Cos’è lo squalene, dove viene impiegato e come evitarlo
Se appartenete alla generazione degli anni ’70-’80, probabilmente siete cresciuti con il terrore degli squali a causa del film di Spielberg. Peccato che “Lo squalo” non rispecchi la realtà, perché sono questi animali a dover temere l’uomo, e non viceversa: nel 2016 ci sono state appena 4 vittime umane dei predatori del mare, contro gli oltre 100 milioni di squali che noi uccidiamo ogni anno.
Distruzione dei loro habitat, pesca accidentale, frodi alimentari (anche in Italia ci sono stati casi di verdesca spacciata per pesce spada), sono alcuni dei rischi che questi animali straordinari corrono nel Mediterraneo; se ci spostiamo nei Paesi asiatici, si aggiunge anche la terribile pratica del finning, lo spinnamento degli squali per preparare la zuppa di pinne, specialità della cucina cinese. Non storcete troppo il naso, perché anche noi occidentali abbiamo la nostra parte di colpe, seppur inconsapevolmente.
Foto: www.ecoblog.it
In pochi sanno che gli squali vengono uccisi anche a causa dell’industria dei cosmetici. In creme solari, prodotti anti-age e perfino make-up, potrebbe capitarvi di leggere nell’INCI un ingrediente, lo squalene: ho chiesto spiegazioni a chi conosce meglio di tutti gli INCI, ovvero Fabrizio Zago, fondatore dell’EcoBioDizionario. «Lo squalene è una sostanza grassa, una delle prime sostanze usate per produrre creme cosmetiche. Si tratta di un idrocarburo, molto leggero e facilmente ossidabile, perciò per risolvere questo difetto si usa idrogenare lo squalene; se nei cosmetici trovate scritto squalano, altro non è che la sua forma satura.»
Ricco di acidi grassi, dall’effetto emolliente e antiossidante, come suggerisce il nome si ricava dagli squali, perché si tratta di un olio presente nel loro fegato. Su 60 specie di squali catturati e uccisi per estrarne lo squalene, 26, quasi la metà, sono nella Lista rossa di IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), il più completo database delle specie a rischio estinzione. A portare l’attenzione su questo fenomeno è stata per prima BLOOM, organizzazione no profit per la salvaguardia delle specie marine, che ha pubblicato un report intitolato “Il prezzo orrendo della bellezza” (se volete leggere la loro inchiesta sullo squalene nei cosmetici, la trovate a questo link, in inglese), dimostrando come il 90% dell’olio estratto dal fegato degli squali venga utilizzato in cosmesi.
Inoltre, senza motivo: «Questa sostanza non si ricava solo dagli animali, ma la si può trovare in moltissimi vegetali, compreso l’olio di oliva, che ne è particolarmente ricco», continua Zago. Ottenerlo dalla pesca di squali però è più economico, secondo BLOOM. Nonostante molte grandi aziende, come Unilever e L’Oréal, nell’ambito dell’inchiesta abbiano dichiarato di essere passate alla forma vegetale, seppure più costosa del 30%, l’organizzazione afferma che ogni anno vengano ancora uccisi quasi 3 milioni di squali ogni anno.
Foto: www.nonsprecare.it
Per noi consumatori, è possibile sapere se stiamo acquistando un cosmetico contenente olio di squalo? Se io leggo “squalene” (o “squalano”, ovvero la forma idrogenata), come faccio a sapere se è la versione animale o vegetale? «Purtroppo non è possibile evincere la provenienza della sostanza dal nome INCI», spiega Zago. Neppure se un cosmetico è certificato bio o vegan? «I controlli sono così sporadici o inesistenti che, vegan o no, non mi pare che ci si possa basare su questo per avere la certezza che la nostra crema contenga o non contenga un derivato animale. Conta molto di più la serietà e la storia del fabbricante ed i controlli che vi sono dietro. Anche il canale di vendita non è secondario: i piccoli negozi purtroppo non hanno i mezzi economici, dovrebbero consorziarsi per poter fare i controlli assolutamente necessari, le grandi catene invece li possono fare.»
Secondo BLOOM, il problema è che le aziende che lavorano lo squalene si trovano soprattutto nell’Oceano Indiano, nell’Atlantico sud-orientale e nel Pacifico occidentale, luoghi in cui i controlli non sono particolarmente severi; L’Oréal ad esempio si è impegnata a verificare più da vicino l’intera filiera e i propri fornitori.
Foto: www.greenme.it
È vero che, con fonti vegetali alternative, la richiesta mondiale di squalene sta calando, ma il rischio di contribuire allo sterminio di squali con una crema o un rossetto c’è ancora. E se non possiamo riconoscere questa sostanza dall’INCI, cosa possiamo fare allora? Il consiglio di Zago è «chiedere al produttore di mostrarci il certificato d’origine». Se si tratta della versione vegetale non abbiamo nulla da temere: «è di origine agricola, quindi vegetale da fonte rinnovabile. È un ottimo componente cosmetico dalle mille proprietà, come tutte le sostanze veramente di origine vegetale.»
D’ora in poi, quando acquisterete un cosmetico, fateci caso: una piccola attenzione che a noi non costa nulla, ma che può salvare la vita a milioni di creature innocenti e indifese di fronte all’uomo.
Foto copertina: www.cosmopolitan.com
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