Punto di vista

PFAS, facciamo il punto: cosa sono e quali problemi causano


PFAS nell'acqua

La Francia ha deciso di bandirli da cosmetici e tessuti, mentre Greenpeace lancia l’allarme in Italia: l’acqua potabile di tutte le Regioni è contaminata da PFAS. Non si può dire che, negli ultimi tempi, la preoccupazione per i possibili danni di questi inquinanti perenni non sia alle stelle, complice anche diverse notizie apparse sulla cronaca. Eppure, per quanto se ne senta spesso parlare, non tutti sanno davvero cosa siano i PFAS e perché rappresentino una forte minaccia per l’ambiente e la salute.

Facciamo allora il punto non solo sui casi di attualità più recenti, ma anche su una delle classi di inquinanti perenni più dannosa, tanto da essere ubiquitaria: cosa sono i PFAS, come vengono emessi e quali conseguenze possono avere?

PFAS, un problema sempre più diffuso

PFAS nei cosmetici

Partiamo proprio dai casi di cronaca, per capire da dove provengano le più che lecite preoccupazioni che, ormai da qualche anno, affollano la stampa. La notizia, d’altronde, è di pochissimi giorni fa: la Francia ha deciso di vietare completamente i PFAS da cosmetici e tessuti, con una normativa che sarà vincolante a partire dal primo gennaio 2026.

Una scelta che il governo d’Oltralpe ha ritenuto prioritaria, per ridurre i rischi di esposizione della popolazione a queste sostanze chimiche che, oltre a rappresentare degli inquinanti perenni, possono determinare gravi problemi endocrini. E, come facile intuire, applicare sulla pelle cosmetici che contengono PFAS, o indossare tutto il giorno indumenti trattati con questi composti, aumenta esponenzialmente i rischi di contaminazione.

E in Italia? Nonostante anche nel Belpaese i PFAS siano pressoché ubiquitari – non solo rappresentano il 14% di tutte le sostanze di cui sono composti i pesticidi che vengono utilizzati sui suoli agricoli, ma sono presenti in tutte le acque potabili dei 235 principali Comuni d’Italia, dalle analisi di Greenpeace – poco si è fatto. È quel che riferisce Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace, dalle pagine di Repubblica: “Mentre la Francia mette al bando i Pfas, in Italia il governo Meloni continua a non intervenire, nonostante la contaminazione diffusa delle acque potabili e i gravi casi di contaminazione in alcune aree del Veneto e del Piemonte”. Contaminazione del Veneto di cui vi avevo parlato anche qui su Ecocentrica, dovuta a scarichi di origine industriale.

Mentre esplode l’allarme, è però necessario fare un passo indietro, perché la questione è complessa e, soprattutto, poco conosciuta dai cittadini. Cosa sono i PFAS, quindi, e quali sono i rischi?

Cosa sono e perché si usano i PFAS

PFAS in laboratorio

Con la sigla PFAS – ovvero PerFluorinated Alkylated Sustance – si identifica una famiglia di oltre 10.000 composti chimici di sintesi, noti anche come sostanze perfluorinate o polifluoroalchiliche. Si tratta di composti che presentano degli specifici legami tra atomi di carbonio e di fluoro, che ne garantiscono una notevole stabilità sia chimica che termina.

Sviluppato a partire dagli anni ‘40 dello scorso secolo, questi composti hanno trovato una vastissima applicazione, per via delle loro uniche proprietà. Sono infatti altamente:

  • idrorepellenti;
  • oleofobici;
  • impermeabilizzanti.

Come si vedrà più nel dettaglio nei prossimi paragrafi, l’incredibile stabilità chimica e termica di questi composti li rendono degli inquinanti perenni, ovvero praticamente impossibili da degradare una volta esposti agli agenti atmosferici.

Per cosa si usano i PFAS

PFAS e pentole antiaderenti

Dalla loro introduzione sul mercato, i PFAS sono stati impiegati per una lunga serie di applicazioni, praticamente ogni volta che si rende necessario rendere un materiale resistente all’acqua o agli oli. Data la loro enorme diffusione, è quindi difficile proporre una lista esaustiva di tutti i prodotti che possono contenere questi composti chimici, tuttavia, ci si può aspettare che siano maggiormente presenti in:

  • utensili da cucina con proprietà antiaderenti, come pentole e padelle;
  • indumenti impermeabili all’acqua;
  • tessuti per la casa impermeabilizzati;
  • imballaggi alimentari oleofobici;
  • guaine di cavi e cablaggi;
  • circuiti elettronici resistenti all’acqua;
  • detersivi ed emulsionanti con particolari capacità sgrassanti;
  • alcuni detergenti e cosmetici per il corpo, negli shampoo in particolare;
  • vernici antimacchia;
  • metalli oleorepellenti;
  • superfici resistenti agli oli e all’acqua.

La lista è potenzialmente infinita: in linea generale, ogni volta che si ha a che fare con un prodotto, un detergente o un tessuto resistente all’acqua o protetto dall’azione da oli e grassi, bisogna sospettare la presenza di PFAS.

PFAS e ambiente: perché inquinano

Scarichi industriali

Proprio data la loro estrema stabilità chimica e termica, dovuta ai forti legami tra carbonio e fluoro, i PFAS sono definiti degli inquinanti perenni ubiquitari. Sono infatti rilevabili pressoché ovunque e, purtroppo, non si degradano se esposti agli agenti atmosferici. 

Le fonti di emissioni sono rappresentate principalmente da:

  • la produzione industriale che, come sottolinea l’EFSA, è la principale responsabile della contaminazione ambientale da PFAS. Una volta impiegati per i processi produttivi, queste sostanze finiscono nelle acque di scarico, contaminando i corsi d’acqua, anche perché difficilmente gestibili dagli impianti di depurazione. Una porzione considerevole, inoltre, proviene dall’errato smaltimento di rifiuti industriali;
  • l’uso domestico, poiché essendo pressoché presenti ovunque, delle tracce di PFAS vengono rilasciate nelle acque lavando oggetti da cucina e tessuti, gettando imballaggi alimentari e molto altro ancora.

Ma quali sono gli effetti della contaminazione da PFAS sull’ambiente? Queste sostanze agiscono sulla biodiversità in diversi modi:

  • contaminano le acque, in particolare le falde acquifere, alterando la qualità delle risorse idriche potabili e non potabili. Secondo i dati dell’European Environmental Agency, più del 50% dei corsi d’acqua europei sono contaminati da PFAS;
  • alterano lo sviluppo della fauna e della flora marina, poiché si tratta di sostanze dall’elevato potenziale di bioaccumulo. In particolare, possono avere effetti sul corretto sviluppo di piante, pesci, molluschi e crostacei, impattando principalmente sulle loro capacità di riproduzione;
  • inquinano in profondità il suolo, che perde parte dei suoi elementi nutritivi, accumulandosi nelle radici di piante e ortaggi;
  • contaminano l’aria con la produzione industriale, tramite l’emissione di gas di scarico, così come con l’incenerimento dei rifiuti.

PFAS e salute: perché sono dannosi

PFAS e fertilità

I PFAS non sono solo dei temibili inquinanti ambientali, ma possono anche provocare serie conseguenze alla salute umana. Negli anni, diversi studi scientifici hanno evidenziato che queste sostanze possono:

  • danneggiare la produzione ormonale, poiché si tratta di interferenti endocrini. Possono interagire con l’ipofisi, la tiroide, il surrene, i testicoli e le ovaie, modificando il normale rilascio di ormoni;
  • limitare la fertilità, proprio poiché interferiscono con la produzione di ormoni e, quindi, con la produzione di ovuli e spermatozoi in grado di fecondare;
  • aumentare il rischio di alcuni tumori, tanto che l’acido perfluoroottanoico (PFOA), ovvero uno dei PFAS più impiegati, è stato classificato come cancerogeno dallo IARC;
  • ridurre le difese del sistema immunitario, sia perché riducono l’assorbimento di vitamine indispensabili, come la C, che per la loro capacità di limitare l’efficacia di farmaci e vaccinazioni;
  • danneggiare il fegato, poiché l’esposizione ad alti livelli di PFAS è nota per alterare la produzione di enzimi epatici.

L’uomo entra in contatto con i PFAS per via ambientale, quindi maneggiando prodotti realizzati con questi composti, ma soprattutto tramite l’alimentazione. Data la loro alta diffusione, i PFAS sono presenti nelle carni, nel pesce e anche negli ortaggi, seppur a livelli diversi. E, proprio per il fenomeno del bioaccumulo, tendo ad aumentare lungo tutta la catena alimentare.

Come prevenire l’esposizione ai PFAS

Padella antiaderente

Visti i pericoli sia ambientali che di salute legati ai PFAS, come limitare la loro esposizione? Purtroppo, in qualità di inquinanti perenni ubiquitari, evitare la completa contaminazione da PFAS non è possibile. Tuttavia, si può tentare di ridurne almeno il contatto a livello domestico, ad esempio:

  • evitando utensili da cucina con strato antiaderente o, ancora, dismetterli quando la loro superficie inizia a presentare graffi e usura;
  • non utilizzando tessuti, sia per la casa che per gli indumenti, impermeabilizzati;
  • ricorrendo unicamente a detergenti, cosmetici e altri prodotti per l’igiene ecobio;
  • evitando vernici o trattamenti per superfici anti-macchia o anti-unto;
  • installando sistemi di nanofiltrazione dell’acqua sanitaria domestica, anche se non sono in grado di trattenere tutti i PFAS presenti nell’acqua.

In definitiva, le conseguenze legate all’esposizione ambientale e umana da PFAS rappresentano un problema di complessa risoluzione, a cui non saremo sottoposti soltanto per decenni, ma anche le generazioni future forse per secoli.

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