Si celebra oggi la Giornata Mondiale della Biodiversità, una ricorrenza istituita nel 2000 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per rimarcare la sempre più urgente necessità di proteggere gli ecosistemi terrestri e le specie viventi. La biodiversità può essere infatti definita come la ricchezza di vita sulla Terra: i milioni di piante, animali e microrganismi, i geni che essi contengono, i complessi ecosistemi che essi costituiscono nella biosfera.
Ed è proprio in questo giorno che dovremmo tutti soffermarci sui danni che l’uomo ha causato all’ambiente, a un Pianeta sempre più colpito da inquinamento, deforestazione, innalzamento delle temperature, estinzione di specie vegetali e animali (perdita di biodivestità), nonché dalla minaccia dei cambiamenti climatici. Come sta la nostra Terra, come si sta difendendo questa biodiversità tanto preziosa?
La Giornata Mondiale della Biodiversità nasce a ricordo della ratifica della Convenzione Biologica sulla Biodiversità, firmata nel 1992 da 196 Paesi, per uno sforzo congiunto a tutela delle specie viventi. A 31 anni di distanza, come stiamo messi?
Biodiversità: lo stato di salute mondiale
Per quanto gli sforzi di conservazione si siano fatti sempre più intensi nel corso degli ultimi decenni, la biodiversità mondiale continua a diminuire. Molto deve essere ancora fatto e, purtroppo, ci troviamo in una vera e propria corsa contro il tempo. Il quadro che emerge da vari studi mondiali, infatti, è tutto fuorché che promettente.
Ci sono sempre meno animali
Per comprendere lo stato della biodiversità mondiale, utile è partire dalla conservazione delle specie animali. Questo perché la presenza di popolazioni animali floride, e soprattutto fra di loro variegate, è un indice più che immediato di salute per gli ecosistemi. Purtroppo, le rilevazioni a nostra disposizione non forniscono notizie confortanti.
Così come evidenzia il Living Planet Report, un estensivo studio condotto dal WWF nel 2022 su oltre 32.000 specie animali diverse, vi è stato un vero e proprio declino nel numero dei singoli animali selvatici in natura: un calo di ben il 69% dal 1970 a oggi. E di tutte le specie esistenti 50 anni fa, il 2.5% è andato incontro all’estinzione. Se riportiamo questo dato a un contesto più ampio, dal 1500 a oggi si sono estinte – o sono minacciate – più del 30% delle specie animali, così come rivela uno studio pubblicato su Frontiers in Ecology and the Environment.
Non va meglio per le specie acquatiche. Sempre il WWF sottolinea come, dal 1970 al 2022, la popolazione di pesci d’acqua dolce si sia ridotta dell’83%. Il declino delle popolazioni marine raggiunge invece il 60%.
Le cause? La deforestazione senza limiti, l’inquinamento atmosferico, la caccia deregolamentata e il bracconaggio, l’alterazione dei corsi d’acqua e, come facile intuire, la modifica degli habitat naturali a causa anche dell’aumento delle temperature globali.
Meno foreste, meno biodiversità
Le foreste sono fondamentali per la conservazione della biodiversità mondiale. È proprio in queste aree del Pianeta, infatti, che prosperano più di 60.000 specie diverse di alberi, l’80% di tutte le specie anfibie conosciute, il 75% di quelle di uccelli e il 68% dei mammiferi. Eppure, al crescere della popolazione umana – si stima che il Pianeta potrebbe ospitare 10.8 miliardi di persone entro il 2011 – diminuiscono le foreste a nostra disposizione. Così come evidenzia Our World in Data, la Terra ha perso un terzo delle sue foreste rispetto a 10.000 anni fa: da 6 a 4 miliardi di ettari. Se la finestra temporale sembra elevata, basti pensare a come questo percorso abbia subito una vera e propria impennata a partire dalla seconda metà del 1700, con l’avvio della Rivoluzione Industriale.
La deforestazione non ha avuto lo stesso impatto su tutto il globo, si è resa più evidente in quelli che rappresentano i “polmoni verdi” della nostra Terra. Ad esempio in Sudamerica, in particolare nella Foresta Amazzonica, ma anche nel Sudest Asiatico e in Africa, a danno delle foreste tropicali. E la perdita di queste aree verdi non ha effetti solo sul mancato assorbimento della CO2, con ciò che ne deriva in termini di cambiamenti climatici, ma anche sulla sussistenza di interi ecosistemi. Senza alberi i terreni diventano più soggetti all’erosione, l’acqua piovana fatica a penetrare nel terreno e a raggiungere le falde acquifere, diverse specie vegetali e animali non riescono a prosperare, viene ad alterarsi la termoregolazione dell’intero Pianeta e le catastrofi naturali si fanno più frequenti.
Biodiversità nel mondo: dove è più a rischio?
Ma quali sono le aree del mondo dove la biodiversità è più a rischio? A rivelarlo, è sempre il report Living Planet del WWF. A vedere maggiormente ridotta la varietà di specie vegetali e animali sono soprattutto:
- Sudamerica e Caraibi: 94%;
- Africa: 66%;
- Sudest Asiatico: 55%.
Seguono quindi gli Stati Uniti e l’America del Nord, con il 28%, e l’Europa e l’Asia Centrale con il 18%. La maggior parte della perdita in biodiversità riguarda la vegetazione, in particolare per la deforestazione in Amazzonia, con la riduzione delle varietà di piante per far spazio a monoculture. Ma lo stesso accade nel Sudest Asiatico, si pensi alla coltivazione della palma da olio.
La biodiversità in Italia
Non va meglio sullo Stivale, un Paese da tempi antichissimi noto per la sua grande ricchezza sia vegetale che animale. A rivelarlo è un rapporto ISPRA del 2021, anche in questo caso con dati decisamente allarmanti.
Attualmente si trovano in “stato di conservazione sfavorevole” il 54% della flora e il 53% della fauna terrestre italiana, seguite dal 22% delle specie marine. In totale, ben l’89% di tutti gli habitat naturali terrestri sono colpiti da minacce alla biodiversità. Migliore è invece la condizione dei nostri mari, che registrano un 63% di “stato di conservazione favorevole”. Il restante 37% è però sconosciuto.
Nonostante questo, l’Italia rimane uno dei Paesi europei dalla maggiore diversità biologica: si registrano infatti 336 specie di uccelli, 349 di animali terrestri e vegetali e 132 habitat diversi. Vi è però un numero preoccupante di specie esotiche e invasive, circa 35%, ed elevati rischi per la popolazione di volatili: il 23% risulta in decremento e il 37% è stato inserito nelle categorie di rischio estinzione. Il restante 43% è stabile nel numero delle popolazioni, con qualche gruppo addirittura in crescita.
In definitiva, lo stato di salute della biodiversità – sia a livello globale che italiano – non sembra essere affatto buono. E tutti dobbiamo impegnarci affinché venga conservato: un Pianeta meno “biodiverso” corrisponde a un Pianeta dove la vita è più fragile ma anche minore disponibilità di alimenti, medicine e risorse. E impatta anche sulla nostra salute: meno gli ecosistemi sono biodiversi, più è elevata la capacità di sopravvivenza e diffusione di pericolosi patogeni.
No Comments