La campagna pro carbone contro la povertà del colosso energetico Peabody: c’è ancora chi cerca di convincerci che il cambiamento climatico non esiste
Sull’isolotto del negazionismo, a difendere ad oltranza la posizione di quelli che “non credono” al cambiamento climatico, pur avendo perso la guerra, tra gli altri, è rimasto il dinosauro della Peabody’s energy, un colosso energetico basato sul carbone.
La Peabody impiega tanto denaro investito in comunicazione e lavoro di lobbisti specialisti per sostenere il partito revisionista il cui motto è: “il cambiamento climatico e le emissioni di gas serra non sono correlati”. Secondo loro esisterebbero addirittura i lati positivi del riscaldamento globale e di un’alta presenza di CO2 nell’atmosfera (“farà bene all’agricoltura”, dicevano). Eh, come no? Fa crescere rigogliose le piante… Chi se ne importa se fa crescere anche il livello di mari e oceani rende aride intere regioni del pianeta?
La Peabody si muove soprattutto perché la progressiva ritirata di grandi investitori dall’energia fossile (Rockfeller ha appena deviato 50 miliardi di dollari da carbone, gas e petrolio a energia verde) e l’esplosione del fracking le hanno fatto perdere quasi 800 milioni di dollari lo scorso anno (787 per essere precisi). L’impatto che interessa al colosso del carbone è quello del cambiamento climatico sulle proprie casse.
La Peabody ha promosso una campagna che racconta la favola del “carbone pulito” in favore dei poveri del mondo, che il Britain’s Advertising Standards Authority ha bollato come “pubblicità ingannevole”. Secondo il Guardian, la politica della Peabody è quella di far passare il carbone come la risorsa prima contro la povertà e la mancanza di istruzione e infrastrutture nei paesi poveri. Del tipo: il carbone salverà il mondo dalla povertà! Grazie alle centrali a carbone, nella visione della multinazionale e dei suoi sostenitori, remoti paesini africani avranno finalmente la corrente elettrica la cui assenza ne ha frenato lo sviluppo fino a oggi.
Come riportato sempre dal Guardian, Vic Svec, vice presidente della Peabody e responsabile delle relazioni pubbliche e con gli investitori a livello globale, candidamente afferma: “Non riteniamo che il cambiamento climatico sia un problema cruciale quanto la povertà. La nostra campagna sta avendo un buon successo. Abbiamo visto che all’inizio del 2014 la discussione online sul tema della povertà energetica è cresciuta del 50% e quella sul carbone pulito del 40%. Il discorso sta prendendo piede anche a livello politico”. Benfatto, senza dubbio.
Così, mentre il mondo va in una direzione la Peabody e i suoi sostenitori lo ancorano al carbone lanciando Advanced Energy for Life (https://www.advancedenergyforlife.com/) una campagna pro carbone “pulito” basata tutta sul confronto tra il basso costo del carbone rispetto, per esempio, alle fonti rinnovabili. Come dire: una lente d’ingrandimento costa meno di un microscopio. Dimenticando, però, che spendere poco non è sempre conveniente quanto lo spendere bene.
La Peabody spera di riempire il mondo povero di centrali al carbone nascondendo il tema del riscaldamento globale e dell’inquinamento atmosferico dietro l’urgenza energetica di chi non ha nemmeno l’elettricità. Non vi sembra cinico? Ma la coperta del carbone è cortissima e questo la Peabody non lo dice. Lo dicono i dati: Obama lancia Clean power plan e condanna le centrali al carbone responsabili, da sole, dell’emissione del 31% dei gas serra del settore energetico negli USA mentre in Europa i costi sanitari legati alle centrali carbone ammontano a qualcosa come 60 miliardi di euro all’anno!
Immaginate l’impatto del carbone in nazioni che non hanno nemmeno veri e propri piani di tutela ambientale e della salute del cittadino?! Tra parentesi: nonostante gli intenti sbandierati, la Peabody non ha veri programmi concepiti per i paesi in via di sviluppo. E’ tutta comunicazione rivolta, soprattutto ai suoi veri stakeholder, che non sono certo i cittadini cinesi o dello Zambia, ma i politici e i cittadini americani per esempio che possono opporsi alle limitazioni che il governo USA potrebbe imporre all’energia prodotta dal carbone. Insomma è solo aria sporca.
Il gioco è quello di spostare le priorità mettendole in ordine in base alle convenienze. Eppure dovrebbe essere chiaro che povertà, ambiente ed energia sono tutte sullo stesso livello e vanno affrontate insieme perché nel 2000 sono tutte e tre strettamente correlate. La green economy è possibile e fa paura a chi ci vuol far credere che si possano ancora salvare il carbone e il petrolio dall’estinzione. La guerra è finita mentre la Peabody e altri colossi dell’economia tradizionale, senza rendersene conto, rimangono a difendere la loro fetta di ricchezza sulla loro isoletta.
Ecco qua, per approfondire, l’analisi del Guardian
PS: l’Ordine mondiale della sanità ha accertato che 7 milioni di persone sono morte nel solo 2012 a causa dell’inquinamento atmosferico.
Foto credit: A Factory in China at Yangtze River.
by High Contrast – en.wikipedia.org
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