Punto di vista

Brescia, la Terra dei Fuochi del Nord


Veleni e tossine, a rischio la salute dei cittadini e dell’ambiente

C’è stato lo sviluppo industriale, la crescita economica ed è arrivato anche il benessere. Un progresso sfrenato che ha guardato solo al profitto e allo sfruttamento del territorio, senza tutelare l’ambiente e i cittadini. Ed ora la natura presenta il conto

L’Italia dei veleni non è solo nella Terra dei fuochi. A Brescia, polo produttivo di eccellenza del modernissimo Nord Italia, da vent’anni gli abitanti fanno i conti con le drammatiche conseguenze dell’inquinamento ambientale che contamina l’acqua, il suolo e l’aria.

Quasi 60 milioni di metri cubi di rifiuti e veleni interrati in tutta la Provincia, un territorio ricolmo di discariche e impianti industriali ad alto impatto ambientale, per non parlare del più grande inceneritore d’Europa, attivo dal 1998.

Ma l’ecomostro bresciano per eccellenza, da tempo sotto inchiesta da parte della Procura, è la mega fabbrica Caffaro, sito produttivo simbolo del progresso industriale, in gran parte abbandonata ma ancora parzialmente produttiva.

Più di mezza tonnellata di sostanze tossiche altamente cancerogene, tra cui cromo esavalente, tetracloruro di carbonio, PoliCloroBifenili, diossina e mercurio, sversata ogni anno dallo stabilimento chimico, una bomba ecologica che ha ormai devastato circa 700 ettari di terreno e avvelenato oltre 2.000 ettari di falde acquifere.

Secondo una recente ispezione dell’Arpa, dalle cisterne ormai fuori uso e dalle tubature arrugginite dell’impianto uscirebbero ingenti quantitativi di veleni tossici tra cui il mercurio, considerato una tra le 10 sostanze più pericolose al mondo. 

Sull’intero sito produttivo è in programma una bonifica milionaria, che dovrebbe essere avviata entro il 2021. Nel frattempo, però, dall’ecomostro bresciano continuano a scorrere veleni.

E poi ci sono le discariche, autorizzate e abusive, che costellano tutta la regione. Un triste primato che è valso a Brescia il soprannome di “immondezzaio d’Italia”, dove si producono grandi quantitativi di rifiuti urbani (50% in più della media nazionale) e vengono importati enormi quantità di rifiuti speciali, circa 10 milioni di tonnellate all’anno.

Una devastazione ambientale di proporzioni smisurate, con pesantissime conseguenze per la salute pubblica. Dall’ambiente al corpo umano, fino al latte materno, le esalazioni tossiche sono ormai causa accertata di alcune gravi patologie che colpiscono in misura sempre maggiore la popolazione, soprattutto i bambini.

Arrivano dall’Istituto Superiore di Sanità e dell’Associazione Italiana dei Registri Tumori gli allarmanti dati sull’aumento di alcuni tumori correlati all’esposizione a diossine e PCB: melanomi cutanei, linfomi non-Hodgkin e tumori della mammella, per citarne solo alcuni. 

Gli abitanti locali non ci stanno e da anni lottano per fermare gli eco mostri industriali colpevoli della contaminazione delle loro terre.

Ecco nascere, quindi, decine di movimenti indipendenti, autogestiti e autofinanziati, che si mobilitano, denunciano e scendono in piazza per tutelare il diritto alla salute e difendere l’ambiente.

Prime fra tutti le mamme di Castenedolo, soprannominate “Mamme Volanti” poichè sono riuscite addirittura a noleggiare un aereo per riprendere dall’alto cosa avveniva nella pianura e a svelare discariche fantasma, cave trasformate in siti di stoccaggio di rifiuti e terreni contaminati. Una scoperta che ha lasciato purtroppo indifferenti le istituzioni locali e nazionali, che non solo hanno sminuito la reale gravità del problema, ma non hanno mai agito per bonificare le aree intrise di veleni o alleggerire la pressione ambientale degli impianti più inquinanti.

Si sono conosciute nelle corsie degli ospedali, in comune avevano i figli malati di leucemia e la voglia di far sentire la propria voce. Grazie a queste coraggiose mamme è nato il gruppo “BASTA VELENI” che ha coinvolto oltre 40 comitati, associazioni e gruppi della società civile, per chiedere una moratoria alla Regione Lombardia contro le discariche e le emissioni nocive di Brescia e dintorni.

“Noi bresciani abbiamo goduto i frutti dello sviluppo e dell’industrializzazione. Ma alla salute non ci ha pensato nessuno” – spiega Raffaella Giubellini, portavoce del tavolo Basta Veleni – “Nonostante parte della politica e del mondo imprenditoriale cerchi di ovattare la realtà celebrando le virtù green del sistema produttivo di Brescia, cresce tra i cittadini la consapevolezza e la preoccupazione. Lo scorso 27 ottobre siamo scesi in piazza in 15.000 al grido di #bastaveleni e #iononfacciofintadiniente e abbiamo chiesto di poter finalmente vivere in un ambiente sano. “

Brescia, Taranto, Napoli…la storia dei veleni nascosti nel nostro territorio sembra non avere mai fine. Sono oltre 15 mila i siti inquinati sparsi per tutta la penisola, 57 dei quali sono stati classificati come “SIN” – “Siti di Interesse Nazionale” – dal Ministero dell’Ambiente e dovrebbero avere una priorità di bonifica, sulla base della grave contaminazione ambientale, del rischio sanitario e dell’allarme sociale. Aree in cui vivono oltre cinque milioni e mezzo di persone, un milione dei quali sono bambini. 

Un ecocidio che abbiamo il dovere di fermare, non solo per il nostro benessere ma per il futuro delle generazioni a venire.

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