Insieme all’Associazione Italiana Celiachia, scopriamo dove sta la verità di questo tema molto dibattuto
Ricordo ancora quando ad una mia amica diagnosticarono la celiachia: erano i primi anni 2000, e fino ad allora non avevo mai sentito questo termine. Oggi invece è praticamente sulla bocca di tutti. E allo stesso modo, circa vent’anni fa per lei era quasi impossibile mangiare un primo che non fosse il riso, mentre ora le alternative per celiaci sono numerosissime, basti vedere interi scaffali dedicati a loro al supermercato, ma anche ristoranti e mense pubbliche, che spesso hanno in menu piatti “gluten free”.
Negli ultimi anni il tema è passato da semi-sconosciuto a molto popolare, forse troppo: insieme alle nozioni scientifiche, che hanno permesso diagnosi più rapide ed accurate, si sono fatte strada di pari passo anche tante teorie di cui però è difficile capire se abbiano fondamento. Una su tutte, che celiachia e intolleranze stiano avendo un aumento esponenziale, segno che il glutine fa male a prescindere, e che dovremmo quindi adattarci a una dieta gluten free. A queste se ne aggiungono altre, secondo cui un’alimentazione priva di glutine sarebbe utile per perdere peso (falso, cereali come riso e mais hanno un indice glicemico più alto rispetto ad esempio al frumento integrale) oppure la teoria del Dott. Mozzi che basa le diete sul gruppo sanguigno, sostenendo che chi ha gruppo 0 non è in grado di tollerare i cereali (peccato che questa dieta non sia mai stata validata e sia considerata inattendibile dalla comunità scientifica).
Dall’altra parte, esperti e gastroenterologi di tutto il mondo lanciano appelli contro la “moda”, sempre più diffusa, di decidere autonomamente, senza controllo medico e in assenza di una diagnosi certa di celiachia, di seguire una dieta gluten free: non solo sarebbe inutile, ma anche dannoso, perché si rischia di privare l’organismo di sostanze nutrienti senza motivo. Ma allora, dove sta la verità? Da chi dice che la celiachia è sempre più diffusa e che dovremmo guardarci tutti dal consumare glutine, o da chi sostiene che non ci sia nessuna “epidemia” e che il gluten free sia una moda pericolosa, diffusa grazie anche alle fake news che girano in rete, che portano le persone a errate diagnosi fai da te?
Per vederci chiaro, ho contattato AIC, l’Associazione Italiana Celiachia: ai loro esperti, ho rivolto qualche domanda innanzi tutto per capire i numeri del fenomeno, e poi per fare chiarezza una volta per tutte su cos’è la celiachia e da cosa è causata (ad esempio da una dieta troppo ricca di glutine?).
Siete curiosi di sapere se la celiachia è davvero dilagante o se il fenomeno è stato solo un po’ gonfiato? Allora leggete la mia intervista ad AIC: troverete tutte le risposte.
Cos’è la celiachia? Che differenza c’è con la cosiddetta sensibilità al glutine?
«La Malattia Celiaca (o Celiachia) è una infiammazione cronica dell’intestino tenue, scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. La Celiachia è caratterizzata da un quadro clinico variabilissimo, che va dalla diarrea profusa con marcato dimagrimento, a sintomi extra intestinali, all’associazione con altre malattie autoimmuni; se non trattata può portare a complicanze anche drammatiche, come il linfoma intestinale. La dieta senza glutine è l’unica terapia disponibile per la celiachia, che va eseguita con rigore per tutta la vita.
La gluten sensitivity, sensibilità al glutine non celiaca, è una possibile reazione al glutine (o più probabilmente ai cereali) i cui meccanismi non sono ancora noti: la comunità scientifica è impegnata a studiare se si tratti di una vera e propria patologia e quali meccanismi la inducano, e molti esperti hanno dubbi sull’esistenza di questa condizione. Il paziente, tuttavia, riferisce ugualmente la comparsa di sintomi all’ingestione del glutine (o dei cereali che lo contengono) e la loro scomparsa alla loro esclusione; a differenza della celiachia, però, non provoca lesioni alla mucosa intestinale e non esistono marcatori nel sangue per identificare questa condizione. Infatti, se la celiachia può essere individuata con assoluta sicurezza attraverso la ricerca sierologica di auto-anticorpi specifici e la biopsia della mucosa duodenale, la diagnosi in questo caso è esclusivamente clinica ed è necessario affidarsi a quanto riferisce il paziente. Una raccomandazione: in presenza di una sospetta sensibilità al glutine, il paziente deve consultare un medico specialista prima di apportare qualsiasi modifica alla sua dieta.»
A proposito di diagnosi: è vero che la celiachia, in Italia e nel mondo, è in aumento, o aumentano i pazienti solo perché oggi sono più accurate le diagnosi rispetto al passato?
«Al 31 Dicembre 2017 (Dati Ministero della Salute) i pazienti celiaci sono 206.561. Da questo dato se ne ricava un secondo, altrettanto importante, che riguarda le persone ancora in attesa di una diagnosi. Considerata la prevalenza della patologia nel mondo, pari all’1% della popolazione in qualsiasi Paese (escluse solo poche eccezioni) in cui sia stata individuata mediante programmi di screening, sappiamo che sono circa 400.000 le persone ancora in attesa di una diagnosi. Quindi, anche se recenti studi sulla popolazione generale hanno mostrato che forse è in aumento anche il numero di persone celiache, fondamentalmente è il numero delle diagnosi ad essere in continua crescita. La maggior consapevolezza e conoscenza della patologia da parte della classe medica, e la disponibilità di test diagnostici sempre più sensibili e specifici, e nel contempo meno invasivi, stanno portando allo scoperto un numero sempre più crescente di pazienti che fino a qualche anno fa sarebbero rimasti non diagnosticati.
Tuttavia, ricollegandoci al dato di prima, va detto che l’individuazione dei pazienti rimane un punto debole, considerando che mancano all’appello circa 400.000 celiaci e i tempi per ottenere una diagnosi restano elevati, si parla ancora di anni, un’attesa ancora troppo lunga in cui il paziente si espone a gravi complicanze.»
Veniamo alle cause: c’è chi sostiene che alla base dello sviluppo di celiachia e sensibilità al glutine ci sia un maggior consumo di prodotti con farine raffinate, l’uso di additivi alimentari, erbicidi utilizzati in agricoltura…
«Si stima che, almeno in Italia, il rapporto tra celiaci diagnosticati e quelli non diagnosticati sia passato negli ultimi anni da 1 su 10 a circa 1 su 4: sembrano aumentati i pazienti celiaci ma, come detto, lo è solo il numero delle diagnosi. Non vi è nessuna prova epidemiologica che negli ultimi anni sia aumentato il consumo di glutine nella popolazione mondiale generale, e pure se questo venisse dimostrato, non vi è nessuna correlazione certa tra consumo di glutine e sviluppo di celiachia. Allo stesso modo, l’introduzione nella pratica agricola di nuove varietà di frumento, che presentano un contenuto di glutine maggiore rispetto alle varietà antiche (cioè quelle coltivate quando l’uomo sviluppò la pratica dell’agricoltura) non è, allo stato attuale della conoscenza, responsabile dell’aumento di celiachia.»
Insomma, niente sensi di colpa quando mangiate un piatto di pasta: i cereali, meglio se integrali, sono alla base della famosa Dieta Mediterranea, una fonte preziosa di carboidrati complessi, fibre e sali minerali. Se però notate che il consumo di cereali contenenti glutine vi causa dei fastidi, recatevi dallo specialista: le mode in cucina fanno male, ma anche le diagnosi tardive!
Foto copertina: melarossa.it
1 Comment
giulia
7 Novembre 2019 at 18:58Io non sono celiaca ma se mangio molta pasta pane e pizza mi escono degli sfoghi cutanei, ne ho paralto con la dottoressa e dopo aver fatto esami è risultata una sensibilità a determinati alimenti quindi ho dei periodi in cui limito molto e altri in cui me lo concedo, visto che già mi è uscito lo sfoghetto autunnale direi che mi rimetto seriamente in riga da lunedì che questo weekend ho la pizza con gli amici e non ci rinuncio!!!