Pesticidi, solfiti e altre sostanze ammesse per legge e perché i vini bio non le utilizzano
Quella del vino è un’industria mica da poco: fattura circa 9 miliardi e mezzo l’anno.
Come spesso accade, la necessità di produrre enormi quantitativi e il relativo guadagno si contrappongono alla qualità dei prodotti che finiscono sulle nostre tavole. Così, con grande soddisfazione dei produttori più seri e dei consumatori più attenti, nel 2012 l’Europa ha finalmente creato l’etichetta di “vino biologico”.
Ma come mai la necessità di distinguere prodotti tradizionali e prodotti bio ? Cosa contiene una normale bottiglia di vino?
Foto: www.improntaunika.it
In effetti, molto più della semplice uva: in una bottiglia possiamo trovare fino a 60 additivi, sostanze a quanto pare imprescindibili per produrre le grandi quantità richieste dal mercato. Emulsionanti, correttori di acidità, coloranti, lieviti aromatici, chiarificanti sono tutti assolutamente legali e non c’è nemmeno l’obbligo di segnalarlo in etichetta; anche volendo, poi, sarebbero difficili da scovare: alcuni non si rintracciano tramite le analisi, che sono comunque molto costose e fuori dalla portata dei normali consumatori.
L’unica eccezione in quanto a trasparenza sono i solfiti, conservanti che possono causare diversi effetti tossici e allergici sull’organismo umano, tanto che dal 2005 la normativa europea obbliga a segnalarne in etichetta la presenza quando la loro concentrazione supera i 10 mg al litro. Un Regolamento Europeo del 2012 ne ha fissato i limiti in 210 mg/l nei vini bianchi e 160 mg/l nei rossi, ma l’EFSA (European Food Safety Authority) è pronta a riconsiderarli alla luce di nuovi studi a proposito degli effetti sulla salute umana.
Sostanze che invece sappiamo bene essere dannose sono i pesticidi: i fitofarmaci impiegati nelle coltivazioni dell’uva sono anche questi autorizzati dal Ministero, nonostante sia dimostrato anche dai ricercatori di EFSA e dell’Istituto Superiore di Sanità che le popolazioni che vivono a ridosso dei vigneti sono più colpite da problemi seri di salute, ad esempio il morbo di Parkinson.
Inoltre, i rischi non sono legati solo all’esposizione, ma anche ai residui negli alimenti. Nonostante le grandi aziende rassicurino sull’impossibilità di trovare tracce di pesticidi nel vino, secondo Legambiente non è proprio così: il dossier “Stop Pesticidi” rivela che il 42% dei prodotti analizzati risultavano contaminati da una o più sostanze chimiche!
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I pesticidi comportano un rischio per la salute anche entro i limiti concessi dalla legge: numerosi studi scientifici, compresi quelli condotti da EFSA, hanno individuato 41 sostanze a rischio tra quelle normalmente utilizzate. Le ricerche mostrano effetti dannosi sul sistema immunitario, sul sistema nervoso e sul sistema endocrino: interferendo con il funzionamento ormonale, potrebbero causare tumori o malformazioni in gravidanza.
Le coltivazioni biologiche si sono sempre distinte da quelle convenzionali anche per la scelta di non utilizzare sostanze chimiche: all’interno di queste certificazioni, infatti, sono ammessi solo fitofarmaci di origine naturale.
Così, anche per i vini bio i regolamenti sono piuttosto rigidi: l’uva utilizzata deve essere di provenienza biologica; sono ammessi al massimo 44 additivi, ma solo di origine naturale e, quando disponibile, biologica; devono essere bio anche i lieviti enologici.
I solfiti non sono completamente vietati, anche perché in parte vengono prodotti dal normale processo di fermentazione, ma sono ammessi in quantità inferiore: 150 mg/l per i bianchi e 100 mg/l per i rossi.
Foto: www.vinialsupermercato.it
Secondo gli addetti ai lavori, i regolamenti potrebbero essere ancora più restrittivi ma tutto sommato si tratta di un buon compromesso: l’importante è una corretta informazione nei confronti dei consumatori e offrire un prodotto che faccia la differenza.
Come dice il proverbio, in vino veritas!
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