L’eolico offshore rappresenta una delle tecnologie sulle quali si sta maggiormente investendo, in vista di un futuro sempre più alimentato da fonti energetiche rinnovabili. Questa tipologia di installazione eolica permette infatti di sfruttare le grandi correnti che caratterizzano le aree marine e oceaniche, con una produzione di energia maggiore rispetto gli impianti terrestri. Ma quali sono i vantaggi e gli svantaggi di una simile risorsa, in termini ambientali?
Per quanto si tratti di una soluzione pressoché fondamentale per un futuro dove l’energia verde sia protagonista, è sempre utile analizzarne anche i limiti – e gli ambiti di miglioramento futuro – in termini di impatto sul Pianeta.
Cos’è l’eolico offshore
Innanzitutto, è necessario ricordare cosa si intenda per eolico offshore. Traducibile in italiano come “eolico in mare aperto”, non è altro che l’installazione di parchi eolici in acqua, generalmente al largo, nei mari e negli oceani. Questa soluzione nasce per sfruttare i potenti venti che caratterizzano le aree marine del Pianeta, così da produrre il massimo dell’energia possibile.
Ormai disponibili da diversi decenni, i parchi eolici offshore sono nati non solo come soluzione per massimizzare l’energia del vento, ma anche come risposta alle proteste di coloro che si oppongono all’eolico a terra, per questioni perlopiù paesaggistiche. Non a caso, quello dell’eolico offshore è uno dei principali esempi di adattamento ai movimenti NIMBY – “not in my back yard” – ovvero coloro che non vogliono la predisposizione di impianti per la produzione di energia, o di altre strutture, nei pressi dei loro centri abitati.
A fine 2023, la potenza massima installata a livello globale di eolico offshore è stata di 74 GW.
I vantaggi dell’eolico offshore
L’implementazione di parchi eolici offshore presenta numerosi vantaggi, sia a livello meramente energetico che dal punto di vista ambientale. Ma quali sono i più rilevanti?
Migliore produttività energetica
Il vantaggio principale degli impianti eolici offshore, rispetto a quelli a terra, è la migliore produttività elettrica. In mare, infatti, le pale eoliche possono approfittare di:
- venti di velocità maggiore, che permettono quindi agli impianti di produrre più energia;
- una produzione di energia più estesa nel tempo, poiché le correnti marine tendono a essere più costanti.
È utile tenere in considerazione come una delle grandi limitazioni degli impianti eolici terrestri sia la variabilità della produzione elettrica, poiché i venti non sono costanti nel tempo. Non a caso, vi possono essere giorni privi di correnti e, quindi, a produzione zero. In mare aperto questa eventualità è ben più ridotta, poiché i venti sono più potenti e perlopiù continui.
Conservazione del suolo e del paesaggio
Per quanto rappresentino una fonte di energia sostenibile, gli impianti eolici terrestri necessitano non solo di una posizione privilegiata – ovvero, aree dove i venti sono il più possibile continui – ma anche grandi porzioni di terreno. Se si pensa che una torre eolica ha un’altezza minima di 20-30 metri, e può superare anche i 100, serve dello spazio considerevole. Per questa ragione, la tecnologia è stata per anni al centro di fitte polemiche:
- fra coloro che ritengono l’eolico deturpi il paesaggio;
- tra chi, invece, non ritiene pienamente sostenibile modificare gli habitat – ad esempio, con il taglio di alberi, seppur raro – per far spazio alle pale eoliche.
L’eolico offshore supera queste problematiche, poiché di solito viene installato a diversi chilometri dalla costa, tanto da non essere pienamente visibile a terra nemmeno nelle giornate più limpide.
Riduzione delle emissioni di gas serra
Sebbene le pale eoliche non producano gas climalteranti durante il loro funzionamento, le attività di produzione e manutenzione degli impianti, così come di trasporto dell’energia, possono comportare un certo rilascio di CO2.
Secondo il Politecnico di Milano, gli impianti eolici offshore presentano il miglior profilo in termini di emissioni di qualsiasi altra tecnica di produzione di energia rinnovabile, poiché compensano la CO2 rilasciata in produzione e distribuzione in pochissimo tempo, al massimo due anni dalla loro accensione. L’evidenza emerge dall’analisi LCA – quindi, sull’intero ciclo di vita – su pale al largo di grande dimensione – oltre ai 15 MW per impianto. Secondo uno studio del National Renewable Energy Laboratory, le pale offshore rilasciano 11 grammi di CO2 per kWh prodotto, circa il 20% in meno rispetto agli impianti terrestri.
Gli svantaggi dell’eolico offshore
Gli impianti eolici in mare, però, presentano anche alcuni svantaggi, da prendere in debita considerazione prima della loro implementazione. Quali sono i principali?
Produzione di energia altalenante
Per quanto, come ho già spiegato nei precedenti paragrafi, la produzione di energia con l’eolico offshore sia più costante rispetto alla controparte terrestre, non si riesce a ottenere elettricità continua sulle 24 ore.
Si tratta di un problema intrinseco dell’eolico – così come del fotovoltaico – poiché dipende dalle condizioni ambientali, quali appunto la disponibilità di vento. E non sempre, come proprio nel caso dell’eolico offshore, è possibile avvalersi di soluzioni per l’accumulo energetico, così da sfruttare energia anche quando gli impianti non sono pienamente attivi.
Impatto sulla fauna marina
Secondo quanto evidenziato dal WWF, l’eolico offshore potrebbe rappresentare un problema per diverse specie marine. In particolare:
- il rumore prodotto dalle pale eoliche, che si trasferisce nelle profondità del mare sotto forma di vibrazioni, può disorientare specie marine sensibili, come ad esempio i cetacei;
- così come accade per gli impianti terrestri, anche in mare le pale eoliche possono rappresentare un pericolo per gli uccelli, i quali rischiano di scontrarsi con gli impianti durante il volo. Ancora, il rumore generato potrebbe modificare le rotte migratorie, interferendo con le naturali capacità di orientamento dei volatili.
Impatto sulla biodiversità marina
Sempre secondo il WWF, le strutture immerse delle pale eoliche possono avere un impatto sulla biodiversità, sia sottraendo spazio per la crescita di numerosi vegetali marini, per gli impianti che sorgono in acque non eccessivamente profonde, che alternando il comportamento di alcune specie viventi.
Ad esempio, nei pressi degli impianti eolici offshore si nota una minore presenza di tutte le principali specie bentoniche – animali o vegetali – in particolare con una riduzione di grandi predatori. Per contro, però, le stesse strutture stanno incentivando la proliferazione di altrettante specie utili – come mitili, cozze e coralli – grazie all’effetto “barriera” che garantiscono.
Difficoltà di smaltimento
Se si analizza l’intero ciclo di vita (LCA) degli impianti eolici offshore, la grande problematica non è legata né alla produzione di energia né nelle emissioni di anidride carbonica, bensì ai costi di smaltimento degli impianti.
Il recupero di materiali così ingombranti non è sempre agevole e, al momento, le filiere per il recupero e il riciclo dei metalli – come, ad esempio, l’acciaio – sono poco estese. Questo può quindi tradursi con il deposito della strumentazione dismessa in discariche – anche a cielo aperto, nei Paesi che non prevedono rigide normative ambientali – con tutto quello che nei comporta in termini di impatto ambientale. Bisogna però tenere presente, però, che le pale eoliche offshore hanno una durata media di 25 anni. Non ultimo, è necessario valutare anche l’impatto dei cavi sottomarini necessari per il trasporto dell’energia a Terra, che possono generare dei campi elettromagnetici di disturbo di alcune specie marine, rilasciare residui di gomme e plastiche, nonché di difficile recupero al termine del loro ciclo di vita.
In definitiva, l’eolico offshore è una risorsa su cui necessariamente puntare per un futuro energetico il più possibile rinnovabile, cercando però di migliorarne le limitazioni, ad esempio con una pianificazione che tenga conto delle necessità di specie animali e vegetali, nonché un monitoraggio costante nel tempo della biodiversità.
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