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Inquinamento da farmaci nelle acque: un problema mondiale


Farmaci, Tessa Gelisio

È stata dichiarata una forma emergente di inquinamento dei mari e, nei prossimi anni, rischia di essere seconda soltanto alla plastica: è la contaminazione delle acque con farmaci, un problema oggi ancora sottovalutato. I processi produttivi dei medicinali, le cattive abitudini dei singoli e i processi metabolici di eliminazione dell’organismo portano sempre più molecole a raggiungere gli scarichi, inquinando poi tutti i corsi d’acqua. Sì, perché difficilmente queste molecole vengono catturate dei depuratori e gli effetti sono già evidenti, sia per gli animali che per l’uomo.

Come arrivano i farmaci nelle acque

Farmaci e acqua

Secondo un recente rapporto ISDE, l’Associazione Medici per l’Ambiente, solo in Italia ogni anno finiscono nelle acque dalle 7 alle 14 tonnellate di principi attivi di origine farmacologica. Ma in che modo questi medicinali giungono nei principali corsi d’acqua?

Le vie d’ingresso dei farmaci nell’ambiente sono molteplici e, purtroppo, tutte in crescita:

  • gli impianti per la produzione farmaceutica che, in alcune zone del mondo – in particolare in India e in Cina – rilasciano molecole di scarto direttamente in acqua, per l’assenza di ferree regolamentazioni;
  • l’espulsione umana, perché una porzione rilevante dei farmaci viene metabolizzata dall’organismo ed eliminata con l’urina e con le feci. Le quantità sono diverse a seconda della molecola, per alcuni farmaci si può arrivare anche al 70-80%. Gli impianti di depurazione tradizionale in genere intercettano non più del 10-30% di questi composti;
  • lo smaltimento scorretto, con la pessima – e purtroppo ancora diffusa – di gettare farmaci scaduti nel WC o nella spazzatura domestica;
  • gli allevamenti intensivi, che portano sempre più alla contaminazione ambientale, e anche delle falde acquifere, con antibiotici ed ormoni – non in Europa, ma il risultato non cambia, perché è un tipo di inquinamento che non conosce confini – impiegati sugli animali.

Un problema globale

Non si può dire che quello dei farmaci dispersi nelle acque non sia un problema globale, poiché colpisce praticamente ogni corso d’acqua nei pressi di insediamenti umani, indipendentemente dal Continente.

Ad esempio, uno studio condotto nel 2022 ha analizzato le acque di 258 fiumi, sparsi in 104 Paesi diversi, coprendo una popolazione potenziale di 471 milioni di persone. I dati emersi sono stati a dir poco preoccupanti:

  • in oltre il 25% dei siti monitorati, almeno un farmaco supera i livelli di sicurezza per la vita acquatica;
  • Africa subsahariana, Asia meridionale e America Latina sono le aree più colpite, con picchi a La Paz, in Bolivia, e a Lahore, in Pakistan, dove le concentrazioni sono anche di 300 volte sopra la soglia di sicurezza;
  • nel Vecchio Continente, il record negativo spetta a Londra: sono presenti ben 34 principi attivi diversi, perlopiù antibiotici e ormoni.

Un’altra ricerca ha confermato la presenza di almeno 631 composti farmaceutici diversi, in ben 71 nazioni differenti. Limitatamente all’Europa, sono almeno 61 i medicinali rilevati in 121 siti fluviali.

L’impatto dei farmaci disciolti in acqua

Farmaci e pillole

La presenza di composti farmaceutici disciolti in acqua può determinare gravi conseguenze, non solo per la flora e la fauna che caratterizza i principali corsi d’acqua, ma anche per l’uomo. In particolare, l’inquinamento ambientale da molecole farmaceutiche sta purtroppo rendendo più grave il problema della resistenza agli antibiotici.

Le conseguenze sulla vita acquatica

Trota

Sono diversi gli studi e le analisi condotte negli ultimi anni, per comprendere quali siano gli effetti principali dell’esposizione degli ambienti marini ai farmaci. A partire dal loro ruolo sullo sviluppo della vegetazione marina, indispensabile per garantire una sufficiente ossigenazione delle acque: alcune molecole inibiscono lo sviluppo di alcune alghe buone e, ancora, riducono la capacità di diverse specie di concludere la fotosintesi in modo corretto.

È però sugli animali che si registrano le conseguenze più preoccupanti. In particolare, si rilevano:

  • problemi ormonali e di fertilità nei pesci, con la progressiva riduzione di molte specie. Ad esempio, l’etinilestradiolo – un diffuso contraccettivo – ha provocato l’abbattimento di una popolazione ittica in un lago usato per una sperimentazione, portando gran parte della popolazione maschile di pesci a sviluppare caratteri femminili;
  • tossicità cronica, che può portare alla rapida morte di diverse specie. Negli anni ‘90, la contaminazione da FANS di alcuni corsi d’acqua indiani ha portato a una veloce moria di avvoltoi, mentre nelle trote si rilevano danni renali e branchiali;
  • maggiori malattie, dovute al fatto che i farmaci disciolti in acqua aumentano la resistenza di numerosi batteri, che si moltiplicano velocemente in acqua, colpendo diverse specie di pesci.

I rischi per la salute umana

Farmaci e intestino

Sebbene la quantità di molecole di origine farmaceutica presenti nell’acqua potabile sia davvero ridotta, anche l’uomo è esposto al loro inquinamento. Il pericolo maggiore è rappresentato dalla catena alimentare: consumando pesce e altre specie soggette a bioaccumulo, queste sostanze entrano nell’organismo umano.

Sebbene ulteriori studi siano necessari, si sospetta che l’esposizione continua a queste molecole possa:

  • alterare il microbiota intestinale;
  • interferire con il sistema endocrino, danneggiando la fertilità;
  • favorire la resistenza batterica negli umani, rendendo meno efficaci gli antibiotici.

Il problema è più evidente nei Paesi meno sviluppati, dove ampie porzioni della popolazione si approvvigionano direttamente da fiumi e laghi, senza sistemi efficienti di depurazione e potabilizzazione.

Cosa fare per ridurre la contaminazione delle acque

Quando si parla di contaminazione da farmaci, emerge ovviamente una questione etica: non si può rinunciare all’assunzione di medicinali, magari salvavita. Tuttavia, vi sono delle buone pratiche che potrebbero limitarne la loro diffusione:

  • smaltire correttamente i farmaci, portandoli in farmacia o negli appositi centri di raccolta, evitando di gettarli nel WC oppure nell’indifferenziato;
  • preferire un’assunzione responsabile, prendendo farmaci solo quando prescritti dal medico, evitando l’autoprescrizione. In particolare, gli antibiotici non dovrebbero mai essere assunti con leggerezza, proprio poiché sono particolarmente contaminanti e aumentano il rischio di resistenze.

Gli interventi più urgenti devono però essere strutturali, in presenza di una chiara volontà economica e politica di affrontare il problema:

  • adottare normative più stringenti, soprattutto nei Paesi che ne sono ancora sprovvisti, per una produzione che non comporti lo scarico di scarti in acqua;
  • limitare il più possibile l’uso indiscriminato di farmaci negli allevamenti intensivi, spesso impiegati senza un’effettiva necessità, bensì in via preventiva date le condizioni di sovraffollamento poco salubri;
  • spingere all’installazione di sistemi di depurazione di ultima generazione, capaci di trattenere una percentuale maggiore di molecole pericolose.

In definitiva, il problema della contaminazione da farmaci non può essere più ignorato: si rischiano enormi conseguenze, sia per il Pianeta che per l’uomo.

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