La celiachia è un disturbo sempre più frequente. Si stima infatti che ormai l’1% della popolazione mondiale soffra di intolleranze al glutine di vario grado, una percentuale destinata ad aumentare nei prossimi anni. Di recente, ad esempio, l’Associazione Italiana Celiachia ha rivelato come in Italia vi siano ben 233.147 persone colpite da celiachia e ben altre 400.000 in attesa di una diagnosi corretta. Ma per quale ragione questo grave problema, in grado di influenzare negativamente la qualità della vita di chi si trova a gestirlo, risulta sempre più diffuso? Si tratta semplicemente di un fatto statistico, dovuto al miglioramento della fase di diagnosi, oppure l’uomo ha qualche responsabilità specifica?
Mi sono posta questa domanda nel ricordarmi come, qualche anno fa, per un certo periodo fecero molto clamore sui media le teorie relative alla produzione intensiva del grano, sempre meno di qualità e sempre più ricco di glutine. Forse a causa di un eccessivo sensazionalismo, la questione finì in sordina dopo l’iniziale battuage in televisione e sui social media. Proprio in questi giorni, ancora, Report ha parlato di alcune additivi impiegati nella produzione industriale di cibi processati che, secondo alcuni recenti studi, potrebbero aver un ruolo nello scatenare reazioni autoimmuni dell’intestino, proprio come la celiachia. Vale quindi la pena ritornare su questo argomento, per capire a che punto sia la nostra conoscenza su un tema così delicato.
Cosa sono celiachia e intolleranza al glutine
Prima di cominciare, è bene definire cosa siano la celiachia e l’intolleranza al glutine e perché sia tanto importante identificarle correttamente. Questo perché, proprio come qui su Ecocentrica abbiamo visto qualche tempo fa, si rischia sempre di far confusione tra il disturbo effettivo e mode del momento. Da qualche anno a questa parte assistiamo infatti a un fenomeno che ha più a che fare con il marketing che con la medicina, ovvero consigliare la dieta gluten free indiscriminatamente a chiunque, anche quando non si soffre di specifiche intolleranze al glutine.
Con il termine celiachia si identifica una malattia cronica, dovuta a una reazione autoimmune dell’organismo al glutine, una proteina contenuta in abbondanza in alcuni cereali quali grano, farro, orzo, segale e triticale. Si caratterizza per un’infiammazione cronica dell’intestino tenue dovuta proprio all’ingestione di glutine, che può portare a sintomi gravi come diarrea cronica, dolore addominale, gonfiore, malassorbimento dei cibi e astenia. L’intolleranza al glutine – o, per meglio dire, la sensibilità al glutine – è sempre una condizione di malessere dovuta al consumo di cibi ricchi di glutine, tuttavia non di natura autoimmune: in alcuni casi può essere solo temporanea o, ancora, più facilmente gestibile consumando glutine in dosi più ridotte.
Come ho già accennato, negli ultimi anni il marketing ha però preso il sopravvento e molti hanno cominciato a consigliare diete prive di glutine a tutti, con tanto di ricettari per perdere peso oppure di soluzioni gluten-free per accrescere più facilmente la muscolatura. Eppure, nelle persone che non soffrono di celiachia o intolleranza al glutine il consumo di questa proteina non ha effetto diretto sulle condizioni di salute e, di conseguenza, la sua eliminazione preventiva dalla dieta non ha alcun fondamento scientifico.
Aumento della celiachia: tante teorie, tanti dubbi
Come ho accennato in apertura, vi sono diverse teorie pronte a ricollegare il supposto aumento di casi di celiachia, o anche solo di sensibilità al glutine, alle attività umane. Ma va detto sin da subito: su questo tema non vi è ancora un ampio consenso scientifico, anzi, la discussione è ancora molto accesa fra i vari esperti mondiali.
Grani antichi e moderni
Una prima teoria ha fatto capolino sui media qualche anno fa, più precisamente nel 2017, quando sui social e in vari programmi televisivi si iniziò a parlare della cosiddetta “selezione umana del grano”. Secondo i fautori di questa tesi, l’aumento di problematiche legate al glutine e alla celiachia deriverebbero dalle attività di coltivazione intensiva dell’uomo: a partire dalla Rivoluzione Industriale, sarebbero state selezionate varietà di grano dall’elevata resistenza e produttività ma anche dall’alto contenuto in glutine, che avrebbero quindi portato a una più diffusa sensibilità a questa proteina nella popolazione più generale.
Si è quindi fatta una distinzione tra “grani moderni” e “grani antichi”, ovvero a più ridotto contenuto di glutine. Fra questi ultimi figurerebbero varie tipologie di grano derivati dal farro monococco e dicocco, il fatto spelta? e varietà di grano duro come il khorasan e molti altri ancora. Questi cereali avrebbero un valore di forza del glutine, come spiega IlFattoAlimentare, tra i 10 e i 50, contro gli oltre 300-400 dei grani più comuni.
Allo stesso tempo, però, uno studio condotto negli Stati Uniti qualche anno fa ha evidenziato come il contenuto in glutine non sia tanto determinato dalla differenza tra grani antichi e grani moderni, bensì dalle condizioni atmosferiche in cui questi cereali crescono. L’analisi dei dati del grano coltivato in vari stati USA tra gli anni ‘40 e oggi suggerirebbe una certa sovrapposizione tra il peggioramento delle condizioni meteorologiche, in particolare la siccità, e la crescita di piante dalla maggiore concentrazione della proteina. Inoltre, anche i “grani antichi” presentano comunque quantitativi di glutine più che sufficienti per accendere una risposta immunitaria nei celiaci, soprattutto in coloro che ne soffrono in forma grave.
Eppure, come ho già ampiamente sottolineato, un preciso consenso in ambito scientifico non c’è ancora. Per questo, dovremo aspettare ancora qualche anno per capire quali di queste teorie possa essere considerata vera.
Cibi processati e molecole di sintesi
Nel frattempo, negli ultimi giorni Report ha mandato in onda un interessante servizio sugli additivi impiegati nell’industria dei cibi processati, come ad esempio la carne e i suoi derivati. Il programma Rai ha voluto evidenziare come spesso questi componenti di sintesi non siano efficacemente riportati in etichetta, anche perché tendono a dissolversi con la cottura. Eppure, proprio grazie a questo reportage, è emersa una nuova teoria sul tema della celiachia.
Al centro del ciclone ci finisce la transglutaminasi, un addensante impiegato spesso per compattare le carni, non sempre riportato in etichetta poiché termolabile. Uno studio condotto dall’Università di Haifa, in Israele, ha però evidenziato come il ricorso ormai eccessivo alla transglutaminasi potrebbe avere un ruolo nello scatenare reazioni autoimmuni nei pazienti con intolleranza al glutine e proprio tra i celiaci:
“Si ipotizza che la tranglutaminasi aggiunta nei cibi processati potrebbe contribuire a scatenare reazioni autoimmuni nei pazienti celiaci”.
Impatto umano sulla celiachia e consigli: cosa mangiare?
Per quanto le teorie elencate non siano ancora considerate in un modo unanime dalla comunità scientifica, se confermate mostrano un fattore comune: l’intervento dell’uomo sulla modifica del cibo. Nel caso dei grani, con la selezione di ibridazioni ibridi sempre più resistenti e produttivi ma anche dalla grande quantità di glutine. In quello delle molecole di sintesi, la mano degli umani nel modificare gli alimenti, al solo scopo di renderli esteticamente più gradevoli, a lunga conservazione e dall’elevata consistenza al palato. In altre parole, sia alterando il clima e\o selezionando varietà per la produzione agricola, l’uomo potrebbe essere la causa di cereali ormai eccessivamente ricchi di glutine?
Ma che fare, allora? Innanzitutto, non bisogna credere alle mode passeggere. Come già ribadito, i soggetti che non presentano celiachia o intolleranza non subiscono alcun effetto dal consumare glutine. Non vi è quindi molto senso nel seguire una dieta gluten free, magari spacciata come il non plus ultra per perdere peso o accrescere i muscoli, se non si soffre di alcun disturbo a livello di intestino. Anche perché gli effetti sbandierati potrebbero essere solo specchietti per le allodole.
Ancora, affidarsi sempre al medico curante e al gastroenterologo, che potranno verificare se la malattia sia presente. Infine, se si soffre di celiachia, consumare solo alimenti che contengono farine naturalmente prive di glutine, come riso, mais, grano saraceno, miglio, quinoa e amaranto: ma questo i celiaci lo sanno benissimo!
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