Di cosa si tratta e perché sarebbe un vantaggio sotto tutti i punti di vista
“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.” È una delle leggi della fisica, coniata nel ‘700, ma più che mai attuale per descrivere l’economia circolare.
Un concetto a cui viene dato sempre più spazio e che viene sempre più spesso chiamato in causa, ma su cui molti sembrano avere ancora le idee un po’ confuse. Ho notato infatti che la maggior parte delle volte viene considerato quasi un sinonimo della sostenibilità ambientale: l’economia circolare sicuramente è sostenibile, ma esistono anche tante azioni che pur essendo a basso ambientale, non sono esempi di economia circolare.
Si dice che gli italiani siano sempre più attenti e responsabili nei confronti dell’ambiente: secondo il Rapporto Rifiuti Urbani di ISPRA, nel 2018 è aumentata la percentuale di raccolta differenziata; un buon segno, certo, così come l’utilizzo di energie rinnovabili da parte delle industrie nei processi produttivi. Ma queste azioni non sono comunque sufficienti, perché dobbiamo far fronte a risorse naturali sempre più scarse (l’Overshoot Day cade sempre prima ogni anno) ed emissioni di CO2 sempre maggiori (nel mese di aprile abbiamo raggiunto 415 ppm, un valore mai registrato prima). L’unica nostra scelta è invertire la rotta, trovare un nuovo modello economico e di sviluppo, diverso da quello a cui siamo abituati.
Foto: www.ideegreen.it
Cos’è l’economia circolare? È un sistema che si rigenera da sé, in cui non esistono rifiuti, tutto viene riutilizzato. Viene spesso spiegato con la metafora biologica: quello che per una specie, animale o vegetale, è uno scarto, diventa nutrimento per un’altra. Non ci sono rifiuti da smaltire, tutto è reimmesso nel ciclo vitale, in modo che altri possano trarne beneficio. Il modello circolare deve imitare questo meccanismo, tutto quello che abbiamo sempre considerato un rifiuto da destinare alla discarica, diventa una materia prima; il principio base è che beni e servizi debbano essere pensati e progettati per essere poi rigenerati, immaginando fin da subito il loro impiego a fine vita.
Certamente è un sistema produttivo molto diverso a quello a cui siamo stati abituati, dalla rivoluzione industriale in poi. Un progresso basato sullo sfruttamento intensivo delle risorse, senza nessun riguardo per l’ambiente, che ha prodotto disuguaglianze sociali in tutto il mondo: è il modello di economia classico, chiamata economia lineare, che segue 3 tappe (“take-make-dispose”, ovvero prendi-produci-getta), come se le materie prime naturali fossero inesauribili. Lo vediamo dai numeri sullo spreco alimentare, che in Italia vale quasi 16 miliardi, e da fenomeni come la “fast fashion”, dove quell’aggettivo “fast” si riferisce alla velocità con cui i capi di abbigliamento vengono prodotti, venduti e buttati (il 30% dei vestiti finisce in discarica dopo meno di cinque utilizzi, dati EPA). Un modello che non è più sostenibile, sotto tutti i punti di vista, ambientale e sociale.
Foto: pianetadelleidee.altervista.org
L’economia circolare offre numerosi vantaggi: si riducono gli sprechi, la dipendenza dalle risorse naturali, l’inquinamento, i costi. La Ellen McArthur Foundation, centro di ricerca sull’economia circolare, nel 2012 ha pubblicato un report in cui venivano evidenziati i benefici economici se lo adottassimo come modello di business: solo per l’Unione europea, si tradurrebbe in un introito di 1.800 miliardi di euro entro il 2030, crescita del Pil, nuovi posti di lavoro. Insomma, un bene per l’ambiente ma anche per i cittadini.
Nel nostro Paese, qualcuno sembra aver già intravisto quest’opportunità: sono diverse le iniziative, pubbliche e private, di applicazione del modello circolare. Ecco qualche esempio di soluzioni concrete e qualche volta molto originali.
Un progetto straordinario, ideato da un’azienda veneta, è Cash 4 Trash, grazie al quale i cittadini vengono effettivamente pagati per i propri rifiuti. Conferendo presso i distributori bottiglie di plastica e lattine, si viene premiati con buoni sconto da spendere presso gli esercizi convenzionati.
Vi è mai capitato di portare un oggetto a far aggiustare e sentirvi rispondere che fate prima a buttarlo e comprarne uno nuovo? Sicuramente non succederebbe a MadLab: startup nata come progetto di una cooperativa sociale ed esperti del settore tecnologico, nel laboratorio nel centro storico di Genova riparano svariati oggetti producendo i pezzi di ricambio mancanti con la loro stampante in 3D.
Foto: www.naturedesign.com
Il recupero dei materiali poi sta prendendo sempre più piede, nell’arredamento, nell’oggettistica, nella moda. Nature Design è un’azienda veronese che realizza mobili e soprammobili in legno, lavorato artigianalmente, recuperato da vecchi arredi e costruzioni. Alisea produce tutto il necessario per l’ufficio in materiali di riciclo: le penne ad esempio sono fatte in plastica non conferibile nella raccolta differenziata, come fanali di veicoli o stoviglie usa e getta, mentre le agende hanno la copertina in cuoio e pelle da scarti di lavorazione.
Anche le grandi griffe di moda si stanno impegnando a dare il loro contributo, da un colosso come Adidas, che ha lanciato le scarpe fatte da plastica recuperata dal mare, a Ilaria Venturini Fendi, che impiega fondi e linguette di lattine per le sue famose borse Carmina Campus.
Foto: www.carminacampus.com
E che dire di Lavazza, che ha trasformato lo scarto dei fondi di caffè in una coltivazione di funghi?
Un altro aspetto dell’economia circolare è la condivisione. Quante cose acquistiamo per poi utilizzarle una volta e mai più? Condividere o scambiare i prodotti è un modo per allungarne la vita. Tra i campioni dell’economia circolare premiati da Legambiente, c’è l’associazione torinese T-Riciclo, una community di genitori che si divide gli acquisti necessari per bambini e neonati, dai vestiti ai giocattoli, per poi scambiarli dopo l’utilizzo. Esempi su larga scala poi sono il portale Depop, un’applicazione che permette di vendere e acquistare abiti e accessori, e naturalmente i servizi di car sharing.
Iniziative ed azioni quotidiane che ci spingono a rivedere il nostro concetto di consumo, ma ribaltare le nostre abitudini può essere anche un’enorme opportunità, al di là dei benefici economici ed ambientali. È un’occasione per cambiare, in meglio, la nostra prospettiva; per riprendere la metafora biologica, anche l’uomo può inserirsi nel ciclo rigenerativo: invece che continuare ad essere parassita distruttore, potrebbe imparare ad offrire benefici anche alle altre specie viventi.
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