Avreste mai detto che in Italia si uccidono oltre 30 milioni di pulcini maschi l’anno, entro 48 ore dalla schiusa delle uova? Proprio così: è quello che accade in molti allevamenti di galline ovaiole, dove i maschi vengono abbattuti – anche con metodi atroci, come la triturazione – poiché inutili per produrre uova. Fortunatamente, anche lo Stivale ha deciso di seguire l’esempio di Paesi come la Francia e la Germania, adottando una specifica normativa per vietare questa inutile mattanza. Tuttavia, non entrerà in vigore prima del 2026: che fare, nel frattempo? E, soprattutto, quali sono le alternative?
La strage dei pulcini maschi negli allevamenti: cosa sapere
Negli allevamenti destinati alla nascita di galline ovaiole, per la loro vendita alle imprese che si occupano appunto di produzione delle uova, i pulcini maschi rappresentano un problema. Come facile intuire, questi esemplari risultano inutili agli scopi d’allevamento e, così, ogni giorno decine di migliaia di pulcini vengono soppressi. Nella maggior parte dei casi ciò avviene tramite tecniche di soffocamento senza stordimento o, ancora, addirittura con la triturazione da vivi: una triste fine che avviene tra le 24 e le 48 ore dalla schiusa delle uova.
Una simile mattanza ha non solo implicazioni di natura etica, ma anche pratiche. Ad esempio, perché questi pulcini non vengono allevati come pollame? Cerchiamo di capirlo insieme.
Polli e galline: razze ovaiole e razze da carne
Perché questi esemplari, anziché essere abbattuti, non vengono impiegati come esemplari da carne? La ragione è tanto semplice, quanto poco edificante: poiché non appartengono alla giusta razza. Di norma, per le necessità alimentari umane si ricorre a:
- razze ovaiole: dalla Volkwerk alla Livornese, si tratta di galline particolarmente prolifiche nella produzione di uova. In altre parole, sono state appositamente selezionate per produrre quante più uova possibili – più di 300 l’anno per ogni singolo esemplare – così da massimizzarne la vendita. I maschi di queste razze, tuttavia, tendono a raggiungere un peso decisamente inferiore a quello delle femmine e anche in tempo abbastanza lunghi e, per questa ragione, non sono d’interesse per l’industria della carne;
- razze da carne: dette anche Broiler o “a rapido accrescimento”, si tratta di veri e propri ibridi commerciali, selezionati affinché raggiungano un peso considerevole in pochissimo tempo. In genere vengono allevati sia maschi che femmine, poiché vengono macellati prima del raggiungimento della piena maturità sessuale, e si registrano ritmi velocissimi: galline e polli possono superare i 4 chilogrammi in circa 40 giorni. Il tutto, comprimendo ulteriormente il loro benessere: si può infatti parlare di maltrattamento genetico, poiché l’eccessiva selezione ha portato a esemplari con petti di dimensioni sproporzionate al corpo, con tutto ciò che ne consegue per la salute e la deambulazione di questi animali.
In altre parole, negli allevamenti di uova i pulcini maschi vengono uccisi poiché non sarebbero impiegati in altro modo, nemmeno per la vendita di carne.
Lo stop normativo al culling di pulcini
Come ho spiegato in apertura, dopo Francia, Germania e Svizzera, anche l’Italia ha deciso di dotarsi di specifiche normative per vietare il cosiddetto culling, ovvero l’uccisione di pulcini maschi a poche ore dalla schiusa delle uova.
Nonostante questo provvedimento sia stato approvato per la prima volta nel 2021, i decreti attuativi sono giunti solo la scorsa estate, sollevando anche qualche dubbio fra le associazioni come Animal Equality, per alcune deroghe comunque concesse agli allevamenti. Ancora, queste misure non saranno introdotte prima del 2026. Ma cosa prevede la legge, ovvero il Decreto Attuativo del Regolamento CE 1099/2009?
- Divieto di abbattimento selettivo dei pulcini maschi;
- Divieto di abbattimento per macerazione o triturazione;
- Introduzione di tecnologie di ovosessaggio, ovvero di selezione dei pulcini in fase embrionale.
Le deroghe previste – e, come anticipato, sulle quali vi sono ancora ampi dubbi – riguardano invece alcune casistiche a favore degli allevamenti. Nel dettaglio:
- Errori di ovosessaggio: in presenza di errori di ovosessaggio, o di malfunzionamento dei macchinari impiegati a questo scopo, sarà comunque possibile procedere alla soppressione dei pulcini;
- Depopolamento degli allevamenti: quando previsto dalla legge, ad esempio per circoscrivere situazioni di rischio, si potrà procedere con l’uccisione dei pulcini;
- Salute pubblica: in presenza di infezioni e malattie e a rapida diffusione negli allevamenti, la soppressione è ammessa per ragioni di salute pubblica;
- Tempistiche: la legge prevede la possibilità di intervento, ad esempio con l’ovosessaggio, fino al quattordicesimo giorno dall’incubazione. Tuttavia, le associazioni propongono che questo termine venga prima spostato al nono giorno e, non appena le tecnologie di ultima generazione saranno largamente disponibili, al settimo. Questo perché, stando ai più recenti studi scientifici, fino al settimo giorno l’embrione sembra non sia in grado di percepire dolore.
Mentre si attende di comprendere come verrà sciolto il nodo delle deroghe, è importante iniziare a capire cosa fare da qui al 2026.
Le alternative all’uccisione dei pulcini maschi
Già oggi sono disponibili diverse alternative per eliminare, o quantomeno ridurre, l’uccisione dei pulcini maschi all’interno degli allevamenti. In generale, possiamo dividere queste soluzioni in due grandi gruppi: le tecniche di ovosessaggio e gli allevamenti virtuosi, questi ultimi però una realtà ancora poco diffusa.
Tecniche di ovosessaggio per la selezione delle uova
La prima soluzione per eliminare l’abbattimento di pulcini, quella peraltro scelta anche dalla normativa di recente approvazione, è quella del ricorso alle tecniche di ovosessaggio. Di che cosa si tratta? Nella pratica, si utilizzano speciali macchinari per comprendere il sesso dell’embrione a pochissimi giorni dalla formazione delle uova, così da eliminare quelle che contengono esemplari maschi molto prima che nascano.
Le tecnologie oggi disponibili sul mercato sono le più disparate, in linea generale sono due le più diffuse:
- Infrarossi: un raggio agli infrarossi viene indirizzato sulle uova e, attraversando la barriera del guscio, raccoglie informazioni su alcune caratteristiche dell’embrione, come la forma dell’animale o il colore delle piume. In questo modo, si possono identificare facilmente gli esemplari maschi;
- Laser: tramite un raggio laser viene effettuato un microforo sul guscio, dopodiché un minuscolo ago preleva un campione di materiale biologico e, tramite un’analisi genetica della durata di poche ore, viene stabilito il sesso dell’embrione.
Queste tecnologie richiedono tempistiche diverse, ad esempio per l’ovosessaggio agli infrarossi possono essere necessari embrioni già abbastanza cresciuti. Il laser, invece, può essere utilizzato entro i 7 giorni dalla formazione dell’embrione. Come accennavo nel precedente paragragoi, fino ai 7 giorni il pulcino non dovrebbe essere in grado di sentire dolore, perciò l’eventuale eliminazione delle uova sarebbe maggiormente etica.
Allevamenti virtuosi per produrre sia uova che carne
Da qualche tempo sono nate alcune sperimentazioni per verificare la fattibilità dei cosiddetti allevamenti “dual porpose”. Presso queste strutture vengono infatti allevate razze che possono essere scelte sia per la produzione di uova che di carne, eliminando quindi a monte la necessità di abbattere i pulcini maschi e di investire in costose tecnologie di ovosessaggio. Tuttavia, per quanto promettenti sulla carta, queste proposte sono ancora lontane dal risultare interessanti per l’industria, per via dei loro alti costi:
- gli esemplari destinati all’industria della carne presentano tempi di accrescimento molto più lenti rispetto agli esemplari Broiler, a volte anche quattro volte meno veloci. E questo, aumentano i costi di allevamento, porta anche a prezzi di vendita più elevati e, di conseguenza, ignorati dalle imprese commerciali;
- le galline appartenenti a queste razze producono meno uova, che risultano così più costose sul mercato. Anche in questo caso, la soluzione non viene quindi considerata sufficientemente interessante dalle aziende.
In Germania, ad esempio, sono stati aperti alcuni allevamenti di test basati proprio su razze adatte sia alla produzione di uova che per l’industria della carne, eliminando così il problema dell’uccisione dei pulcini maschi e gli investimenti in ovosessaggio. Questi esemplari richiedono però più di 98 giorni per raggiungere gli 1.5 chilogrammi di peso, di cui solo il 17% di petto, contro i 42 giorni medi che impiegano le razze Broiler a raggiungere i 4 chilogrammi, di cui più del 25% di petto. Se si applicassero i reali costi di allevamento, ogni singolo esemplare pronto alla macellazione dovrebbe essere venduto a 32 euro, una cifra decisamente elevata affinché possa risultare anche solo lontanamente interessante per l’industria. Grazie a migliorie di alimentazione e di cura, queste tempistiche – e i relativi costi – si stanno riducendo, ma servirà ancora qualche anno prima che possano risultare vagamente competitivi rispetto agli allevamenti intensivi.
Cosa possiamo fare, di conseguenza, in attesa del 2026? Innanzitutto, con scelte di consumo più consapevoli, riducendo la nostra domanda di uova. Poi, supportando associazioni e realtà che stanno spingendo affinché la normativa tenga in considerazione tutti i dubbi sulle deroghe introdotte, per garantire livelli sempre più elevati di benessere animale.
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