A quanti è capitato di dover cambiare smartphone, computer o altri dispositivi elettronici poiché ormai vecchi o – peggio – semplicemente perché i produttori hanno deciso di escluderli dagli aggiornamenti? È un problema che riguarda tutti, anche a me è capitato più volte: il device funziona e appare ancora fluido, ma il mancato aggiornamento del sistema operativo impedisce l’uso di software ormai indispensabili, sia a livello lavorativo che nel privato. E non sempre ci sono delle ragioni plausibili al blocco degli upgrade – come un processore non più idoneo o uno scarso quantitativo di ram: a volte si tratta di scelte deliberate, una delle tante sfaccettature della cosiddetta obsolescenza programmata.
Cambiare spesso dispositivi elettronici rappresenta oggi una delle questioni più complesse da risolvere a livello ambientale, poiché questi rifiuti – i cosiddetti RAEE – sono fra i più difficili da smaltire e anche fra i più inquinanti. E solo ora si inizia timidamente a parlare di riciclo delle componenti, ad esempio con progetti di recupero dei loro metalli rari. Dove non arrivano i produttori, però, possiamo agire noi consumatori: non solo con acquisti più consapevoli, ma anche regalando a questi strumenti una nuova vita!
Tra cicli di vita e obsolescenza programmata
Quando si parla di smartphone, tablet e dintorni, il dubbio sarà certo sorto a tutti: questi dispositivi non sembrano essere progettati per durare a lungo. Un po’ perché il settore dell’elettronica di consumo corre velocissimo e, di conseguenza, questi strumenti che tutti teniamo in tasca diventano di anno in anno più performanti. Dall’altro, non si può dire che non vi siano vere e proprie pratiche di mercato: delle soluzioni, sia a livello hardware che a livello software, che impediscono ai device di estendere il più possibile la loro durata.
È quello che viene comunemente chiamato come obsolescenza programmata: un insieme di pratiche volte a bloccare il ciclo di vita di un prodotto, limitando il funzionamento a un periodo prefissato non esplicitamente comunicato ai consumatori. Ad esempio, sono sempre meno i produttori che permettono di sostituire le singole componenti dei loro device, tanto che ormai nemmeno le batterie risultano rimovibili. E, sempre nell’ambito dei big dell’informatica, sono pochi i nomi che garantiscono aggiornamenti software estesi nel tempo.
Quella dell’obsolescenza programmata è una questione che ha già generato numerose proteste, anche politiche. In particolare in Francia, uno dei Paesi che più si sta opponendo a questa pratica, ma anche in Europa: dal 2024 l’Unione Europea potrebbe richiedere ai produttori di ripristinare la possibilità di sostituire facilmente le batterie e garantire l’accesso a componenti interne di sostituzione per almeno 10 anni.
Ma entrando nel dettaglio, quanti anni di aggiornamenti ci si può attendere per i dispositivi più diffusi sul mercato, ovvero smartphone, tablet e computer?
- Smartphone e tablet: sono i meno longevi, anche se con enormi differenze a seconda del sistema operativo. Nell’universo iOS e iPadOS, Apple da qualche tempo sta garantendo all’incirca cinque anni di aggiornamenti del sistema operativo. L’universo Android è più complesso, poiché dipende dal singolo produttore: alcuni non superano i due anni, altri raggiungono i 4-5;
- Computer: per quanto presente, il problema dell’obsolescenza programmata si sente meno. Non solo perché a pesare maggiormente è proprio l’effettivo invecchiamento dell’hardware, ma anche perché è facile installare altri sistemi operativi quando quello in dotazione perde la possibilità di ricevere aggiornamenti. I più longevi in ogni caso sono i desktop, anche perché è semplice cambiare le loro componenti interne.
Vecchi smartphone e tablet: come dare loro una nuova vita
Anche volendo usare smartphone e tablet il più a lungo possibile, spesso dopo soli due o tre anni tocca arrendersi: si tratti della mancanza di aggiornamenti, di una batteria non più così duratura o di altri motivi, il dispositivo va cambiato. Ma come usarli in modo alternativo, evitando così di creare inutili rifiuti?
Il primo passo, è quello di verificare l’esistenza di sistemi operativi alternativi. Almeno nell’universo Android, dove da tempo molti gruppi di appassionati hanno realizzato delle soluzioni per rispondere alla mancanza di aggiornamenti da parte dei produttori. Uno degli esempi più validi su questo fronte è quello di LineageOS, una distribuzione gratuita che supporta una lunga lista di dispositivi, portandoli all’ultima versione di Android disponibile anche quando i produttori hanno smesso da tempo di farlo. Dopodiché, si può pensare ad alcuni usi alternativi:
- Videocamere di sicurezza: non tutti forse ne sono al corrente, ma è molto facile trasformare il vecchio smartphone in una videocamera di sorveglianza, magari da installare in una seconda casa spendendo poco. Basta sfruttare un contratto telefonico che preveda un monte dati generoso e installare delle apposite app – ce ne sono a decine sugli store – per usare la fotocamera del dispositivo come strumento di controllo degli ambienti;
- Piattaforma di retrogaming: il telefono che si usa da qualche anno potrebbe non essere più sufficientemente potente per sfruttare le ultime novità di mercato, ma può comunque garantire ancora molti anni di divertimento. Basta trasformarlo in una sorta di console di retrogaming, usandolo per giocare a classici indimenticabili degli anni ‘80, ‘90 e degli inizi dei 2000. Basta installare applicazioni come Retroarch, e altri emulatori presenti sugli store, e il gioco è fatto;
- Webcam: spesso la qualità delle webcam di laptop e affini lascia molto a desiderare, tra immagini sfocate e scarsa reattività alla luce. Perché allora non sfruttare l’avanzato sensore fotografico dello smartphone, pronto a garantire una qualità notevolmente più alta? Applicazioni come DroidCam o Camo permettono proprio di usare il vecchio smartphone come webcam ad alta qualità, sia su PC che su Mac;
- Navigatore per auto: uno smartphone non più giovanissimo non permetterà forse di giocare ai videogame di ultima generazione, ma è perfetto per montarlo fisso in auto e utilizzarlo come navigatore. Soprattutto se si usano mappe open-source, come le OpenStreetMap, sempre aggiornate anche quando il produttore del device interromperà gli upgrade;
- Streaming sul vecchio impianto hi-fi: molti di noi non riescono a rinunciare al vecchio impianto hi-fi, magari ancora funzionante dagli anni ‘70, ‘80 e ‘90. Ma che fare ora che la musica è sempre più in streaming? Le principali piattaforme di streaming musicale supportano versioni dei sistemi operativi anche non eccessivamente moderne. Basterà quindi comprare un cavetto jack con connettori a doppio maschio, collegarne un’estremità al telefono e l’altra all’ingresso AUX/LINE-IN dello stereo, per ascoltare la musica digitale anche sul vecchio impianto di casa;
- Cornice digitale: infine, si può trasformare il vecchio smartphone in una cornice digitale, impostando un carosello di immagini che ci stanno a cuore da mandare in rotazione sullo schermo. L’app Galleria anche di tablet e telefoni non più giovanissimi sicuramente è dotata di una funzione Presentazione/Slideshow.
Nuova vita a desktop e laptop
Recuperare vecchi computer è addirittura più semplice perché, nella maggior parte dei casi, si può prolungare il loro ciclo di vita semplicemente installando diversi sistemi operativi. Molte distribuzioni Linux – una delle più famose è Ubuntu – hanno versioni apposite per hardware vecchio, pensate per accedere comunque a funzionalità moderne.
Il primo passo da fare è capire se sia possibile donare il proprio desktop o laptop a chi potrebbe farne ancora buon uso. Ad esempio a un parente che ha solo semplici necessità di navigazione, a nipoti o figli di amici per seguire le lezioni online, ma anche a istituzioni e onlus. Ci sono diverse associazioni, infatti, che raccolgono computer ancora funzionanti per renderli disponibili a scuole primarie o biblioteche. E anche tante iniziative private: ad esempio, durante le fasi più dire della pandemia, un gruppo di giovanissimi ragazzi ha inaugurato PC4U.tech: un progetto di raccolta di vecchi computer per regalarli a famiglie bisognose, affinché nessuno studente potesse essere escluso dalla didattica a distanza.
In alternativa, come riutilizzare un vecchio computer?
- Aggiornare le componenti: è relativamente semplice aggiornare un desktop per renderlo più performante, ad esempio installando un nuovo processore – verificando sia compatibile con la propria scheda madre – aumentando la ram e cambiando la scheda grafica. Quando si parla di computer ormai di qualche generazione fa, il mercato dell’usato permette di trovare tutte queste componenti a prezzi anche molto vantaggiosi;
- Piattaforma di retrogaming: anche in questo caso, un vecchio computer può essere facilmente trasformato in una divertente macchina del tempo, per tornare alle sale giochi degli anni ‘80 e ‘90. Sempre utilizzando Retroarch o altri emulatori, disponibili sia per Windows che per Mac;
- Media Center: non servono grandi risorse hardware per trasformare un computer non più giovanissimo in un media center, magari da affiancare a un televisore non dotato di funzioni smart per portarlo nell’universo dello streaming. Quasi tutti i computer prodotti negli ultimi 10-12 anni dovrebbero essere in grado di gestire flussi video in HD, basterà quindi collegare computer e televisore con un cavo HDMI;
- Storage e NAS: tra fotografie, documenti, video e quant’altro, la nostra fame di archiviazione si raddoppia di anno in anno. E dotarsi di decine di dischi esterni di backup è molto scomodo. Perché allora non trasformare un vecchio computer in un efficiente NAS – ovvero un sistema di archiviazione fisso, ridondante e sicuro – a cui accedere comodamente tramite la rete WiFi di casa? TrueNas è uno dei sistemi operativi nato proprio a questo scopo;
- Aiutare la scienza: un vecchio computer è anche perfetto per aiutare la scienza, “prestando” la propria potenza di calcolo, piccola o grande che sia. In molti conosceranno il vecchio SETI@Home, che aiutava i ricercatori a studiare lo spazio, così come Folding@Home per l’analisi delle proteine. Oggi ci sono diversi progetti simili, raccolti in un apposito portale dall’Università di Berkeley.
E se proprio non c’è possibilità di recupero, perché il computer non è più funzionante oppure estremamente vecchio? Ricordiamoci allora il corretto smaltimento: i computer non vanno trattati come immondizia indifferenziata, ma consegnati negli appositi centri di raccolta – come le piazzole ecologiche presenti in ogni comune – per la corretta gestione dei rifiuti RAEE. Una piccola attenzione che fa la differenza per l’ambiente!
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