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Troppa spazzatura nello spazio: i rischi per l’uomo


Spazzatura nello spazio, satelliti

L’orbita terrestre è diventata una vera e propria discarica cosmica: nello spazio c’è troppa spazzatura. Si stima che siano ben oltre 36.000 i detriti di dimensioni superiori ai 10 centimetri, accompagnati da oltre un milione di frammenti tra 1 e 10 centimetri – e chissà quante centinaia di milioni di particelle più piccole – che viaggiano a una velocità di 28.000 chilometri orari. Non si deve però pensare che si tratti di rifiuti innocui, perché fuori dall’atmosfera terrestre: rappresentano delle mine vaganti pericolose, che possono danneggiare anche il nostro Pianeta.

L’origine della spazzatura spaziale

Rifiuti spaziali

L’origine della spazzatura spaziale è da rilevarsi nei primi esperimenti di esplorazione dello spazio da parte dell’uomo e, più precisamente, dal primissimo satellite lanciato in orbita: lo Sputnik 1, di produzione sovietica, lanciato nel 1957. Da quella data, si sono susseguiti oltre 6.000 lanci di razzi e satelliti fino alla metà degli anni 2.000 e, negli ultimi anni, questa attività si è anche intensificata, con la corsa alla connettività via satellite. Basti pensare che Starlink, la rete di Internet globale sviluppata da Elon Musk, ha già messo in orbita 7.000 satelliti, con oltre 30.000 in corso di autorizzazione.

Ma entrando maggiormente nel dettaglio, da dove deriva la spazzatura spaziale?

  • satelliti defunti o dismessi, che rappresentano circa il 60% dei detriti più grandi in orbita. Basti pensare che la vita media di un satellite è di 5-15 anni, con lanci ormai pressoché settimanali;
  • stadi superiori di razzi o componenti di lancio, che rappresentano all’incirca il 20% dei detriti. In particolare, i serbatoi dei razzi che, una volta giunti in orbita, si distaccano dal corpo principale;
  • frammenti da esplosioni e rotture, come serbatoio esplosi, residui di motori, batterie esauste. Ci sono state più di 150 esplosioni documentate dal 1961, anche se il numero rischia di essere più elevato;
  • collisioni tra oggetti in orbita, come ad esempio satelliti dismessi, con più di 2.300 frammenti oggi tracciabili;
  • oggetti perduti durante le missioni, come strumenti, attrezzi, guanti, rivestimenti termici.

I rischi dei rifiuti nello spazio

Purtroppo, la spazzatura spaziale non è innocua, né destinata a rimanere in orbita per sempre. Già oggi causa enormi problemi e, in futuro, potrebbe addirittura limitare fortemente sia le telecomunicazioni, che nuove missioni spaziali. Ancora, i frammenti spaziali potrebbero avere un ruolo nell’inquinamento atmosferico, poiché il loro rientro sulla terra può rilasciare sostanze pericolose o, ancora, causare danni al suolo.

Le collisioni in orbita

Satellite in orbita

Le collisioni in orbita rappresentano il problema principale dei detriti spaziali. Si pensi che lo scontro tra due satelliti diversi – si pensi alla collisione, avvenuta nel 2009, tra un satellite russo Cosmos e un americano Iridium – può rilasciare fino a 3.000 frammenti, che si trasformano in veri e propri proiettili spaziali

Possono quindi colpire attrezzatura funzionante, danneggiandola irrimediabilmente, o addirittura minare all’incolumità degli astronauti oggi sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Non a caso, regolarmente vengono eseguite manovre di evitamento: l’impatto con un frammento di un centimetro sarebbe infatti sufficiente per perforare i moduli abitativi, con conseguenze potenzialmente letali.

Man mano che questi frammenti raggiungono le orbite più basse – ovvero la LEO, la Low Earth Orbit, tra 200 e 2.000 chilometri dalla terra – diventano sempre più pericolosi. Tanto che si stima che, entro il 2050, si potrebbe raggiungere il punto di non ritorno: le collisioni genereranno più detriti di quanti se ne potranno rimuovere attraverso la distruzione con l’entrata nell’atmosfera terrestre.

Tra minacce alle telecomunicazioni e inquinamento atmosferico

Telecomunicazioni spaziali

I rifiuti che orbitano lo spazio minacciano anche le telecomunicazioni, perché rischiano di colpire satelliti geostazionari per le trasmissioni televisive, il network di satelliti per il GPS, le strumentazioni di monitoraggio del meteo e molto altro ancora.

Non è però tutto, perché la spazzatura cosmica minaccia anche l’uomo: ogni anno, infatti, circa 200-300 tonnellate di detriti rientrano in atmosfera. Non tutti bruciano al contatto con l’atmosfera stessa, delle porzioni rilevanti raggiungono il suolo, con danni potenziali alle infrastrutture umane e, soprattutto, inquinamento ambientale.

Sono gli oceani a esserne maggiormente colpiti, con l’accumulo di frammenti perlopiù metallici, ma recenti studi dimostrano che questi frammenti rilasciano nanoparticelle di ossido di alluminio con il loro rientro in atmosfera, danneggiando lo strato di ozono e contribuendo, entro il 2030, al 5-10% dei danni a questo strato protettivo fondamentale per la vita umana.

Al momento, non esiste una definitiva soluzione all’immondizia spaziale: diversi programmi, lanciati sia dall’ESA che dalla NASA, mirano a raccoglierne quanti più possibile con reti, arpioni robotici e vele solari. Tuttavia, le ricerche sono solo agli albori: come si affronterà, in definitiva, questa forma di pericoloso inquinamento?

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