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Carta igienica: quale impatto ha sull’ambiente?


Carta igienica, impatto ambientale

Riuscireste a vivere senza carta igienica? È questa la domanda che, da qualche anno a questa parte, rimbalza da un account ambientalista all’altro sui social. Sì, perché questo prodotto di uso quotidiano, ormai da decenni praticamente essenziale per la nostra igiene personale, non sempre può essere considerato amico dell’ambiente. Per produrre carta vergine servono infatti molti alberi e, fatto di stretta attualità data la crisi idrica in corso, anche parecchi litri d’acqua. Eppure, molti dubbi permangono: quale è l’impatto reale della carta igienica sull’ambiente? E, soprattutto, quali alternative esistono?

Se ci si dovesse fidare solo dei social, la soluzione a questo problema sembrerebbe essere più che immediata: “usate la carta igienica riutilizzabile in stoffa”, tuonano alcuni influencer, pensando di aver trovato così risposta definitiva alle necessità ambientali. Se si analizza la questione in profondità, nemmeno questa proposta è così allettante per proteggere il Pianeta. Ho quindi deciso di verificare quale sia l’impatto ambientale della carta igienica e, ovviamente, ho cercato le alternative davvero efficaci a questo prodotto. Di seguito, qualche informazione utile.

L’impatto ambientale della carta igienica

Carta igienica, impatto ambientale

Avreste mai detto che un prodotto apparentemente innocuo come la carta igienica sia, in realtà, molto impattante per il Pianeta? Proprio così: quella soffice carta ormai irrinunciabile nella nostra quotidianità sta creando non pochi problemi alla tutela delle foreste e, fatto non meno importante, delle risorse idriche.

È quanto ha rivelato di recente un report, intitolato “The Issue with Tissue” e stilato dal Natural Resources Defence Council degli Stati Uniti e dall’organizzazione ambientalista Stand.Earth. Per produrre la carta igienica sufficiente a soddisfare il fabbisogno mondiale, si abbattono ogni anni dai 270.000 ai 300.000 alberi, anche da foreste antiche per ottenere cellulosa di qualità allo scopo di produrre carta igienica premium. È come se ogni anno sparisse un parco da 30 ettari di bosco fitto e alberi secolari, una vera e propria tragedia per l’ambiente.

Questo peso ambientale è soprattutto evidente nei Paesi, come gli Stati Uniti, dove non vi sono particolari limitazioni di legge sul riciclo delle materie prime. Mentre in Europa la quasi totalità della carta igienica in commercio include almeno una porzione di materiali riciclati – con il 40% di media di mercato – negli USA e in altri luoghi del mondo questo prodotto può essere anche realizzato con il 98% di cellulosa pura.

Ma non è tutto. Ogni singola persona consuma circa 4 chilogrammi di carta igienica l’anno, pari a circa 170 rotoli: l’equivalente di emettere 2.5 chilogrammi di anidride carbonica e ben 5.180 litri d’acqua. Sì, perché per produrre un rotolo di carta vergine si consumano circa 37 litri d’acqua. Ma che possiamo fare per ridurre questo enorme impatto?

Quali alternative alla carta igienica?

Quali alternative esistono alla carta igienica vergine e, soprattutto, possono essere davvero considerate più sostenibili? È un fattore da monitorare con attenzione, perché è facile farsi trarre in inganno da alcune soluzioni che trovano ampio rilievo sui social ma che, in realtà, sono tutto fuorché amiche dell’ambiente.

La carta igienica “riutilizzabile”: il falso mito dei social

Lavatrice

Se ne sente parlare ormai da qualche anno, tra convinti sostenitori e altri invece più dubbiosi. La cosiddetta carta igienica “riutilizzabile”, o autoprodotta, di primo acchito può sembrare la soluzione più immediata per ridurre l’impatto ambientale delle necessità igieniche, ma nei fatti così non è.

La logica alla base è molto semplice: realizzare della carta igienica in stoffa, solitamente in cotone magari recuperato da vecchi indumenti, e lavarla dopo ogni uso. Vero, certamente questo sistema non comporta il taglio di nuovi alberi e recupera vecchi tessuti, ma siamo davvero sicuri sia sostenibile?

Affinché questi panni riutilizzabili possano essere sufficientemente igienizzati – anche perché a diretto contatto con rifiuti fisiologici, batteri e altri contaminanti – devono essere sottoposti continuamente a cicli di lavaggio in lavatrice ad alte o altissime temperature. Almeno 60 gradi per ridurre i rischi più gravi, 90 se si desidera un’igienizzazione profonda. Ciò comporta l’impiego di ingenti quantità di energia e di acqua che, di fatto, non fanno altro che eguagliare, o battere, nel tempo la classica carta in termini di emissioni e sfruttamento idrico.

Il bidet, la soluzione più sostenibile

Carta igienica e bidet

È stato per decenni una sorta di esclusiva tutta italiana, uno strumento a cui gli altri Paesi guardavano con curiosità ma anche ilarità. E per quanto oggi all’estero continui a essere poco diffuso, il bidet è sempre più richiesto anche fuori dai confini del Belpaese: è una delle soluzioni più sostenibili per l’igiene intima, non comporta il taglio di alberi e i consumi d’acqua sono molto ridotti.

In media, per un bidet veloce dopo aver utilizzato la toilette si consumano meno di cinque litri d’acqua, senza sprecare un singolo strappo di carta. Una bella differenza rispetto all’uso della carta igienica vergine, che di litri ne consuma quasi 40 per ogni singolo rotolo, così come dallo spreco di energia nel dover continuamente lavare carta “riutilizzabile”.  Fatto non da poco, è anche la soluzione più igienica: per i bisogni fisiologici, la sola carta non può garantire il medesimo livello di pulizia del bidet. Per quelli liquidi (plin plin) inoltre, si può anche ridurre l’acqua impiegata dallo sciacquone, fino a 12 per ogni cassetta WC.

La carta riciclata, basso impatto senza cambiare abitudini

Carta igienica riciclata

Per chi non volesse rinunciare alla comodità della carta igienica, magari da abbinare al già citato bidet, la soluzione più sostenibile è rappresentata dalla carta riciclata. Grazie ai processi produttivi virtuosi raggiunti negli ultimi anni, l’impatto ambientale viene letteralmente minimizzato rispetto alle soluzioni in cellulosa vergine, il tutto a vantaggio dell’ambiente e senza cambiare le proprie abitudini.

Nel suo Rapporto di Sostenibilità 2021, Lucart ha voluto confrontare l’impatto ambientale tra un rotolo di carta in cellulosa pura e uno, invece, realizzato con carta riciclata. E i dati sono davvero sorprendenti:

  • Meno CO2: un rotolo di carta riciclata raggiunge fino al 25% in meno di emissioni di CO2, pari a 556,85 chilogrammi in meno all’anno;
  • Meno acqua: rispetto al rotolo classico, la produzione di quello riciclato richiede il 23% in meno di acqua, pari in un anno a 28,35 metri cubi di acqua per ogni tonnellata di carta prodotta;
  • Meno alberi abbattuti: il rotolo riciclato riduce fino all’80% la necessità di nuova cellulosa da alberi ed equivale a 4.125,82 kg di legno risparmiati ogni anno.

Ma come scegliere la carta igienica riciclata più amica dell’ambiente? Basta leggere le informazioni riportate in confezione: meglio quella non sbiancata, con porzioni di cellulosa pura ridotte e provenienti da fonti vegetali certificate FSC, possibilmente in confezioni di carta oppure di plastica biodegradabile o compostabile.

La carta igienica in fibra di bambù, la soluzione con pochi compromessi

Bambù, carta igienica

Da qualche anno a questa parte, si è affacciata sul mercato una nuova alternativa: quella della carta igienica in fibra di bambù. Una soluzione che offre le stesse qualità della carta vergine – se non superiori – con un minor impatto ambientale.

Il bambù è infatti una delle piante dalla crescita più rapida oggi presenti sul Pianeta: alcune varietà, nel primo periodo del loro sviluppo, possono crescere anche di 60 centimetri al giorno. Questo significa che, organizzando al meglio le coltivazioni, si ha un ricambio costante di materia prima, senza le necessità di tagliare foreste e alberi secolari. Ma, comunque, usare una fibra vergine per farne rotoli di carta non mi pare una grande idea, soprattutto se si calcola che il bambù ha una marea di utilizzi, dalle fibre tessili all’edilizia, e non sono favorevole alla sua coltivazione in zone non autoctone come l’Europa.

In definitiva, per ridurre il nostro impatto ambientale senza stravolgere le nostre abitudini intime, le proposte non mancano: scegliamo sempre carta riciclata oppure di bambù. E, per una volta che gli italiani sono davanti a tutti su un tema di sostenibilità, seppur inconsapevolmente, approfittiamone: il nostro bidet è una vera e propria ancora di salvezza per la natura!

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