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Pile non ricaricabili, l’UE le vieta dal 2024: quali soluzioni alternative?


Tessa Gelisio, pile non ricaricabili

Chi non si è mai chiesto come smaltire correttamente le pile non ricaricabili, che ancora oggi usiamo per alimentare piccoli e grandi dispositivi? Spesso non è sempre semplice capire dove gettare quelle esauste, ma anche comprendere il loro impatto ambientale. C’è però una novità: dal 2024 non dovremo probabilmente più pensare a questo problema o, meglio, capiterà con tempistiche ben più distese. Per quale ragione? Perché l’Unione Europea sta pensando di vietare la vendita di pile non ricaricabili.

Si tratta di una proposta a dir poco rivoluzionaria poiché, oltre a riguardare le comuni pile sostituibili di tanti dispositivi di uso quotidiano, comprenderà anche le batterie di smartphone, computer e molti altri prodotti su cui oggi l’utente non può intervenire. Sì, perché in un’ottica di contrasto dell’obsolescenza programmata e di maggior rispetto per l’ambiente, il Vecchio Continente sta pensando di inibire la vendita di dispositivi dotati di batterie non rimovibili.

Pile non ricaricabili, cosa dice la proposta

Pile non ricaricabili

Con l’adozione del Green Deal, il pacchetto di misure pensato per rendere l’intero Vecchio Continente carbon-neutral entro il 2050, a livello europeo è sorta la necessità di regolare anche l’uso dei dispositivi elettronici. In particolare, l’obiettivo è quello di estendere la durata di tutti i device più comuni per ridurre le quantità di rifiuti RAEE – fra i più difficili da smaltire – anche agevolando l’utente nella sostituzione o riparazione di componenti interne il cui accesso oggi è inibito. E fra i vari fronti di questa questione, è emerso con una certa importanza il tema delle batterie.

Ne è nata così una proposta di normativa, il cui iter di approvazione non è ancora concluso ma ormai già alle battute finali, che inibirà l’uso di pile non ricaricabili a partire dal 2024. Ma cosa prevede, nel dettaglio, questa iniziativa?

  • Entro il 2024: tutte le pile sostituibili ma non ricaricabili – ad esempio, le classiche stilo – dovranno riportare chiaramente la dicitura “non ricaricabile”;
  • Entro il 2027: tutte le pile sostituibili dovranno essere ricaricabili e quelle non ricaricabili dovranno sparire dal mercato. Verrà inoltre definita per legge la qualità minima a cui i produttori dovranno attenersi per la vendita di batterie sul territorio europeo, rispettando dei requisiti di sicurezza e di cicli di carica e scarica;
  • Sostituzione per 10 anni: le nuove normative saranno estese non solo alle classiche pile ma anche alle batterie di vari formati, inserite dai produttori nei dispositivi elettronici. Non solo bisognerà garantire all’utente la possibilità di sostituire in modo facile e sicuro la batteria – possibilità, questa, oggi inibita per gran parte di smartphone e affini – ma i ricambi dovranno essere disponibili sul mercato per ben 10 anni dalla prima introduzione sul mercato del prodotto;
  • Riciclo: verrà indicata una quantità minima di componenti, minerali e metalli provenienti dal riciclo per poter produrre nuove batterie.

Come ho già anticipato nel precedente paragrafo, la nuova normativa si trova al momento in fase di proposta e approvazione. Tuttavia, sembra che l’iter non stia incontrando particolari ostacoli e, di conseguenza, a livello europeo c’è una relativa certezza sulla sua approvazione.

Addio alle pile non ricaricabili, quali i vantaggi ambientali

Pile ricaricabili

Naturalmente, l’addio alle pile non ricaricabili e la possibilità di sostituire batterie oggi non rimovibili sui dispositivi elettronici, avranno degli indubbi vantaggi di tipo ambientale. In Europa si stima si consumino circa 1.9 milioni di tonnellate di batterie all’anno. Di quelle recuperabili, le più facili da riciclare sono le vecchie soluzioni al piombo, di cui si può riciclare oltre il 90% dei materiali. Anche il litio delle batterie ricaricabili può essere recuperato, e in alcuni casi addirittura rigenerato, ma al momento i costi di questa operazione sono molto elevati e l’industria quindi poco stimolata a investire in riciclo.

Partendo proprio dalle classiche pile – come appunto le stilo – il problema principale è in termini di smaltimento. Una volta esauste, vanno gettate negli appositi contenitori poiché contengono sostanze tossiche come mercurio, cadmio e altri metalli pesanti.

Cambiando il paradigma dall’usa e getta al ricaricabile, si ottengono degli innegabili vantaggi:

  • le pile vengono utilizzate più a lungo, addirittura per anni, e così il problema del corretto smaltimento si riduce poiché diminuisce il numero di esemplari in circolazione;
  • con l’obbligo delle ricaricabili, e dell’uso di componenti di riciclo, si modificano anche le materie prime. Il ricorso più esteso al litio, ad esempio, potrebbe spingere i produttori ad avviare piani efficaci di riciclo.

E sono addirittura più evidenti i benefici dell’estensione della proposta anche all’elettronica di consumo:

  • Obsolescenza programmata: con la possibilità che l’utente possa facilmente sostituire le batterie di smartphone, laptop e similari, si riduce il problema dell’obsolescenza programmata. Oggi per sostituire queste componenti bisogna perlopiù affidarsi ai produttori e, spesso, questo limite spinge all’acquisto di nuovi device;
  • Maggior riciclo: la necessità di realizzare batterie con una certa percentuale di componenti da riciclo spingerà i produttori ad avviare piani specifici, oggi spesso ignorati per via degli alti costi.

Quali sono le alternative?

Batterie per smartphone

Ma in attesa che la normativa entri in vigore, possiamo già fare qualcosa oggi? Ci sono già delle alternative utili disponibili sul mercato? Fortunatamente per chi, come me, vuole adottare sin da subito dei comportamenti migliorativi per l’ambiente, sono disponibili numerose proposte. E i prezzi non si discostano molto dalle classiche pile “usa e getta”, in considerazione anche del fatto che dureranno per anni.

Sul fronte delle classiche pile, esistono numerose tecnologie, anche se le due più diffuse sono:

  • Pile Nichel-Cadmio (Ni-Cd): completamente ricaricabili, hanno il vantaggio di mantenere stabile il flusso di energia anche ad alte tensioni;
  • Pile Nichel-Metallo Idruro (Ni-MH): hanno performance simili alle Ni-Cd, tuttavia possono avere capacità più elevate, quindi alimentano i nostri dispositivi più a lungo;
  • Pile Ioni di litio (Li-iON): il litio è ormai da anni lo standard per le batterie ricaricabili di molti dispositivi elettronici e, da qualche tempo, è disponibile anche in formato pila. Queste pile sono generalmente più costose, ma assicurano alta durata, elevati cicli di carica-scarica e buona velocità di ricarica.

E per i dispositivi dove le batterie non sono rimovibili, come gli smartphone? Al momento, le opzioni sono poche e, soprattutto, bisogna prestare attenzione a sicurezza e affidabilità:

  • Rivolgersi al produttore, che potrebbe però chiedere costi elevati per la sostituzione;
  • Affidarsi a terze parti più economiche, assicurandosi però vengano impiegate batterie di uguale capacità ed elevati standard di sicurezza. Per quanto compatibili, le batterie non originali non sempre garantiscono la medesima qualità.

Considerando come online si trovino ormai batterie non originali per qualsiasi tipo di dispositivo, in molti si chiederanno perché non procedere in autonomia con la sostituzione. Il problema è che serve una certa esperienza e, soprattutto, lavorare in ambienti sicuri: se non maneggiate correttamente, per le batterie al litio vi è infatti il rischio di incendio o esplosione.

In definitiva, l’Europa sembra aver intrapreso la strada giusta per un futuro di pile e batterie sempre più sostenibile per l’ambiente. Nel frattempo, anche noi possiamo fare la nostra parte: le nostre scelte di consumo possono infatti già orientare il mercato, spingendo i produttori a una maggiore attenzione al Pianeta!

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