Non si può dire che l’olio extravergine d’oliva non sia uno dei cardini della dieta mediterranea: grazie alle sue proprietà organolettiche, garantisce numerosi benefici per la salute. Eppure, non tutti gli extravergine presenti sul mercato sono uguali: tra prodotti qualitativamente elevati, si trovano anche numerose varianti dalle proprietà dubbie. Residui di pesticidi, valori di acidità alterati, profili di gusto e olfattivi poco gradevoli: la moltiplicazione sugli scaffali degli oli a meno di 6 euro, quando in realtà ne dovrebbero costare almeno il doppio, ha effetti sia sui consumatori che sulla reputazione di questo prezioso rappresentante del made in Italy. Ma cosa contiene un olio di bassa qualità e, soprattutto, perché evitarlo?
Cosa si intende per olio extravergine d’oliva
Innanzitutto, è necessario comprendere cosa si intenda per olio extravergine d’oliva. In base al Regolamento CE 2568/91, e alle sue successive modificazioni, questo olio deve essere ottenuto:
- esclusivamente tramite processi meccanici;
- senza l’utilizzo di solventi chimici;
- con un’acidità libera non superiore allo 0,8%;
- senza difetti organolettici, come odori di rancido o fermentato.
Ciò impone che vengano utilizzate olive di altissima qualità, sane, raccolte al momento idoneo della maturazione e lavorate entro poche ore. Inoltre, se l’olio proviene da agricoltura biologica, deve rispettare ulteriori disposizioni, come l’assenza di pesticidi e fertilizzanti. Ma data la difficoltà di ottenere un prodotto così pregiato, è materialmente possibile che gli extravergini “low cost” possano rispettare queste caratteristiche qualitative?
Cosa contengono gli extravergine di bassa qualità
Per comprendere se un olio extravergine a basso prezzo possa comunque essere considerato di qualità sufficiente, è necessario analizzare cosa contenga. Negli ultimi anni sono state condotte diverse analisi su questi prodotti, rivelando una realtà non sempre edificante.
Difetti sensoriali e organolettici
Gli oli extravergini di bassa qualità, quelli offerti sulla grande distribuzione a basso prezzo, presentano spesso dei difetti sensoriali e organolettici. In particolare, i consumatori possono sperimentare sapori come il rancido, un’eccessiva acidità o una tendenza alla fermentazione, risultante dall’impiego di olive non sufficientemente mature o prossime al decadimento, nonché danneggiate o di bassa qualità.
Secondo un’indagine di Altroconsumo, almeno un olio extravergine low cost su tre non supera le valutazioni di sapore e di proprietà organolettiche che questa categoria di prodotto dovrebbe presentare. In particolare, è emerso:
- un ridotto contenuto in polifenoli, che altera non solo il gusto dell’olio, ma anche le sue proprietà benefiche per la salute;
- un’acidità superiore allo 0,8% dichiarato dai produttori;
- altri difetti, come ad esempio una concentrazione di perossidi elevata, indice di un’ossidazione avanzata.
Residui chimici e contaminanti nell’olio
Non è però tutto, perché gli oli di bassa qualità possono anche contenere residui di pesticidi, solventi e fertilizzanti chimici, normalmente derivati da pratiche di coltivazione intensive o, ancora, da ulivi presenti su terreni contaminati.
Regolarmente, l’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e Repressioni delle Frodi (ICQRF) conduce dei controlli a campione su oli etichettati come extravergini, soprattutto se importati da Paesi non-UE, dove le normative di produzione sono meno stringenti.
Olive di provenienza multipla
Una delle caratteristiche fondanti di un olio d’oliva di buona qualità è l’uso di olive dalla medesima provenienza, coltivate in prossimità del frantoio e lavorate poco dopo la raccolta. Un processo che garantisce, oltre a un’uniformità di gusto e di proprietà organolettiche, anche la massima purezza del prodotto.
Tuttavia, gli extravergini proposti a buon mercato spesso contengono olive di provenienza diversa, a volte anche mescolando olive estere e italiane, perdendo così quell’uniformità tanto preziosa per la produzione di un buon olio. Ancora, queste olive possono essere state coltivate seguendo tecniche diverse, su suoli altrettanto differenziati, un fattore che contribuisce a un sapore meno piacevole e alla riduzione delle proprietà nutritive utili per la salute.
Perché evitare un olio extravergine a basso costo
Fatte queste considerazioni, perché ci si dovrebbe astenere dall’acquistare oli extravergini a buon mercato, spesso a meno della metà del prezzo di un prodotto di produzione italiana e di elevata qualità?
Il rischio contraffazione dell’extravergine low cost
Purtroppo, l’olio extravergine d’oliva è tra gli alimenti più soggetti a contraffazione, con pratiche fraudolente che ne compromettono l’autenticità, allo scopo di venderlo a basso costo. Può infatti accadere che oli di oliva di qualità inferiore, o di altro genere – come quelli di semi – vengano mescolati fra di loro per ridurre la porzione di extravergine effettivamente presente, senza però modificare i requisiti di legge sull’acidità.
Ancora, può succedere che questi oli inferiori vengano rettificati, con sostanze come clorofilla o betacarotene, per offrire a palati poco esperti una sensazione simile all’extravergine, rispettando apparentemente i parametri di legge.
Non si deve pensare che si tratti di casi rari o episodici: regolarmente le autorità conducono sequestri e arresti, a seguito di analisi chimiche e organolettiche su prodotti non conformi. Ad esempio, nel 2015 ben sette brand sono stati accusati di frode a seguito di analisi chimiche e organolettiche condotte dai NAS, mentre nel 2014 sempre i NAS hanno sequestrato ben 71 tonnellate di sostanze oleose non conformi scovate in Puglia, di cui 42 risultavano già pronte per la vendita come extravergine.
Per evitare di imbattersi in oli contraffatti, è innanzitutto utile comprare olio extravergine di alta qualità, preferibilmente dai produttori: in questo modo ci si abitua al gusto e, di conseguenza, sarà più facile riconoscere prodotti che non presentano le medesime caratteristiche. E prestare sempre attenzione al prezzo: difficilmente un buon olio costerà meno di 12 euro al litro, massimo 10 se si ha la possibilità di comprarlo direttamente dal produttore.
L’impatto sulla salute
Innanzitutto, è necessario sottolineare che gli oli di bassa qualità contengono meno proprietà nutritive utili per la salute, data la scarsità di polifenoli e altri composti, come gli acidi grassi monoinsaturi, i principali responsabili della protezione dell’apparato cardiocircolatorio.
Diversi studi hanno dimostrato che, affinché si possa effettivamente beneficiare dei vantaggi dell’olio d’oliva, il prodotto deve essere di alta qualità: i low cost non apportano particolari benefici per l’organismo, tanto da essere equiparabili ad altri prodotti, come ad esempio l’olio di semi.
La questione ambientale
Ancora, evitare l’acquisto di un olio di bassa qualità significa anche proteggere l’ambiente. Per poter essere proposti a buon mercato sulla grande distribuzione, la produzione di questi oli non può che avvenire con pratiche agricole intensive, che comportano un elevato utilizzo di pesticidi e fertilizzanti, nonché sfruttamento del suolo e dei lavoratori.
Per questa ragione, sarebbe utile scegliere solo oli provenienti da agricoltura biologica o, ancora, certificati con le denominazioni DOP e IGP.
La protezione del valore gastronomico e delle economie locali
Infine, privilegiare extravergini pregiati significa anche proteggere il valore gastronomico della cucina italiana, tramite un prodotto caratterizzato per il giusto equilibrio tra gusto, sensazioni olfattive e proprietà nutrizionali.
Inoltre, evitare gli oli low cost permette di proteggere tante realtà produttive italiane, spesso di piccole dimensioni, che rappresentano i custodi di un sapere contadino antichissimo, non minimamente paragonabile alla produzione intensiva.
In definitiva, quando si nota al supermercato un olio extravergine proposto a pochi euro, è meglio evitare: ci si ritroverà con un prodotto di bassa qualità, ad alto impatto sull’ambiente e dal gusto ben poco gradevole.
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