È davvero sostenibile usare l’aceto per pulire? Questo rimedio è usato sin da tempi antichi per le pulizie domestiche, in particolare per la sua azione sgrassante? e lucidante, perfetta su superfici dure, sanitari e rubinetterie. Eppure, per quanto di certo si tratti di una soluzione biodegradabile, non si può dire che l’aceto sia a impatto zero. Per quale ragione, di conseguenza, è bene fare attenzione? E, ancora, quali alternative usare?
Innanzitutto, è necessario non scadere negli inutili allarmismi che, da qualche anno a questa parte, circolano senza sosta sui social network: l’aceto inquina, ma rimane preferibile rispetto ai detersivi non ecobio. Tuttavia, può avere conseguenze da non sottovalutare, così come anche evidenziato da Fabrizio Zago in un approfondimento su EcobioControl.
Perché l’aceto può essere inquinante
Da tempo immemore fra i rimedi della nonna per pulire casa, e sempre più frequentemente aggiunto in prodotti di origine commerciale, non si può negare l’utilità dell’aceto per le pulizie. Lucida, igienizza e facilita la rimozione del calcare. Ma quando lo si utilizza, bisogna prestare attenzione alle sue conseguenze – seppur mediamente ridotte – sull’ambiente.
I rischi dell’acido acetico e del PH
Il primo problema legato all’aceto, nonostante la sua biodegradabilità, è insito nella sua composizione: oltre a contenere acido acetico, ha un pH compreso tra 2 e 3. Ciò determina due principali conseguenze:
- l’acido acetico è tossico per i pesci e diversi organismi acquatici;
- il pH è troppo acido, rispetto al pH 7 a cui si attesta normalmente l’acqua pura.
Aumentando l’acidità dell’acqua, i residui di aceto possono limitare la capacità di assorbimento dell’ossigeno da parte dei pesci, con conseguenze dirette sul normale funzionamento delle branchie, così come sullo sviluppo di alghe e altre piante marine. Ancora, può distruggere microrganismi e plancton, che sono alla base della catena alimentare marina.
Certo, è difficile che le dosi che il singolo usa per pulire casa abbiano grandi effetti, anche perché l’aceto presenta comunque una buona biodegradabilità, mentre gran parte delle contaminazioni avviene per l’errata gestione delle acque di scarico degli impianti di produzione. Ma è sempre necessario osservare il problema nel suo complesso, ovvero degli usi contemporanei – non solo di pulizia – nella popolazione generale.
L’impatto della produzione
Vi è un ulteriore problema a monte, prima ancora che l’aceto venga impiegato per pulire. Non sempre, infatti, la produzione di questo condimento alimentare è sostenibile. In genere, l’aceto viene ricavato dalla lavorazione di uva, mais o mele e, se eseguita seguendo metodi tradizionali e biologici, non ha un grande impatto sull’ambiente.
Tuttavia, per assecondare la domanda di aceto a livello mondiale, è sempre più frequente la produzione intensiva, che comporta:
- l’ampio ricorso a fertilizzanti e pesticidi chimici per la coltivazione delle varietà vegetali dalle quali si ricaverà l’aceto;
- l’emissione di gas climalteranti, come la CO2, nei processi di fermentazione accelerata o facilitata delle materie prime;
- lo smaltimento di sostanze tossiche o concentrate nelle acque reflue, da scarti di produzione;
- l’emissione di gas climalteranti per il trasporto dei prodotti a base di aceto e, fatto non meno importante, un grande ricorso a packaging di plastica. Moltissime aziende della filiera dell’aceto hanno deciso di passare dalle classiche bottiglie in vetro – riciclabili, ma molto pesanti per il trasporto – a quelle in plastica, per ridurre i costi di produzione.
Uno studio LCA – Life Cycle Assessment – condotto nel 2019 sull’aceto, ha rivelato che:
- le emissioni di CO2 sono tra 1.94 e 2.54 chilogrammi di CO2 per litro, a seconda della varietà;
- il consumo di acqua è tra i 1.332 e i 1.892 litri, per ogni litro di aceto prodotto.
Almeno in produzione, l’aceto rimane notevolmente meno inquinante dei detergenti chimici. Eppure, considerando gli usi tipici, rimane più impattante rispetto ad altri rimedi ecologici per pulire dagli effetti simili. Ad esempio, sempre Fabrizio Zago ha proposto un confronto con l’acido citrico che, erroneamente, è stato tacciato sui social network di essere più inquinante dell’aceto. Così non è:
- dai dati europei Ecolabel, emerge che l’acido acetico è fino a 53 volte più inquinante dell’acido citrico;
- non è vero che la produzione di aceto è “più naturale” rispetto a quella di acido citrico, perché entrambi provengono da materie prime alimentari e, per il caso dell’acido citrico, soprattutto da scarti;
- l’acido citrico è maggiormente trasportabile, perché in forma solida, e la produzione avviene pressoché ovunque – anche in Italia.
L’azione corrosiva dell’aceto
Non bisogna poi dimenticare che l’aceto può avere un effetto corrosivo non solo su diverse superfici della casa – marmo e granito, in particolare – ma anche su alcune tipologie di tubature e dannoso per gli impianti di trattamento delle acque reflue.
In particolare, Zago sottolinea che l’aceto è particolarmente corrosivo per i metalli dolci – come l’acciaio inossidabile – e, fatto non meno importante, è un mobilizzatore di metalli pesanti come il nichel: in altre parole, può aumentare la probabilità di effetti avversi negli individui allergici o ipersensibili.
Le alternative più sostenibili all’aceto per pulire
Sono diverse le alternative più sostenibili che si possono utilizzare per pulire casa senza ricorrere a detergenti chimici o aggressivi. In particolare, si può utilizzare:
- l’acido citrico che, come già visto, è meno inquinante rispetto all’aceto e, fatto non di certo secondario, ha effetti minori nell’alterare il pH dell’acqua. È la migliore soluzione contro il calcare, ma anche per rimuovere sporco incrostato, lucidare le rubinetterie e molto altro ancora;
- il percarbonato di sodio, perfetto per il bucato, perché rilascia ossigeno attivo in acqua ed è completamente biodegradabile, poiché non rilascia residui tossici in acqua. Inoltre, non danneggia le tubature della lavatrice;
- il sapone di Marsiglia, ideale dal bucato alle superfici solide della casa, delicato e completamente biodegradabile;
- il bicarbonato di sodio, soprattutto per il suo potere assorbente, in particolare sugli odori di tessili come tende e tappeti;
- alcuni oli essenziali, come il Tea Tree Oil che, oltre a essere completamente biodegradabili, presentano principi attivi blandamente disinfettanti
In definitiva, l’aceto non è il male assoluto delle pulizie ecologiche, tuttavia esistono alternative dall’impatto inferiore, perché allora non approfittarne?
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