Sarà finalmente possibile bandire l’erbicida che avvelena il Pianeta?
Lo chiamano erbicida totale ed è il diserbante più utilizzato in agricoltura dagli anni Settanta, ma anche il più controverso, fonte di continue – e giustificate – preoccupazioni in tutto il mondo.
E’ il glifosato, un composto chimico ad alte potenzialità tossiche la cui produzione è divenuta libera dopo la scadenza del brevetto di proprietà della Monsanto.
In grado di contaminare quasi tutto, il cibo come l’acqua potabile, il suolo come i prodotti agricoli, il glifosato è stato classificato come potenzialmente cancerogeno per gli esseri umani e sicuramente cancerogeno per gli animali dalla IARC (International Agency for Research on Cancer).
E’ stato, però, assolto dalla EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) che, va detto per dovere di cronaca, si è basata unicamente su studi commissionati dalle stesse aziende produttrici del micidiale erbicida. Il dubbio di un’analisi di parte diventa più che ragionevole…
Non solo per l’agricoltura. Il glifosato è ampiamente usato anche per eradicare le piante infestanti da giardini privati, parchi pubblici, marciapiedi e margini stradali, oltre che per produrre molti prodotti per il giardinaggio. Ma qual è la situazione attuale e quali provvedimenti sono stati presi a livello europeo per difendere l’ambiente e la nostra salute?
L’Unione Europea non si è ancora convinta a sospendere l’autorizzazione, mentre i singoli Paesi stanno agendo autonomamente: la Germania ha annunciato l’intenzione di mettere al bando il discusso erbicida entro il 2023, mentre la Francia e la Svezia si sono già mosse in questa direzione vietando molti prodotti chimici a base di glifosato, in particolare quelli di uso domestico e urbano. Nessuna preoccupazione, invece, nei Paesi dell’Est Europa, dove il diserbante resta in cima alla classifica dei composti chimici più usati.
Nel nostro Paese si parla da tempo del legame tra cancro e glifosato, tanto che nel 2016 sono stati emanati diversi decreti del Ministero della Salute che dispongono la revoca dell’autorizzazione all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva Glifosate, vietandone in modo particolare l’utilizzo nelle aree urbane (parchi, strade, ferrovie, etc). Normative poi, purtroppo, sospese poichè subordinate alle decisioni della Comunità Europea, che continua invece a rinnovare l’approvazione all’uso del glifosato.
Incerte anche le normative italiane riguardanti l’importazione di prodotti provenienti da Paesi dove il glifosato viene ancora usato in maniera massiccia. Un esempio su tutti il Canada, che autorizza l’irrorazione del potente diserbante sui campi di grano, poi esportato in grandi quantità verso l’Italia per produrre pasta e derivati.
E proprio il cibo preferito dagli italiani è recentemente finito sotto accusa a causa della possibile contaminazione da glifosato. Un tema che ha scatenato un vero e proprio dibattito pubblico, allarmando migliaia di consumatori e mettendo in serio imbarazzo diverse note aziende produttrici di pasta.
A lanciare l’allarme è stato il mensile “Il Salvagente”, che ha effettuato test specifici su 23 campioni di pasta appartenenti a noti brand del settore (Barilla, De Cecco, La Molisana, Voiello, per citarne solo alcuni) allo scopo di analizzare i livelli di glifosato. I risultati, resi noti in una approfondita inchiesta intitolata “La verità sulla pasta italiana”, non lasciano spazio a dubbi: giudizio drasticamente negativo per 3 marchi, appena sufficiente per 9 e promozione per 11. Ripresa da diversi media nazionali, l’indagine ha costretto alcuni pastifici “bocciati” a dichiarare ufficialmente l’intenzione a rinunciare al grano proveniente dai Paesi incriminati.
Quantità preoccupanti di glifosato nella pasta che ogni giorno arriva sulle nostre tavole ma non solo. Uno studio condotto dal gruppo US PIRG ha individuato tracce del diserbante anche in alcune note marche di birra di largo consumo come, ad esempio, Guinness, Stella Artois, Heineken, Corona e Budweiser. Nello specifico, residui del famigerato pesticida Roundup della Monsanto sono stati rinvenuti in ben 19 dei 20 marchi esaminati! La più contaminata? La birra Tsingtao, largamente venduta nei ristoranti cinesi della nostra penisola.
A seguito delle numerose, accesissime polemiche sul cibo avvelenato, è nata la campagna europea Stop Glifosato,istituita da diverse associazioni ambientaliste e mirata a far luce sui tanti, troppi effetti nocivi causati all’ambiente e all’organismo umano dall’uso indiscriminato del glifosato. Una petizione che ha già raccolto 1 milione di firme per chiedere alla Comunità Europea di promuovere negli Stati membri la messa al bando del diserbante e muoversi verso una riduzione generale nell’uso degli erbicidi.
La situazione è decisamente peggiore oltreoceano, in particolare negli Stati Uniti, dove non solo il glifosato continua a invadere campi e piantagioni, ma non sembra preannunciarsi all’orizzonte alcun segnale di inversione di rotta. Pensate che l’amministrazione Trump ha formalmente appoggiato la multinazionale Bayer–Monsanto, sotto processo per non aver adeguatamente informato i consumatori sugli effetti cancerogeni dei loro prodotti chimici a base di glifosato, nell’estenuante battaglia legale dall’esito tutt’altro che certo, che vede i malati di tumore da un lato e le grandi lobby dell’industria e della politica dall’altro.
Puntualmente le evidenze scientifiche a riprova della pericolosità del glifosato vengono ignorate a favore degli interessi economici dei sistemi produttivi intensivi. Certamente non bastano le azioni dei singoli Stati, è urgente una presa di posizione chiara e definitiva da parte della Comunità Europea, che sia di esempio anche per le nazioni che si ostinano a contaminare il nostro ambiente con devastanti veleni tossici.
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