I numeri del 2018 sui principali problemi ambientali, confrontati con gli scorsi anni
Forse è ancora presto per un bilancio del 2018, ma ora che l’estate sta (purtroppo) finendo, possiamo fare un quadro della situazione su clima, ambiente e inquinamento, soprattutto in mare, in questi mesi.
Il clima in estate sta a cuore a molti, chi spera non ci siano burrasche proprio durante le vacanze e chi invece si augura che non si ripeta più il caldo torrido dello scorso anno; ma previsioni meteo a parte, i problemi ambientali interessano davvero gli italiani. Da una ricerca ISTAT, tema Ambiente ed Energia, ho scoperto che più della metà della popolazione è preoccupata da alcuni problemi ambientali: inquinamento, cambiamenti climatici e rifiuti sono in testa.
Perciò ho raccolto tutte le ultime notizie dalle fonti più autorevoli, i numerosi dossier di Legambiente, l’Annuario dei dati ambientali di ISPRA, le misurazioni delle agenzie metereologiche americane, e ho preparato un quadro sullo stato di salute dell’ambiente in Italia in questa estate 2018.
Sarà meglio o peggio rispetto agli anni precedenti?
1) ITALIA SEMPRE MAGLIA NERA D’EUROPA PER LO SMOG
Foto: www.meteoweb.eu
Leggendo il dossier “Mal’Aria 2018” di Legambiente, si scopre che il 92% degli italiani si dichiara preoccupato per la qualità dell’aria, contro il 72% dello scorso novembre. Ma sarà aumentato anche lo smog? L’indagine, che monitora l’inquinamento dei 96 capoluoghi di provincia, nel 2017 denunciava 33 città per aver superato i livelli raccomandati dall’OMS: nel dossier 2018, le “fuorilegge” sono salite a 39, con la Pianura Padana sempre in testa. E non pensate che i limiti vengano sforati di poco, perché su 39 città, 24 avevano livelli di inquinanti oltre il doppio di quelli consentiti.
Non stupiamoci quindi che l’Italia abbia la maglia nera d’Europa per lo smog, causa di oltre 90.000 morti premature l’anno; gli inquinanti più pericolosi infatti sono le polveri sottili (PM10 e PM2,5), classificate come certamente cancerogene da IARC, e il Biossido di azoto, un gas irritante per le vie aeree, associato a un aumento di mortalità per malattie respiratorie e cardiovascolari.
La minaccia però non proviene solo dai tubi di scappamento delle auto, ma anche dai fertilizzanti chimici utilizzati in agricoltura e a sistemi di riscaldamento non efficienti; bisogna quindi impegnarsi a ridurre tutti gli inquinanti, preferendo i mezzi pubblici o sostituendo l’auto con una ibrida o elettrica, ma anche rinnovare gli impianti di riscaldamento delle case.
2) EMISSIONI DI CO2, UN NUOVO RECORD
Foto: www.ecquologia.com
Anche su questo fronte purtroppo le notizie non sono rincuoranti. Se gli ultimi anni avevano visto una piccola decrescita (probabilmente frutto della crisi economica), dal 2015 la concentrazione media globale di CO2 in atmosfera segna ogni anno un nuovo record; quell’anno viene ricordato come il primo in cui si raggiunse la soglia delle 400 parti per milione, avvenuta fino a quel momento in qualche mese dell’anno e in qualche luogo, ma mai come media per l’intero anno. Nuovo “traguardo” nel 2016, quando la concentrazione è arrivata a 403,3 ppm, e nuovamente nel 2017, con 405 ppm.
Non abbiamo ancora la media di tutto il 2018, ma di questi primi mesi sì: secondo i dati dell’Osservatorio del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), a giugno abbiamo superato le 410 ppm. Da che mondo è mondo, la CO2 non è mai stata così alta e le conseguenze ormai le conosciamo bene, ondate di calore, malattie respiratorie, fenomeni climatici estremi. Secondo gli scienziati, di questo passo in 20 anni supereremo le 450 ppm; pensate che 550 ppm potrebbero far aumentare la temperatura media globale di 6° rispetto all’era preindustriale, ovvero 4° in più oltre il limite da non superare secondo gli Accordi di Parigi. Aiuto…
3) CLIMA: ESTATE 2018 MENO CALDA, MA…
Foto: www.greenme.it
A questo proposito, la temperatura media globale è un altro valore che vediamo sempre crescere in questi ultimi anni. Dopo un 2017 bollente, al secondo posto nella classifica degli anni più caldi con + 1,20° (il primo spetta al 2016, con 1,35° in più), molti temevano questo 2018; per ora abbiamo misurazioni parziali, relative ai primi mesi dell’anno, ma sappiamo che la primavera è stata la terza più calda di sempre con + 0,86°. Luglio invece è stato segnato da temperature da record in Canada e Stati Uniti, con picchi di 47° in California, che ha fatto scoppiare più di 60 incendi, ma anche nell’Europa del nord (33° in Scandinavia) e al Circolo Polare Artico (30°). Non sono mancate poi le tempeste e le alluvioni, degne di nota quelle che hanno flagellato il Giappone e hanno causato 179 vittime e 10mila sfollati.
E in Italia? La media del 2017 è stata più alta di quella mondiale (+ 1,30°), con ondate di calore lunghe ed intense che non hanno risparmiato nessuna regione, temperature degne del deserto del Sahara che in Sicilia hanno superato i 45° e allarme siccità, alternata a precipitazioni intense che per Coldiretti hanno provocato quasi 1 miliardo di danni al settore agroalimentare. Per il 2018, gli ultimi aggiornamenti sono relativi al mese di maggio, al quarto posto tra i più caldi di sempre con + 0,80°; giugno è stato pur sempre caldo, ma verrà ricordato come il secondo più piovoso degli ultimi 60 anni. L’alternanza fra caldo e nubifragi crea un altro fenomeno che sta preoccupando gli esperti, ovvero i tornado: secondo i ricercatori del Cnr, sono almeno 100 quelli che colpiscono il nostro Paese ogni anno, e in alcune zone per frequenza e intensità sono paragonabili a quelli degli Stati Uniti.
4) CONSUMO DI SUOLO E SPIAGGE CHE SCOMPAIONO
Foto: roma.fanpage.it
Proprio gli eventi climatici estremi, come siccità e alluvioni, sono tra le cause del dissesto idrogeologico, ovvero i fenomeni che portano alla degradazione e alla fragilità del suolo, di cui purtroppo ci si ricorda solo quando la terra ci crolla letteralmente sotto i piedi provocando quelle tragedia di cui leggiamo sempre più spesso sulle pagine dei giornali. ISPRA ha aggiornato la lista delle aree a rischio idrogeologico, che quest’anno sono salite dall’88% al 91% dei comuni italiani: più di 3 milioni di famiglie, oltre agli edifici pubblici e la maggior parte dei nostri beni culturali, si trovano in luoghi pericolosi perché soggetti a frane e alluvioni. Al clima impazzito, si aggiunge il consumo di suolo ad aumentare la fragilità del territorio; la cementificazione in Italia prosegue senza sosta: secondo l’ultimo Rapporto sul Consumo di Suolo in Italia di ISPRA, negli ultimi 365 giorni abbiamo perso 52 km2 di superficie naturale. Per capirci, come se durante quest’anno si fosse costruita una piazza Navona ogni due ore.
E non dimentichiamo l’erosione costiera, un fenomeno di per sé naturale ma accelerato dalle attività umane come deviazione dei fiumi e costruzione di porti o stabilimenti balneari, ma anche dai cambiamenti climatici con l’aumento delle temperature e il conseguente innalzamento dei mari per lo scioglimento dei ghiacciai. L’Italia ha circa 8.000 km di coste, sabbiose o rocciose, e quasi tutti i litorali da un anno all’altro si accorciano; è stata particolarmente critica la situazione a Fregene, con l’acqua che a marzo è arrivata alle cabine, “mangiando” i 100 metri di arenile che c’erano fino a pochi anni fa.
E rischia di non essere un caso isolato: l’ENEA quest’anno ha individuato 7 nuove aree costiere a rischio inondazione nei prossimi anni, che diventano così 20 in tutto.
5) RIFIUTI IN MARE
Foto: www.informazioneambiente.it
E a proposito di mare, non è molto positivo il bilancio 2018 di Goletta Verde, la campagna di Legambiente per monitorare le acque al largo delle nostre coste: quasi la metà dei campioni prelevati, il 48%, è risultato fuori legge per gli alti livelli di inquinamento, l’8% in più rispetto la scorsa estate. Il grosso problema del nostro Paese restano sempre i depuratori, spesso assenti o non a norma, che quest’anno ci sono costati 25 milioni di euro come multa della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Se questa è la situazione in mare, non va meglio sulle spiagge. All’interno dell’indagine Beach Litter, sempre Legambiente ha effettuato dei controlli sugli arenili italiani: su 78 spiagge, sono stati trovati in media 620 rifiuti ogni 100 metri. Leggermente meglio rispetto ai dati di Beach Litter 2017, con 670 rifiuti ogni 100 metri, ma non c’è da essere troppo sollevati perché è come se incontrassimo quattro rifiuti per ogni passo che facciamo nella sabbia! Manco a dirlo, la plastica la fa da padrone, rappresentando l’80% dei materiali trovati.
La plastica è una piaga che affligge anche il mare, tanto che quest’anno è stata il tema della Giornata mondiale dell’ambiente. È negli oceani che finisce la maggior parte della plastica prodotta: pensate che è stato trovato un sacchetto anche nella Fossa delle Marianne, l’abisso più profondo del pianeta!
I rifiuti di plastica in mare sono, per gli esperti, un’emergenza mondiale perché non si degradano, al massimo si scompongono in frammenti minuscoli ancora più pericolosi (presto approfondiremo il problema delle microplastiche!).
Avrei voluto darvi qualche buona notizia, ma non disperiamo: alla fine del 2018 mancano ancora quattro mesi, se ci impegniamo tutti siamo ancora in tempo a chiudere l’anno in maniera più positiva!
Foto copertina: www.voglioviverecosi.com
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