Una sentenza francese riapre un dibattito molto acceso nel decennio scorso: l’elettrosmog è dannoso?
Per la prima volta al mondo, una sentenza, emessa da un tribunale di Tolosa riconosce l’infermità e l’accompagnamento a una donna affetta da elettrosensibilità, ossia una violenta “intolleranza” ai campi elettromagnetici. La prima vittima, legalmente riconosciuta, dell’elettrosmog, lo smog prodotto da campi e onde elettromagnetici. Sempre in questi giorni i quotidiani riportano di un altro caso credibile di elettrosensibilità negli USA dove un ragazzino del Massachussetts che dimostra sintomi come prurito e mal di testa se esposto ai campi del wi-fi della scuola elementare che frequenta.
Il termine elettrosmog è diventato di moda alla fine degli anni ’90 quando ci si è cominciati a interrogare sull’effetto delle numerose antenne e ripetitori sul territorio nazionale. Se potessimo dare un colore alle onde elettromagnetiche che attraversano l’aria che ci circonda ci troveremmo impigliati in una vera e propria rete. Sono ovunque, prodotte da un’infinita serie di elettrodomestici in grado di ricevere ed emettere.
E quando negli anni Novanta si parlò di elettrosmog per la prima volta si classificò il tutto come un inutile allarmismo. Negli anni Duemila, poi, incominciarono a venire a galla evidenze dell’effetto delle onde elettromagnetiche sugli esseri umani e il problema cominciò a essere affrontato seriamente.
Dell’elettrosensibilità (una sorta di ipersensibilità di alcuni verso i campi magnetici) si sono occupate un po’ tutte le istituzioni e osservatori che monitorano la salute pubblica (compreso il nostro Istituto superiore di sanità). Era inevitabile visto che il alcuni paesi i pazienti che lamentano questo tipo di sindrome sono arrivati a coprire una percentuale non irrilevante della popolazione. In UK sembra che il 5% della popolazione soffra di stanchezza cronica, mal di testa, nausee ricorrenti che i pazienti mettono in relazione alla presenza di fonti elettromagnetiche (reti wireless, ripetitori, emettitori…). In Svizzera si arriva addirittura al 10% della popolazione.
Questo è quello che dicono le statistiche ma che la scienza non riesce (per ora) a provare. Non esistono a tutt’oggi studi che riescano a mettere in inequivocabile relazione questi sintomi percepiti con le onde elettromagnetiche. Gli esseri umani sono in grado effettivamente di percepire campi elettromagnetici piuttosto intensi ma non si riesce a dimostrare che siano sensibili ai campi molto deboli, come quelli di uno wifi per esempio. Il dubbio che si tratti di un effetto “nocebo” (ossia che gli elettrosensibili somatizzino i sintomi soltanto una volta al corrente dell’esistenza di una rete wireless, per esempio) è forte. Perciò siamo in presenza di una malattia, l’elettrosensibilità, di cui i pazienti soffrono ma che per la scienza è dubbia. E allora sorge un dilemma: psicosi e somatizzazione di massa o incompletezza dei dati scientifici a disposizione?
Tuttavia ci troviamo di fronte a una sentenza che potrà fare precedente e potrà essere richiamata da chi ritiene di soffrire di questa sfuggente patologia. La sentenza sicuramente avrà anche l’effetto di intensificare la ricerca in questa direzione. Ma, come potete immaginare, non sarà semplicissimo finanziare studi che rischiano di complicare la vita ai padroni della società dell’informazioni, colossi telefonici, televisivi, informatici e del web su tutti. Pensate a quanto tempo c’è voluto per correlare il fumo di sigarette a gravi patologie e il “caso” era scientificamente più semplice da risolvere rispetto all’elettrosmog… Nel frattempo non potremo fare altro che sperare di non essere elettrosenbili perché nelle città moderne è praticamente impossibile trovare un riparo dalle onde elettromagnetiche.
Ps. Ci sono cose che la scienza non riesce a dimostrare, capire, un giorno forse ci riuscirà, ma anche la ricerca ha limiti…Questo non vuol dire che fenomeni come l’elettrosmog siano reali ed è per questo che bisognerebbe sempre applicare il principio di precauzione.
(foto: www.bestravelvideo.com)
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