A tavola

Solfiti negli alimenti e nel vino: cosa sono e perché fanno male


Tessa Gelisio, vino e solfiti

Cosa sono i solfiti negli alimenti e nel vino e perché la loro presenza desta preoccupazione? A tutti sarà capitato di sentir parlare di solfiti nel cibo, anche solo perché qualche anno fa il tema ha tenuto banco sulla cronaca nazionale, a seguito della scoperta di alcuni vini edulcorati. Eppure, terminata la copertura mediatica, in pochi si sono interessati ai reali utilizzi di questi composti e alle loro potenziali conseguenze sulla salute. Che fare?

Innanzitutto, è bene sottolineare che i solfiti si formano naturalmente durante la fermentazione, si tratti di un alimento o, appunto del vino. Il problema sorge quando vengono aggiunti artificialmente, ad esempio per aumentare la durata di un prodotto alimentare. Di seguito, ho raccolto alcune informazioni utili per voi.

Cosa sono i solfiti

Solfiti del vino

Con il termine solfiti si indicano delle molecole che si formano naturalmente con la fermentazione di alcuni alimenti – come ad esempio mele, cipolle, riso, cavoli e uva – nonché di varie bevande, prime fra tutti il vino e la birra. Queste sostanze sono generalmente composte da molecole di ossigeno e zolfo e, per le loro caratteristiche, rallentano l’ossidazione dei cibi.

Come già spiegato, una certa quantità di solfiti viene prodotta naturalmente durante i processi di fermentazione e, di norma, non rappresenta un pericolo per la salute. Tuttavia, con la necessità di poter conservare i cibi più a lungo possibile e prevenire l’acidificazione delle bevande, possono essere anche aggiunti artificialmente, andando così ad aumentarne sensibilmente la concentrazione.

In linea generale, i solfiti vengono scelti dall’industria alimentare per le loro proprietà. Hanno infatti:

  • effetti conservanti sui cibi, poiché ne ritardano l’ossidazione, fondamentale nel vino;
  • effetti antifungini, perché rallentano la formazione di muffe e funghi;
  • effetti anti-acidificanti, per impedire che nel tempo le bevande perdano il loro gusto e il loro aroma.

In quali alimenti si trovano i solfiti

I solfiti possono essere presenti in una grande quantità di cibi, anche perché – come già ricordato – in tutti gli alimenti fermentati la loro formazione è naturale. Possono però essere aggiunti artificialmente in:

  • frutta secca e disidratata;
  • conserve a base di zucchero;
  • frutta in scatola sotto sciroppo;
  • insaccati e salumi;
  • aceto;
  • birra;
  • vino.

I solfiti fanno male?

Solfiti e mal di testa

Così come spiega la Fondazione Umberto Veronesi, non sono molti i dati a disposizione sulla possibile tossicità dei solfiti artificiali aggiunti nei cibi, anche perché gran parte delle ricerche sono tutt’oggi in corso. Tuttavia, l’EFSA – l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare – ha espresso preoccupazione per la sicurezza dei consumatori, in particolare per alcuni solfiti di uso molto comune:

  • E220: anidride solforosa;
  • E221: solfito di sodio;
  • E222: bisolfito di sodio;
  • E223: metabisolfito di sodio;
  • E224: metabisolfito di potassio;
  • E225: solfito di potassio;
  • E226: solfito di calcio;
  • E227: bisolfito di calcio;
  • E228: solfito acido di potassio.

A oggi, gli effetti più riportati dal consumo di solfiti artificiali riguardano reazioni allergiche e ipersensibilità personali, che si manifestano con sintomi quali orticaria, rash cutaneo, nausea, vomito, mal di testa, offuscamento della vista, vertigini e riduzione della pressione sanguigna. Tuttavia, vi è un’altra conseguenza che preoccupa gli esperti, ovvero la capacità di queste sostanze di rendere inattiva la vitamina B1, indispensabile per convertire il glucosio in energia. Proprio per questa ragione, di norma l’utilizzo dei solfiti artificiali è vietato proprio per quei cibi che rappresentano una fonte d’elezione di vitamina B1, come cereali, legumi e carne.

Sebbene nel 2016 l’EFSA avesse proposto una soglia massima giornaliera di 0,7 microgrammi per chilo corporeo, in limite sui cibi non è mai entrato effettivamente in vigore, in attesa di studi più conclusivi. Nel frattempo, è emerso che più del 12% dei bambini e del 60% degli adulti è esposto ogni giorno a dosi esponenzialmente maggiori.

Questione diversa è però quella del vino, dove la legge richiede di riportare in etichetta la presenza di solfiti aggiunti, per informare i consumatori, quando superano i 10 milligrammi per litro. La soglia massima è di 150 milligrammi al litro per i vini rossi, 200 per i bianchi, 250 per i vini dolci e 400 per i vini passiti e muffati.

Come ridurre l’esposizione ai solfiti

Legumi

Per quanto sia normale che una certa quantità di solfiti sia presente nei cibi, proprio poiché la loro formazione può essere naturale, bisognerebbe limitarne l’esposizione. Soprattutto se si è allergici a questi composti o, più in generale, se si è soggetti colpiti da intolleranze alimentari e ipersensibilità.

Per farlo, è indispensabile leggere a fondo l’etichetta dei prodotti, per controllare la presenza di solfiti aggiunti: saranno riportati fra gli ingredienti con sigle da E220 a E228. Nei vini, come ho già spiegato, la quantità di solfiti aggiunti deve essere evidenziata in etichetta quando si superano i 10 milligrammi per litro. Dopodiché, vi sono dei semplici consigli di buon senso da seguire:

  • preferire vino di produzione biologica, poiché da disciplinare deve contenere quantità di solfiti inferiori – almeno 50 milligrammi al litro in meno per ogni categoria – rispetto ai vini non biologici;
  • preferire confetture, conserve, frutta secca e disidrata sempre di produzione biologica, poiché di norma non vengono aggiunti solfiti artificiali: gli unici presenti saranno quelli che si formano naturalmente con la fermentazione;
  • preferire la frutta fresca a quella in scatola o sotto sciroppo;
  • in caso di ipersensibilità ai solfiti, evitare insaccati e salumi.

Potrebbe anche essere utile integrare maggiormente nella dieta i cibi ricchi di vitamina B1, in particolare cereali e legumi, seguendo però sempre le indicazioni fornite dal proprio medico e dal proprio nutrizionista.

In definitiva, i solfiti di produzione naturale non rappresentano di per sé un problema, le conseguenze negative sorgono quando le concentrazioni vengono aumentate per esigenze industriali. Un problema che si può facilmente risolvere con un’alimentazione il più possibile naturale e biologica!

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