Il bellissimo progetto di una start-up italiana per adottare un alveare (e ricevere il miele)
Il 2019 è stato un anno nero per la produzione di miele in Italia. ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo e Alimentare) ha da poco pubblicato un report, in cui si legge che quest’anno la produzione di miele a livello nazionale si è quasi dimezzata: anche i dati di Coldiretti e ISTAT confermano che ne abbiamo perse 10mila tonnellate, il 40% di quanto si aspettavano gli apicoltori, con un danno economico pari a 73 milioni di euro, senza contare le spese necessarie per nutrire le api. E parliamo della media, perché in alcuni casi la situazione è drammatica: nella zona di Varese, il raccolto della varietà acacia ha subìto perdite anche del 90%. L’emergenza però è più estesa, visto che secondo i dati STEP (Status and trends of European pollinators) il 9,2% degli insetti impollinatori d’Europa sta per estinguersi, mentre un ulteriore 5,2% è a rischio nel futuro prossimo.
Foto: tg24.sky.it
In un precedente post avevamo parlato delle principali cause della moria delle api. In testa alla classifica dei responsabili ci sono alcuni pesticidi utilizzati in agricoltura, in particolare tre, appartenenti alla classe dei neonicotinoidi, soggetti a restrizioni in Europa dal 2013 ma non ancora banditi nonostante le richieste degli esperti e la conferma dei rischi da parte dell’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare); anche a bassi dosaggi infatti si sono rivelati nocivi sia per le api selvatiche che per quelle mellifere, causando problemi di orientamento e nella riproduzione. A questo poi si aggiungono altre cause, come il diffondersi di malattie negli alveari, il degrado ambientale e la scomparsa di molte piante utili per le api, i cambiamenti climatici, che quest’anno in Italia hanno decisamente dato prova della loro esistenza, con un inverno piuttosto mite, una primavera fredda e piovosa e un’estate sempre a cavallo tra temperature roventi e nubifragi.
Non stupisce quindi che il 2019 sia stato un annus horribilus, anche peggio dei precedenti comunque già critici. Un peccato mortale, pensando soprattutto all’enorme patrimonio apistico che abbiamo in Italia, grazie alla varietà di ambienti e territori che contraddistinguono la nostra penisola, dalla montagna, alla Pianura Padana, alla macchia mediterranea: oltre 30 varietà di monoflora e un’infinità di millefiori, tutti diversi tra loro. Un calo di produzione del miele italiano si traduce in un aumento dei prodotti importanti dall’estero, che però non hanno né la stessa qualità, né la stessa sicurezza; basti pensare che il maggior esportatore al mondo è la Cina (un consiglio: leggete l’etichetta, ed evitate i prodotti con la scritta “Miscela di mieli originari e non originari della UE”!).
Ma se pensate che questo problema riguardi solo gli apicoltori o i golosi di miele, sbagliate. Le api sono fondamentali per la biodiversità e di conseguenza anche per noi, perché da questi preziosi insetti dipende la maggior parte dei cibi che ogni giorno portiamo in tavola: secondo la FAO sono impollinatori di 71 sulle 100 specie vegetali da cui traiamo il 90% dei nostri prodotti alimentari.
Foto: tuttogreen.it
Ecco perché sorge spontanea una domanda: cosa possiamo fare per salvare le api? Gli scienziati fanno la loro parte, le istituzioni (si spera) altrettanto, ma anche noi cittadini possiamo dare un contributo con poca fatica; ad esempio, in questo post vi avevo suggerito un elenco di piante mellifere da coltivare a casa per nutrire le api.
Le soluzioni non mancano, grazie anche a chi mette le proprie competenze al servizio dell’ambiente e di tutte le persone ecocentriche. A questo proposito, ho scoperto di recente una bellissima iniziativa realizzata da una giovane start-up che mi ha così colpito, che ho deciso di parlarvene.
Si chiama 3Bee, ed è stata creata da Niccolò Calandri, ingegnere elettronico, e Riccardo Balzaretti, biologo. Hanno messo a punto un sofisticato dispositivo, composto di sensori che valutano diversi parametri, da installare negli alveari e che permette agli apicoltori di tenere monitorato lo stato di salute delle api in tempo reale: in questo modo è possibile intervenire tempestivamente in caso di anomalie, riducendo quindi la moria delle api e la somministrazione ingiustificata di farmaci, ed al tempo stesso aiuta l’apicoltore ad ottimizzare la gestione dei propri alveari riducendo, tra le altre cose, anche l’inquinamento generato dai propri mezzi di spostamento per i viaggi di routine. In questi 2 anni di attività, il successo è stato tale che la start-up ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, e la tecnologia inventata da Niccolò e Riccardo è già stata adottata da 1000 apicoltori italiani.
I due imprenditori però hanno deciso di pensare anche ai consumatori sensibili all’ambiente, ai prodotti alimentari di qualità e alla situazione critica delle api. Di recente hanno lanciato un progetto, chiamato “Adotta un Alveare”: con un piccolo contributo, chiunque può scegliere un alveare da “adottare” a distanza, ricevendo in cambio il miele prodotto. È molto semplice e si attiva sul sito in pochi click, basta solo scegliere il proprio alveare dalla lista di apicoltori o dalla mappa, e riceverete subito l’attestato di adozione; da quel momento si può seguire la crescita e l’andamento dal proprio smartphone attraverso l’App , dato che verrà monitorato dal dispositivo di 3Bee (se poi l’apicoltore lo prevede, nulla vi vieta di visitare l’apiario anche di persona!). Una o due volte all’anno riceverete a casa vostra il miele prodotto dall’alveare che avete scelto!
Un’iniziativa del tutto no profit: 3Bee non ha nessun guadagno, il loro progetto nasce semplicemente con l’obiettivo di fare qualcosa di concreto per invertire la rotta e salvare le nostre api prima che sia troppo tardi. Ognuno di noi può farlo, con tanti piccoli gesti quotidiani, e aderire ad “Adotta un Alveare” è un modo molto semplice, divertente e anche utile: vi permetterà di ricevere un prodotto agroalimentare di cui il nostro Paese può andare fiero, appena fatto e direttamente dal produttore, andando a valorizzare il nostro Made in Italy.
Io ho già il mio alveare: quanti faranno altrettanto?
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