Green lifestyle

Endometriosi, la “malattia silenziosa”


Sintomi, cure e novità sul tema, come il nuovo Decreto sui Livelli Essenziali di Assistenza

«Cosa piangi? Non ti ho detto che stai morendo di cancro, solo che non puoi avere figli.»
Ecco come è stata accolta al risveglio da un intervento Annalisa Frassineti dal medico che l’aveva in cura; il secondo intervento in 2 anni, dopo una prima diagnosi (errata) di appendicite. Annalisa oggi è Presidente di A.P.E. Onlus, un’associazione di volontarie che si occupa di informazione e sostegno per le donne colpite da una malattia dalle cause ignote, da cui è impossibile guarire e di cui si parla ancora poco: l’endometriosi (l’acronimo “A.P.E.” infatti sta per Associazione Progetto Endometriosi). Una malattia che se non diagnosticata in tempo e trattata nel modo più efficace possibile (sebbene non esistano ad oggi cure risolutive) può portare tra le altre cose alla sterilità, oltre a condannare a una vita di insopportabili dolori cronici.

Ne avevamo parlato qualche anno fa anche qui su Ecocentrica (https://ecocentrica.it/7349/): avevo intervistato la Dott.ssa Angela Maio, Medico Specialista in ginecologia e omeopatia, esperta anche nella cura dell’endometriosi. Quando le chiesi di cosa si trattasse, mi spiegò che «È la presenza anomala dell’endometrio, il tessuto che riveste l’utero, al di fuori della sua sede: per cause non chiare migra verso altri organi, come ovaie, peritoneo, intestino, vie urinarie, ma anche oltre l’addome, ad esempio nel torace. L’endometrio risponde alle stimolazioni ormonali e si comporta allo stesso modo anche in sedi diverse», ovvero con il dolore.

Foto: viverepiusani.it

«Si stima che in Italia colpisca circa il 10% della popolazione femminile in età fertile, ma è sicuramente una cifra al ribasso, perché è sotto diagnosticata». Si parla di circa 3 milioni di donne in Italia, 150 milioni nel mondo, ma difficile dirlo con precisione visto che nel nostro Paese il Registro Nazionale Endometriosi (un sistema di sorveglianza, già utilizzato per le patologie particolarmente rilevanti) è stato istituito solo nel 2017. A questo poi si aggiunge un altro problema: le diagnosi tardive. «Un medico esperto di questa patologia la riconosce tramite visita specialistica ed eventualmente un’ecografia», mi spiega la Dott.ssa Maio; purtroppo però non tutti i medici sono preparati e formati per individuarla facilmente. «Il 5-10% delle donne che soffrono di endometriosi sono asintomatiche, e anche quando presenti i sintomi possono essere molto diversi: il fatto che non siano così definiti è il motivo per cui purtroppo a volte non si riesce a fare la diagnosi corretta», tanto che per la diagnosi una donna può aspettare, mediamente, dai 4 ai 10 anni.

Un’altra volontaria di APE Onlus, in una sua testimonianza racconta: «Nessuno mi ha spiegato di cosa soffrissi, mi hanno dato un fascicoletto e mi hanno detto “la tua è solo sfortuna”. Ho subìto sei interventi. Il dolore continuava, e solo dopo dieci anni si è capito che la malattia si era arrampicata per i nervi delle gambe, fino al coccige, all’intestino, ai reni. Cominciavo a pensare di essere pazza».  E non è stata l’unica, perché spesso questa malattia non viene considerata tale, perché la convinzione che noi donne siamo condannate a soffrire, che è una cosa normale, è dura a morire: se ti lamenti per il dolore, sei debole, o bugiarda, o mentalmente instabile. Non è un caso che l’endometriosi venga chiamata la “malattia invisibile”. Continua Annalisa Frassineti: «È un po’ come diceva la Fallaci per il tumore, no? Se ti rompi un braccio, tutti gridano aiuto. Con il fatto che l’endometriosi non si vede da fuori, ed è poco conosciuta, tanti non la capiscono, pensano che sei fissata o debole o inventi scuse.»

Foto: www.georgiewileman.com

Un bellissimo progetto è stato quello di Georgie Wileman, una fotografa che ha realizzato un servizio di autoritratti, intitolati “Endometriosis”, per documentare la sua esperienza con la malattia; una queste immagini ritrae il suo addome con la mappa delle cicatrici degli interventi subiti, nel tentativo di portare all’esterno quel dolore. «Quando a 13 anni mi sentii male, uno psicoterapeuta fece una diagnosi errata di depressione. Mi ci sono voluti 12 anni di forti dolori, collassi, sanguinamenti, sedia a rotelle, ambulanze e accuse prima di ricevere la diagnosi corretta.»

«Oltre alla qualità della vita compromessa, una diagnosi tardiva può portare a conseguenze gravi come l’infertilità: quando una donna fatica a concepire un figlio, nel 40% dei casi soffre di endometriosi. E purtroppo molte lo scoprono proprio in questo modo, avendo ignorato i sintomi fino a quel momento e avendo sempre considerato il dolore come una cosa normale. Usciamo da questo cliché: i dolori mestruali o pelvici molto forti non sono la norma, perciò quando si presentano devono far insospettire», afferma la Dott.ssa Maio. «Anche gli esiti cicatriziali possono essere causa di sterilità, ad esempio perché possono occludere le tube, un altro motivo per cui agli interventi bisognerebbe ricorrere il meno possibile.»
Se una cura risolutiva non esiste, come si tratta l’endometriosi? «L’endometrio, anche se si trova al di fuori della sua sede, risponde agli stimoli ormonali, quindi l’unico trattamento è la pillola a base di progestinico, che funge anche da contraccettivo. Ne esistono di tanti tipi, anche a bassi dosaggi: spesso passa il messaggio che faccia male, ma la verità è che ci sono più vantaggi che controindicazioni dalla sua assunzione. Esistono anche diverse terapie naturali che possono essere d’aiuto: ad esempio il picnogenolo, l’estratto di pino marittimo, è un rimedio usato già nell’antichità, aiuta a mantenere puliti i vasi sanguigni, tanto che è indicato anche per gli anziani o per chi soffre di arteriosclerosi. Si può ricorrere all’omeopatia, ma bisogna valutare caso per caso, così come andrebbe curata anche l’alimentazione, evitando tutti i cibi che tendono a infiammare come gli zuccheri e le farine raffinate. Questi consigli e rimedi aiutano a convivere con la malattia, possono agire sui sintomi, ma la terapia di base è sempre la pillola, che non andrebbe mai sospesa perché è in grado di dare la giusta stabilità ormonale che impedisce all’endometriosi di progredire.» E se una donna desiderasse avere figli? «In questi casi si può sospendere, ma per i tempi giusti, sempre sotto controllo medico. Le donne affette da endometriosi possono salvaguardare la fertilità, ma è fondamentale evitare l’avanzamento della malattia, che può causare anche un aumento di cisti che comprimono il tessuto ovarico. è una patologia che peggiora di mese in mese, ecco perché l’ideale è che la diagnosi arrivi il prima possibile

Foto: www.alfemminile.com

L’ideale sì, ma in pratica non sempre è possibile. Dopo anni di battaglie da parte di associazione come A.P.E. Onlus, il 13 gennaio 2017 finalmente l’endometriosi è stata riconosciuta come una malattia invalidante, per cui chi ne soffre ha diritto all’esenzione dei costi per le spese sanitarie. Una legge fatta a metà però, perché l’esenzione spetta solo alle donne affette da endometriosi al terzo e quarto stadio, ovvero quelli più gravi: com’è possibile auspicare per le donne una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo, se proprio nella fase in cui questo è possibile, le spese per visite ed esami diagnostici sono a carico loro? E non si tratta di cifre di poco conto: cercando altre testimonianze in rete, ho letto di donne che arrivano a spendere anche più di 1.000 euro l’anno. Non solo per i controlli medici o le terapie, a volte anche per i viaggi: i centri specializzati per la cura dell’endometriosi non sono distribuiti uniformemente sul territorio, così capita che una donna come Giovanna da Corigliano Calabro, paese in cui vive, debba recarsi fino a Verona ogni 6 mesi. E anche per quei trattamenti offerti dalla mutua la strada è ancora tutta in salita: ci sono diversi ritardi nell’applicazione del Decreto, non tutte le Regioni lo hanno già recepito. In più, l’esenzione riguarda solo alcuni tipi di esami: visite di controllo, ecografie addominali, clisma opaco semplice (per la diagnosi di eventuali ostruzioni intestinali), ma non la pillola e gli esami preventivi al torace, ad esempio cuore o polmoni, altre possibili sedi che la malattia più raggiungere. Chi usufruisce dell’esenzione, afferma di aver solo dimezzato le spese sanitarie, e questa è la migliore delle ipotesi.

Io spero che questo sia un inizio, perché c’è ancora tanto da fare. Migliorare l’assistenza sanitaria, formare professionalmente i medici, far crollare i soliti luoghi comuni secondo cui “le donne sono fatte per soffrire”, ottenere un riconoscimento sociale in modo che chi è affetta da endometriosi non debba provare vergogna e non venga discriminata. E soprattutto, far conoscere alle donne, soprattutto alle giovanissime, una malattia subdola, che si può combattere solo intervenendo in tempo.

 

Foto copertina: dilei.it

 

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