche passano all’interno degli esseri viventi prima di essere in qualche modo espulse, anzi, a dire il vero nessuno sa con precisione se nemmeno vengono espulse. Queste minuscole, terribili particelle però sono ovunque e il loro ingresso nel nostro organismo potrebbe avvenire anche per vie assolutamente imprevedibili. Qualche mese fa dei ricercatori dell’istituto di Marine and Environmental Chemistry di Varel, in Germania, hanno pubblicato una ricerca dai risultati a dir poco inquietanti: hanno rilevato microplastiche persino in 24 tra i più comuni marchi di birra tedesca! Certo, erano pochissimi per litro ma pensate a quante birre ogni weekend vengono bevute nei locali di tutto il mondo e immaginate quante ne vengono bevute da un singolo individuo amante del genere.
Purtroppo le microplastiche sono un colpo di quelli veramente difficili da parare rappresentano un orizzonte inquietante per l’ambiente e una sfida per chi ci protegge per professione dall’inquinamento ma soprattutto è giusto fare quello che molti di noi già fanno abitualmente: fare attenzione a come gestiamo i nostri rifiuti, ogni giorno!