Quante volte possiamo riutilizzare le bottiglie di plastica, ad esempio riempiendole nuovamente d’acqua o della nostra bevanda preferita? Poche, forse nessuna. Questi contenitori nascono infatti per essere monouso e, stando ad alcuni studi condotti negli ultimi anni, non si può escludere il rischio di contaminazione nel tempo. Eppure, la possibilità di riutilizzare questi oggetti avrebbe un risvolto positivo a livello ambientale, che fare?
Per quanto quello del riuso delle bottiglie di plastica sia un tema sempre più dibattuto, gran parte delle ricerche sono ancora in corso. Ho quindi voluto capire quali informazioni siano già a nostra disposizione, per capire come tutelare la nostra salute e, al contempo, l’ambiente.
Bottiglie di plastica a uso alimentare: le tipologie
Il primo passo per capire se una bottiglietta possa essere riempita più volte, è verificare di quale materiale sia fatta. Non tutte le plastiche sono infatti uguali, poiché destinate a usi differenti. In linea generale, si trovano due principali tipologie di plastica per le bottiglie a uso alimentare:
- PET o PE (polietilene tereftalato): è la tipologia di plastica più diffusa al mondo e la più impiegata per le bottiglie di acqua e altre bevande. È resistente, flessibile e riciclabile, ma nasce per essere monouso. Nel tempo, possono verificarsi contaminazioni batteriche o il rilascio di sostanze chimiche;
- HDPE (high-density polyethylene): è una plastica resistente e rigida che viene impiegata per la produzione di contenitori alimentari riutilizzabili, come ad esempio le borracce o i biberon. È sicura per l’uso ripetuto ma non dovrebbe contenere il Bisfenolo-A, un interferente endocrino: in generale, i prodotti apparsi più di recente sul mercato non lo contengono.
Già questa considerazione – PET solo monouso e HDPE senza bisfenolo – dovrebbe essere più che sufficiente per capire come comportarsi con le bottiglie di plastica. Ma vale la pena approfondire quali siano i rischi per la nostra salute dovuti all’uso ripetuto di questi contenitori.
Batteri, antimonio e bisfenolo: i rischi della plastica alimentare
Come ho già accennato in apertura, ogni tipologia di plastica ha le sue caratteristiche e specifici usi, che dovrebbero essere rispettati secondo le informazioni fornite dai produttori. Nel corso degli ultimi anni, sono emerse alcune preoccupazioni sull’uso ripetuto sia del PET che dell’HDPE e, sebbene gli studi siano ancora in corso, è utile procedere con il principio di precauzione: finché non se ne saprà di più, è forse meglio non rischiare. Ma quali sono i fattori che stanno alimentando più dubbi nella comunità scientifica?
Bottiglie di plastica e batteri, un rischio sottostimato?
A chi non è mai capitato di riempire nuovamente una bottiglietta d’acqua, sia per risparmiare che per compiere un’azione positiva per l’ambiente? Si tratta di un comportamento abbastanza diffuso, a cui non diamo troppa importanza, sottovalutandone i rischi. Per quanto farlo di tanto in tanto sia relativamente sicuro, riempire continuamente la stessa bottiglia può esporci a contaminazioni batteriche.
È quanto è emerso da un test condotto nel 2017 da Treadmill Reviews, un portale dedicato agli strumenti possibili, pubblicato dall’Independent. I ricercatori hanno fornito delle bottiglie ad alcuni atleti, chiedendo loro di riempirle e utilizzarle per una settimana. Al termine di questo periodo, è stata analizzata la superficie interna di questi contenitori: sono stati rinvenuti 900.000 batteri per centimetro quadrato, una soglia addirittura più alta rispetto a quanto si rileva in media sui WC. Di questi, il 60% risultava potenzialmente patogeno. Dati questi risultati, è emerso che:
- Il PET non dovrebbe essere usato più volte;
- L’HDPE dovrebbe essere sottoposto a lavaggio dopo ogni singolo uso.
PET lasciato al sole? Meglio evitare
Sul fronte del PET, vi è poi un’altra considerazione da fare. Il suo uso è considerato sicuro a temperatura ambiente, mentre se esposto al calore – ad esempio, sotto il sole cocente dell’estate – può diventare pericoloso.
Così come riporta il National Geographic, i ricercatori dell’Arizona State University hanno voluto analizzare l’eventuale rilascio di contaminanti nell’acqua conservata in bottiglie di PET, a seconda delle temperature di esposizione. In un clima mite, attorno ai 20-21 gradi, non sono stati rilevati problemi di sicurezza. Al crescere delle temperature, però, la situazione cambia: pian piano che ci si avvicina ai 65 gradi, i livelli di antimonio disciolto in acqua iniziano a superare le soglie fissate per legge. L’antimonio è una sostanza chimica impiegata per la produzione di bottiglie in PET che, in grandi dosi, potrebbe essere cancerogeno. Su questo fronte, gli studi non sono ancora conclusivi: alcune ricerche dimostrano un aumento di antimonio abbastanza veloce rispetto alla crescita delle temperature, altri un periodo di tempo anche di 38 giorni.
Attenzione, inoltre, perché non bisogna commettere un facile errore: pensare che 65 gradi siano tanti, praticamente impossibili da raggiungere. Un’auto parcheggiata al sole in estate può raggiungere facilmente i 70 gradi e, di conseguenza, dobbiamo ricordarci di non lasciare bottiglie di plastica al suo interno. Ancora, questi contenitori devono essere conservati correttamente: in un luogo fresco e ombreggiato. Ad esempio, in Messico si è notato che le bottiglie di plastica conservate in magazzini non ventilati, oppure vicini alle vetrine assolate dei supermercati, contenevano livelli di antimonio più alti del previsto.
Bisfenolo-A, attenzione ai vecchi contenitori
ibalta. In particolare quando si parla di prodotti per i bambini, come i biberon: questa sostanza può infatti interferire con il sistema endocrino e ormonale, un fatto da non sottovalutare in una fase così delicata come quella della crescita. Ma vi è pericolo anche per i prodotti destinati agli adulti, come le borracce in plastica?
Come ho già spiegato, il bisfenolo è stato a lungo utilizzato per la produzione di contenitori HDPE, soprattutto per rendere la loro superficie liscia e lucida. Tuttavia, a seguito del clamore generato dalle ultime scoperte scientifiche e dalle proteste dei consumatori, la gran parte dei produttori di queste bottiglie non si avvalgono più di questo composto. In linea generale, se si tratta quindi di un nuovo prodotto non si dovrebbero correre grandi rischi, mentre meglio evitare l’utilizzo di vecchi contenitori che si hanno in casa ormai da anni, magari dimenticati su qualche scaffale. Inoltre, gli stessi produttori spesso sulle confezioni riportano diciture come “BPA-free” o “Prodotto senza bisfenolo”, una garanzia in più per gli acquirenti.
In definitiva, meglio non riempire più volte le bottiglie PET e scegliere solo HDPE senza bisfenolo, ricordandoci di pulirlo dopo ogni uso. Ma che fare per l’ambiente? Entrambe queste plastiche possono essere riciclate, quindi ricordiamoci di smaltirle correttamente. E, soprattutto, di farvi ricorso solo quando davvero necessario, preferendo invece soluzioni in vetro, acciaio e alluminio.
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