Il rischio di dissesto idrogeologico è un problema che coinvolge tutta Italia e che, purtroppo, peggiora con l’avanzata dei cambiamenti climatici. Dopo gli eventi drammatici che hanno nuovamente colpito l’Emilia Romagna, con le incessanti piogge di settembre che hanno portato a estesi allagamenti, è lecito chiedersi quanto davvero si rischi sullo Stivale e se, ancora, vi siano zone più protette dalla possibilità di imbattersi in alluvioni e altre calamità naturali.
A rispondere a questa domanda ci pensa ormai da anni l’ISPRA, con il suo costante monitoraggio del dissesto idrogeologico su tutto il territorio nazionale, ma anche altre istituzioni, come il Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri. Il quadro che ne emerge non è dei più rassicuranti: la nostra nazione è una vera e propria sorvegliata speciale.
I dati sul dissesto idrogeologico italiano
Innanzitutto, cosa si intende per dissesto idrogeologico? Si tratta di quell’insieme di processi – naturali o meno – che portano alla progressiva degradazione del suolo e, di conseguenza, alla distruzione sia degli habitat esistenti che delle costruzioni umane. Frane, slavine, alluvioni e straripamenti sono eventi tipici delle zone colpite da altro dissesto idrogeologico, ma qual è la situazione in Italia?
A fornire una fotografia del nostro territorio è innanzitutto l’ISPRA e, come di recente riportato a Il Sole 24 Ore, non è particolarmente promettente:
- 7 milioni di persone vivono in aree soggette ad alluvione;
- 1.3 milioni di persone vivono in zone a rischio frane;
- 2.1 milioni di edifici sono stati costruiti su aree a medio e alto rischio idrogeologico;
- 727.000 imprese sono sorte in aree a media e alta pericolosità.
Ma come si distribuiscono sul territorio questi dati? Dalle analisi condotte dal Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, Emilia Romagna, Lombardia, Liguria, Veneto, Toscana e Campagna rappresentano le Regioni a più alto rischio di alluvioni e frane. Questo non vuol dire, però, che chi vive in altri luoghi sia protetto da catastrofi alluvionali. Infatti:
- 3 milioni di persone risiedono in Regioni a medio rischio di alluvioni e frane;
- 12.2 milioni di persone risiedono in Regioni a basso rischio che, come sostengono gli esperti, non significa probabilità zero.
Semplificando, non vi sono aree in Italia completamente protette dalla possibilità di imbattersi in alluvioni e allagamenti, anche se la probabilità è più elevata nel Centro-Nord, data la maggiore disponibilità di corsi d’acqua. Le Regioni del Centro-Sud soffrono però di altri problemi connessi sempre al rischio idrogeologico, come la siccità prolungata, gli incendi, i cedimenti strutturali dei terreni e altro ancora.
Le mappe del rischio idrogeologico italiano
È anche vero che, sebbene i dati siano preoccupanti, non è semplice rendersi conto di quanto effettivamente si sia esposti al rischio idrogeologico. Per quanto siano allarmanti i numeri, è difficile immedesimarsi in condizioni pericolose. Proprio per questa ragione, può essere utile consultare delle mappe per comprendere quanto esposta sia la zona in cui si risiede. Ma come fare?
Il servizio IdroGEO di ISPRA
Il modo più semplice per verificare se si vive in zone ad alto rischio idrogeologico, è consultare il comodo servizio IdroGEO dell’ISPRA. Collegandosi all’apposito sito web, è possibile visualizzare su mappa il rischio idrogeologico di tutto lo Stivale o, ancora, di una località specifica, inserendone semplicemente l’indirizzo. La piattaforma fornisce informazioni su:
- l’indice di pericolosità alluvioni;
- l’indice di pericolosità frane.
Nel primo caso, le mappe appariranno colorate in diverse gradazioni dall’azzurro al blu intenso, con gradazioni più intense al crescere della pericolosità. Allo stesso modo, la probabilità di imbattersi in frana è marcata con una scala dal giallo al marrone scuro.
Le zone a maggior rischio di alluvione
Senza troppe sorprese, e come già confermato dai dati già riportati, è il Centro-Nord a essere più esposto al rischio di alluvioni. La motivazione è abbastanza immediata: in questa area dello Stivale vi è la maggiore concentrazione di corsi d’acqua e, fatto non meno importante, una massiccia urbanizzazione, che spesso comporta alterazioni – anche gravi – della capacità naturale del terreno di drenare l’acqua. Ovviamente, queste Regioni sono anche colpite da piogge più frequenti.
È interessante notare che l’area dell’Emilia Romagna è da sempre una delle più esposte, anche per la vicinanza con il delta del Po e i suoi numerosissimi affluenti, ma anche per una forte densità abitativa in queste zone.
Al Sud, invece, ha particolare rilievo la Calabria, che per conformazione geografica – dato il territorio largamente appenninico – e climatica – l’alternanza di un clima molto secco alle correnti cariche di acqua che provengono dal mare – è storicamente molto esposta al rischio alluvioni. Discorso analogo, ma meno grave, in Puglia.
Le zone a maggior rischio frane
Discorso diverso, invece, quello per le frane. Come facile intuire dalla mappa, sono ovviamente più esposte le zone d’Italia dove vi è una presenza montuosa importante, quindi lungo gran parte dell’Arco Alpino, ma anche degli Appennini. Per contro, le zone meno esposte sono quelle della Pianura Padana e della Puglia.
Non bisogna, tuttavia, considerare frane e alluvioni come eventi catastrofici svincolati, perché nella maggior parte dei casi i due fenomeni sono più che collegati. L’incapacità del terreno di assorbire e far defluire l’abbondante acqua piovana, per questioni naturali o dovute all’intervento umano, rendono infatti il terreno meno stabile e friabile, quindi più incline a crolli. Ancora, ad avere enorme peso sono le attività di disboscamento e deforestazione, che privano il suolo di quell’inestimabile sostegno garantito proprio dagli alberi.
In definitiva, sul territorio italiano nessuno è completamente protetto dal rischio idrogeologico e ciò impone non solo una maggiore consapevolezza dei singoli cittadini, ma anche politiche mirate di riduzione delle conseguenze più estreme, sia nella gestione dello stesso territorio che nella cura dell’edilizia. Un proposito che non può essere più rimandato, poiché i cambiamenti climatici rendono questi fenomeni disastrosi sempre più frequenti.
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