Punto di vista

Perché i fenomeni atmosferici estremi stanno aumentando


Tessa Gelisio, fenomeni atmosferici estremi

Piogge torrenziali alternate a periodi di caldo torrido e siccità, passando dalle alluvioni agli incendi senza soluzione di continuità: perché i fenomeni atmosferici estremi stanno aumentando? È una domanda che soprattutto noi italiani dovremmo porci, dopo un biennio caratterizzato dai drammatici allagamenti in Emilia Romagna e all’ormai endemica mancanza di acqua in Sicilia, per non parlare delle recenti piogge torrenziali in Toscana. Certo, non si può dire che la scienza non ci abbia avvisato in tempo sui cambiamenti climatici, ma quali sono le ragioni alla base di questo turbinio atmosferico?

Dall’emissione ormai insostenibile di CO2 al surriscaldamento degli oceani, passando per le modifiche alle correnti oceaniche, come La Niña e El Niño: le ragioni sono molteplici. E, alla base, c’è sempre l’azione scellerata dell’uomo.

Il ruolo delle emissioni di CO2

Fenomeni estremi e CO2

Per comprendere perché i fenomeni atmosferici estremi si stiano facendo sempre più estremi, bisogna innanzitutto partire dall’aumento delle emissioni di CO2 in atmosfera. Il sesto rapporto dell’IPCC sui cambiamenti climatici, d’altronde, ha proprio evidenziato il ruolo dei gas climalteranti nel modificare i fenomeni atmosferici.

La crescita delle concentrazioni di CO2 in atmosfera porta innanzitutto all’aumento delle temperature medie del Pianeta, di 1,1 gradi centigradi rispetto all’era preindustriale al momento della pubblicazione dell’IPCC, oggi già a 1,5 gradi. Ciò comporta:

  • un’atmosfera che trattiene più vapore acqueo, anche del 7% in più, aumentando conseguentemente il numero e l’intensità delle precipitazioni;
  • una maggiore probabilità di sviluppare correnti calde, tali da aumentare notevolmente le temperature al suolo e favorire fenomeni come gli incendi spontanei.

Proprio l’aumento delle emissioni di CO2 – circa 36,8 miliardi di tonnellate all’anno, secondo i dati IEA – ha innalzato di 30 volte il rischio di ondate di calore e di alluvioni, così come confermato da uno studio condotto in India e in Pakistan.

Surriscaldamento degli oceani e modifica delle correnti

Modifiche climatiche degli oceani

La prima conseguenza dell’aumento delle concentrazioni di CO2 in atmosfera è l’innalzamento delle temperature oceaniche. Gli oceani assorbono infatti circa il 90% del calore in eccesso generato proprio dai gas climalteranti e, in questo processo, accrescono le loro temperature medie.

Le acque più calde degli oceani portano a una maggiore frequenza non solo delle tempeste tropicali, ma anche degli uragani. Secondo uno studio NOAA pubblicato nel 2020, e aggiornato nel 2024, il surriscaldamento degli oceani ha aumentato sensibilmente la probabilità di imbattersi in uragani di categoria 4 e 5, anche in zone del mondo normalmente non colpite da questi fenomeni atmosferici.

Non è però tutto: il jet stream artico – ovvero le correnti veloci d’aria ad alta quota, che influenzano le temperature in tutto il mondo – si sta facendo sempre più instabile. A causa del surriscaldamento del Polo Nord, e allo scioglimento dei ghiacci artici – oltre il 40%, dal 1979 a oggi – si indebolisce la varianza termica media tra le temperature polari e quelle tropicali, comportando acque oceaniche sempre più calde. Ciò genera un jet stream non più uniforme, ma “ondulato” – ovvero di intensità variabile – che determina una persistenza di certi fenomeni atmosferici in alcune regioni del Globo, come ad esempio piogge torrenziali che perdurano per mesi o, ancora, siccità senza soluzione.

Le conseguenze dello scioglimento dei ghiacci sull’oceano

Scioglimento dei ghiacci e fenomeni estremi

Non bisogna dimenticare, inoltre, che nel peggiorare le condizioni oceaniche vi è anche lo scioglimento dei ghiacci. Come già spiegato, l’Artico ha perso dal 1979 il 40% dei suoi ghiacci invernali, comportando un riversamento di miliardi di litri d’acqua negli oceani e un’alterazione dei ritmi delle correnti.

Secondo una recente ricerca, la fusione dei ghiacciai della Groenlandia, con la perdita di oltre 4.700 tonnellate di ghiaccio dal 2002 a oggi, avrebbe contribuito a esacerbare le condizioni atmosferiche globali, in particolare rendendo ancora più grave l’uragano Sandy del 2012.

Le modifiche alle correnti oceaniche El Niño e La Niña

Fenomeni climatici estremi e uragani

Non si può parlare del ruolo degli oceani sui fenomeni atmosferici estremi, senza citare le modifiche che si stanno verificando su due delle correnti oceaniche più rilevanti per il Pianeta, ovvero El Niño e La Niña:

  • il primo provoca un forte surriscaldamento delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico Meridionale e Orientale, soprattutto nei mesi di dicembre e gennaio, con un ciclo che dura all’incirca 5 anni;
  • la seconda è il fenomeno diametralmente opposto, sempre con un ciclo di 5 anni, che porta al raffreddamento delle temperature oceaniche nella medesima area.

Queste due correnti hanno effetti importanti su tutto il Pianeta, tanto che El Niño può determinare grandi precipitazioni nei pressi dei luoghi d’origine e, per contro, enorme siccità a distanza. Negli ultimi anni, così come dimostra un recente studio sulle tendenze di queste correnti nel pre e nel post-1970, sia El Niño che La Niña sono diventati non solo sempre più instabili, ma sempre più spostati nel Pacifico Settentrionale, comportando un aumento importante di tempeste, uragani e ondate di caldo insopportabili. Ad esempio, ultimamente La Niña è estremamente debole, tanto da non riuscire a raffreddare le temperature dell’emisfero settentrionale del Pianeta, determinando nel 2025 il gennaio più caldo di sempre.

Il circolo vizioso: da conseguenze a nuovi problemi

Incendi e foreste

Sebbene l’aumento delle concentrazioni di CO2 in atmosfera, unito al surriscaldamento degli oceani, rappresenti la principale causa dei fenomeni atmosferici estremi, vi è un altro problema da considerare. Le conseguenze diventano a loro volta nuovi problemi, in un vero e proprio circolo vizioso.

Si pensi, ad esempio, al fenomeno degli incendi. Incentivati dai fenomeni precedentemente elencati, a loro volta contribuiscono a rendere la situazione ancora più grave: basti pensare che gli incendi che hanno coinvolto l’Australia nel 2020, fra i più estremi della storia, hanno emesso in atmosfera 715 milioni di tonnellate di CO2, andando ulteriormente a peggiorare la situazione mondiale.

In definitiva, i fenomeni atmosferici gravi sono dovuti alle alterazioni che l’uomo ha causato sul clima, in particolare con l’emissione di gas inquinanti che, giocoforza, hanno innalzato le temperature sia degli oceani che del suolo.

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