Piantare alberi salverà il Pianeta dai terribili effetti dei cambiamenti climatici in corso? Si tratta di un quesito complesso, a cui gli scienziati cercano di dare risposta da qualche decennio. Perché, nonostante in linea generale piantare nuovi alberi sia assolutamente utile al benessere degli ecosistemi, bisogna farlo con criterio: il rischio, infatti, è quello di alterare la biodiversità anziché sorreggerla.
Ma quali sono i grandi piani di riforestazione effettuati fino a oggi, quali gli obiettivi di aumentare il numero di piante e, soprattutto, quali i limiti?
Piantare alberi è utile al Pianeta?
Non è di certo un segreto: gli alberi sono indispensabili per la vita sulla Terra. Insieme agli oceani, sono degli straordinari alleati non solo per produrre l’ossigeno di cui gli animali e l’uomo hanno bisogno, ma anche per assorbire CO2 e altri inquinanti.
Non solo, perché le piante sono indispensabili anche per rendere il suolo più fertile, per filtrare e depurare l’acqua, nonché per ridurre il rischio idrogeologico limitando frane e smottamenti. Perché, allora, non piantarne il più possibile? Perché non è così semplice come può sembrare.
I benefici della riforestazione del Pianeta
Innanzitutto, partiamo da una certezza: le azioni di forestazione hanno numerosi benefici per il Pianeta, dimostrati da diversi studi scientifici. Certo, la riforestazione non si può improvvisare, perché bisogna prestare attenzione a preservare la biodiversità, ma sulla sua utilità non vi sono grandi dubbi. Ma quali sono i vantaggi di piantare nuovi alberi?
Ridurre i livelli di inquinamento
Tutti conoscono l’utilità degli alberi nel produrre ossigeno, indispensabile alla gran parte delle forme di vita presenti sulla Terra. Nonostante questo, non tutti sanno valutare l’utilità delle piante nel ridurre i livelli d’inquinamento, non solo in termini di CO2.
Certo, oggi le elevate concentrazioni di CO2 rappresentano la principale minaccia per la sopravvivenza del Pianeta: con oltre 418 ppm registrati a fine 2023, ben oltre alla soglia d’allarme di 400, l’anidride carbonica in eccesso accelera il cambiamento climatico. Naturalmente, gli alberi ci possono assolutamente aiutare a ridurne la quantità libera in atmosfera, proprio poiché assorbono la CO2 per i loro processi vitali.
Ma non è tutto: le piante sono indispensabili anche per rimuovere altri inquinanti, come ad esempio il biossido di azoto, un vero e proprio killer: una delle principali cause di problemi respiratori e connesse patologie tumorali. Uno studio condotto nel 2019, ad esempio, ha dimostrato che ripopolare la vegetazione urbana, in particolare in quelle città vicine ad aree desertiche e quindi poco verdi, può aiutare a ridurre di 70 volte i livelli di pericolosi inquinanti in atmosfera.
Sostenere la biodiversità, anche nei centri urbani
La riforestazione è inoltre importante per sostenere la biodiversità, in particolare per la sopravvivenza di diverse specie animali, alcune delle quali già a rischio di estinzione. Basti pensare che una sola quercia può fornire nutrimento a oltre 2.300 specie diverse, in particolare uccelli e insetti.
Ad esempio, le cosiddette Tiny Forest – le piccole foreste di piante native che sempre più di frequente vengono implementate nei centri urbani del Nord Europa – hanno portato numerosi vantaggi alla biodiversità. Bastano infatti 600 alberi, su una superficie di 200 metri quadrati, per permettere a oltre 500 specie animali di riavvicinarsi alla città, con una biodiversità che diventa autosufficiente in meno di tre anni. E se si pensa che ogni singolo albero cattura 250 chilogrammi di CO2 all’albero, è facile capire perché si dovrebbero creare centinaia di Tiny Forest in tutto il mondo.
Un altro studio, pubblicato su Nature Climate Change, ha invece evidenziato come un mix sapiente di riforestazione e crescita naturale potrebbe rimuovere dall’atmosfera ben 31.4 miliardi di tonnellate di CO2 in atmosfera, nel giro di 30 anni.
Gli alberi contro il dissesto idrogeologico
La deforestazione forsennata e l’urbanizzazione senza limiti hanno portato a peggiorare le condizioni del suolo, tanto che la maggior parte dei Paesi industrializzati si trovano oggi a dover fare i conti contro il dissesto idrogeologico. Piantare alberi, insieme ad altre azioni strutturali di ripristino, può però limitare fortemente questo fenomeno.
Una ricerca condotta nel 2024, ad esempio, ha confermato l’importanza degli alberi e della bassa vegetazione contro il rischio frane, smottamenti e alluvioni:
- le radici dei grandi alberi sono indispensabili per ridurre il rischio di frane, poiché ancorano il terreno e i massi alla parete dei rilievi, come colline o montagne;
la bassa vegetazione, come ad esempio l’erba e il sottobosco, facilitano lo scorrimento e l’assorbimento dell’acqua e, in più, limitano l’erosione in superficie.
Rallentare il cambiamento climatico
Non è però tutto, poiché gli alberi potrebbero essere anche efficaci nel rallentare il cambiamento climatico, anche se non possono essere l’unica soluzione. Ad esempio, uno studio del 2019, ripreso dalla NASA, ha evidenziato che:
- aumentare del 25% le aree forestali del Pianeta, tornando sostanzialmente ai livelli degli anni ‘50 e ‘60, potrebbe rallentare il surriscaldamento globale, riducendo la temperatura a livello globale grazie a una minore concentrazione di CO2. È un obiettivo però difficile, perché abbiamo occupato gran parte del Pianeta, non lasciando grande spazio per nuove foreste;
- se si riuscisse a piantare il 25% di alberi in più rispetto a quanti disponibili oggi, si ridurrebbero le emissioni di anidride carbonica di ben 205 gigatonnellate.
A questo si aggiungono i benefici anche per i cambiamenti climatici nei centri più urbanizzati, poiché gli alberi aiutano a combattere il caldo che solitamente si accumula su cemento e asfalto, ovvero riducendo il fenomeno delle isole di calore.
I limiti del piantare nuovi alberi
Purtroppo, non è oro tutto quello che luccica. La riforestazione non può essere indiscriminata, ma deve essere sempre eseguita con criterio, poiché si rischia altrimenti di ottenerne vantaggi anziché benefici. Questo perché è necessario:
- rispettare la biodiversità, evitando mono-piantagioni o, ancora, il ricorso a piante non autoctone;
- prestare attenzione al rischio BVOC. Diverse specie di piante producono dei composti organici volatili, innocui per l’uomo, che tuttavia si possono legale con gli inquinanti già presenti in atmosfera, come il biossido di azoto. L’esito di queste unioni è la produzione di ozono: utile negli alti strati dell’atmosfera, a livello del suolo è un potentissimo inquinante.
Inoltre, è necessario ricordare che la riforestazione rappresenta solo una parte del lavoro da compiere per salvare il Pianeta. È indispensabile anche agire sull’eliminazione dei combustibili fossili – responsabili di 37 miliardi di tonnellate di CO2 rilasciate ogni anno in atmosfera, più altri inquinanti: da sola, la riforestazione non è sufficiente a compensare simili livelli.
Le storie di successo: le grandi riforestazioni
Ma quali sono le grandi riforestazioni della storia? Tra le più note, vale la pena di citare:
- la Grande Muraglia Verde in Cina, un progetto iniziato nel 1978 per creare una cintura verde di oltre 4.500 chilometri attorno al deserto del Gobi, allo scopo di ridurre la desertificazione e favorire la biodiversità;
- la Billion Tree Campaign dell’UNEP, avviata nel 2016 con l’obiettivo di piantare un miliardo di nuovi alberi, traguardo raggiunto in un anno. Ora si punta ai 7 miliardi di alberi;
- la Green Legacy in Etiopia, un enorme progetto che in un solo giorno ha piantato 350 milioni di alberi, all’interno di un piano di riforestazione decennale da 4 miliardi di piante;
- la Grande Riforestazione in India, con l’obiettivo di aumentare del 33% la copertura forestale del Paese, nel giro di qualche decennio. Nel 2016, nello stato dell’Uttar Pradesh sono stati piantati 50 milioni di alberi in 24 ore.
In definitiva, piantare alberi è indispensabile per salvare il Pianeta. Bisogna però farlo con criterio e, naturalmente, non può essere l’unica azione da intraprendere contro i cambiamenti climatici, perché non basterebbe.
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