Punto di vista

Meglio crescere in città o in campagna?


Classica questione che entra nelle chiacchiere di fine cena. E allora partono i ricordi… Quando ero piccolo io…

Tessa_Gelisio_cover_crescere

Mi sono infilata in una discussione del genere qualche sera fa. Ristorante con posti all’aperto. Un bambino a tavola con mamma e papà ipnotizzato davanti a un Ipad e un film per bambini. Dubito che un bambino di campagna possa diventare un drogato di multimedia, giochi o video che siano.

La questione è nata proprio da qualcuno che è intervenuto e se ne è uscito con un: “Ai miei tempi, in estate ero dai nonni in campagna e la mia maggior preoccupazione non era certo la batteria dell’Ipad!”.

Eh, no, in effetti, anche io che sono cresciuta in una piccola cittadina e con genitori amanti della natura pensavo più a come costruire giorno dopo le giorno le mie avventure alla scoperta del mondo, delle piante e degli animali piuttosto che a come riempire il tempo con oggetti e prodotti. In campagna ci sono più cose da imparare: chi vive in campagna deve gestire diversamente la casa, spesso ha almeno un orto se non è un contadino di professione, percepisce diversamente lo scorrere del tempo e delle stagioni. E’ indubitabile che le informazioni che arrivano a un bambino di campagna sono di qualità maggiore a quelle assorbite da un bambino di città che vive indirettamente lo stress della quotidianità degli adulti.

I piccoli di città, con i pochi spazi a disposizione e al chiuso, spesso si rifugiano nei giocattoli quando basterebbe qualcosa da scoprire e spazio per correre. Il bello del crescere in campagna è anche quello: diventare ricettivi a tanti stimoli prodotti dall’ambiente. In città per un cervellino in maturazione non mancano certo gli stimoli. Tutto si muove, tutto fa rumore, ci sono luci, gente, oggetti in quantità. Il problema è che, dal mio punto di vista, tutto questo ci renda sin da piccoli in qualche modo anestetizzati verso l’esterno e alla fine, a meno che non ci scoppi una bomba vicino, totalmente ciechi.

Bambina_aperto

Alcuni educatori mi dicono che nei campi estivi ogni anno diventa sempre più difficile “far fare qualcosa ai ragazzini”. In effetti da quando un gruppo di bambini non sa cosa fare? Invece a quanto pare per sfuggire dalla noia hanno bisogno di continui e ripetuti stimoli, istruzioni e giochi sempre nuovi.

Ma poi la discussione dall’aspetto psicologico si è spostata a quello della salute, molto più oggettivo. Anche qui si era tutti d’accordo: crescere in campagna per la salute di piccoli è la cosa migliore. E non ci sono tanti dubbi. Esistono studi su studi che confermano come lo smog, l’inquinamento acustico e quello visivo siano molto più dannosi per i bambini che per gli adulti. E ora ecco le bronchiti, le bronchioliti (infezioni delle piccole vie aeree dei bambini) e le allergie che le polveri sottili provocano con maggior frequenza nei più piccoli. C’è addirittura una ricerca dell’Ordine Mondiale della Sanità che dimostra come in Europa avvengano più di 700 decessi all’anno di bambini di età tra gli 0  e i 4 anni dovute a malattie respiratorie attribuibili all’esposizione alle PM10 ossia e polveri sottili.

Un bambino che possa passare tempo all’aperto sin dalla più tenera età a contatto con i pollini e i batteri svilupperà anticorpi che un bambino che cresce nella migliore delle ipotesi a cavallo tra una casa antisettica e una strada inquinata non avrà modo di crearsi.

Ora, purtroppo, non tutti possono, per vari motivi abitare in campagna, ma molti, quasi tutti, potrebbero investire il proprio tempo libero con i figli lontano della città. Staranno meglio tutti, genitori e bambini che potranno dare un po’ di pausa ai loro polmoni dallo smog e trovare carburante per la loro fantasia nella natura e un orizzonte libero da palazzi.

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2 Comments

  • Reply
    nicola zitelli
    18 Agosto 2015 at 16:26

    Un vero squallore. Sembrano tutti orfanelli. Noi eravamo bande di mocciosi, alla scoperta del mondo circostante, fatto di arbusti, alberi, uccelli, animali, perfino ramarri, girini e ranocchie. Un mondo ancora scandito dai tocchi lenti delle campane, dal fischio dei pecorari e dal latrato dei maremmani che sorvegliavano le greggi. Un mondo incantato.

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