Quanti zuccheri sono davvero presenti nei prodotti confezionati? Se si pensa di poter trovare una risposta chiara e definitiva in etichetta, si sbaglia di grosso. Ebbene sì: spesso i prodotti confezionati contengono una grande quantità di zuccheri nascosti, non facilmente identificabili dalla lista degli ingredienti, anche perché riportati con le più svariate definizioni. E così il consumatore, convinto di aver acquistato un alimento a ridotto contenuto di zucchero, si ritrova invece a consumarne molto più del necessario. Ma come fare, come scovare questi nemici della nostra salute, ben mimetizzati in etichetta?
Tanti nomi alternativi per gli zuccheri alimentari
Anche i consumatori più attenti possono cadere nella trappola degli zuccheri nascosti, ovvero quelli aggiunti dai produttori oltre alla porzione naturalmente presente nelle materie prime. È quello che sostiene l’Università di Harvard, nel rilevare la presenza di almeno 60 termini diversi per segnalarli in etichetta. Una vera e propria giungla di definizioni in cui è facile perdersi, tanto che nella maggior parte dei casi questi zuccheri non vengono nemmeno notati o, ancora, confusi con altri ingredienti più salutari.
Ovviamente, riportare tutti i sinonimi che vengono stampati sulle confezioni non è semplice, tuttavia si possono segnalare i più frequenti:
- lo sciroppo di glucosio, un dolcificante derivato dall’amido, molto comune per snack e bibite zuccherate;
- il maltosio, estratto dai cereali, utilizzato soprattutto nei prodotti da forno e per le birre;
- il fruttosio, comunissimo nelle bevande zuccherate, indicato in etichetta anche come “sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio” o, ancora, semplicemente dalla sigla HFCS;
- il destrosio, uno zucchero semplice sempre ricavato dal mais, diffuso in una grande varietà di prodotti alimentari industriali;
- lo sciroppo d’acero, la melassa e il miele che, pur trattandosi di dolcificanti naturali, rappresentano comunque degli zuccheri aggiunti.
Vi possono poi essere dei dolcificanti artificiali che, per quanto tendano a non aumentare l’apporto calorico dell’alimento né agiscano a livello metabolico come i classici zuccheri, possono avere altre conseguenze per la salute. I più comuni sono l’aspartame, la saccarina, la taumatina, il ciclammato, la neosperidina e l’acelsulfame.
È utile sottolineare che il classico zucchero da tavola, quello che ingenuamente si pensa sia l’unico utilizzato nei cibi industriali, è segnalato in etichetta come saccarosio. Di conseguenza, quando si vuole comprendere quanto zucchero abbia davvero un alimento, non bisogna controllare solo la presenza di questa definizione: ve ne potrebbero essere altre tipologie, anche in grandi quantità.
Tra zuccheri aggiunti e carenze normative
Proprio poiché le definizioni per gli zuccheri sono molteplici – oltre 60, come già visto – identificarli in etichetta è tutto fuorché semplice. E così il consumatore rimane confuso sulla quantità effettiva di zuccheri naturali – ovvero quelli contenuti nelle materie prime, come ad esempio la frutta – e quelli invece aggiunti in fase di produzione, per rendere l’alimento più appetibile.
Purtroppo, le normative in vigore non aiutano a raggiungere una sufficiente chiarezza. Mentre negli Stati Uniti la FDA richiede che la quantità di zuccheri aggiunti sia esplicitata sulla confezione, le normative europee – come il Regolamento UE 1169/2011 – prevedono un approccio diverso. I produttori hanno infatti l’obbligo di dichiarare la quantità totale di zuccheri presenti all’interno della tabella nutrizionale, in 100 g/ml, ma non di separare quelli naturali da quelli aggiunti. A meno che il produttore non decida di farlo autonomamente, in etichetta si ritroverà quindi solo il totale.
Sebbene in Europa si stiano facendo degli ottimi progressi in questo senso – ad esempio, con la futura adozione di “etichette parlanti”, se verranno approvati sistemi come il Nutri-Score – al momento l’unico intervento rilevante ha riguardato i succhi di frutta: il regolamento UE 1021/2023 ne vieta infatti l’aggiunta in questa tipologia di prodotti.
In Italia, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy sta promuovendo l’adozione della NutrInform Battery – una serie di etichette grafiche che mostrano la porzione dei vari elementi nutritivi presenti nei prodotti, tra cui gli zuccheri aggiunti – ma al momento l’adesione da parte dei produttori rimane facoltativa.
L’impatto sulla salute degli zuccheri nascosti
Eppure, comprendere la quantità di zuccheri aggiunti presente nei cibi è di fondamentale importanza, poiché possono avere conseguenze rilevanti sulla salute. Ad esempio, l’OMS consiglia di non superare il 10% di zuccheri aggiunti all’interno dell’apporto calorico quotidiano, con la quota del 5% considerata come ideale.
Tra i rischi principali per la salute di un consumo eccessivo di zuccheri, proprio poiché spesso sono nascosti, si identificano:
- sovrappeso e obesità;
- malattie cardiovascolari;
- diabete di tipo 2;
- aumento del rischio per alcune patologie tumorali;
- sindromi infiammatorie croniche;
- sindromi allergiche croniche;
- intolleranze alimentari;
- problemi dentali.
La difficoltà nell’identificare gli zuccheri nascosti non fanno altro che aumentare le chance di soffrire di patologie anche gravi: basti pensare che quelli disciolti in acqua, come nelle bibite gassate, sono a rapidissimo assorbimento per l’organismo.
Come limitare l’assunzione di zuccheri aggiunti
Ma come difendersi dalla minaccia degli zuccheri nascosti, se così difficili da scovare sulle etichette? Oltre ad adottare un regime alimentare sano ed equilibrato, basato sul modello della dieta mediterranea, vi sono alcune strategie che possono ridurre il rischio:
- leggere comunque a fondo le etichette, cercando di identificare i più comuni zuccheri nascosti e, ancora, preferendo produttori che spontaneamente esplicitano la loro presenza;
- preferire prodotti che presentano l’indicazione “senza zuccheri aggiunti”, prestando però attenzione non vengano usati dolcificanti artificiali, come l’aspartame;
- scegliere alimenti integrali che, oltre ad avere una porzione di zucchero inferiore, ne limitano l’assorbimento data l’elevata presenza di fibre;
- eliminare le bevande zuccherate, preferendo prodotti più naturali, come ad esempio estratti e centrifugati, succhi di frutta o infusi;
- cucinare il più possibile a casa, così da escludere il rischio di zuccheri aggiunti e regolarne in autonomia le quantità.
In definitiva, le etichette e le normative vigenti non sempre ci aiutano a scovare gli zuccheri aggiunti e, così, rischiamo di consumarne quantità maggiori rispetto a quanto erroneamente ritenuto. Una dieta sana, e perlopiù domestica, aiuta a limitarne fortemente l’impatto sulla salute.
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