Punto di vista

Biocarburanti ed e-fuel: potenzialità e limiti per la mobilità del futuro


Rifornimento di biocarburanti

Biocarburanti ed e-fuel possono davvero rappresentare degli alleati, per una mobilità del futuro a zero emissioni? È la domanda che mi sto ponendo in questi giorni, anche dato il sempre più acceso dibattito pubblico e politico sul tema. Con il target del 2035 fissato a livello europeo, quando non si potranno più vendere nuovi veicoli diesel e benzina, alcuni Paesi – tra cui l’Italia – spingono affinché i motori endotermici non vengano abbandonati del tutto, bensì alimentati proprio con biocarburanti o combustibili sintetici. Ma quali sono vantaggi e rischi di questa proposta e, soprattutto, quale l’impatto di queste soluzioni a livello ambientale?

Addentrarsi in un tema così non è semplice, poiché il confronto tra sostenitori e detrattori è decisamente duro ed è alto il conflitto d’interessi. Per questo, ho deciso di chiedere un parere a Fabio Orecchini, Ordinario di Macchine e Sistemi per L’Energia e l’Ambiente presso l’Università degli studi Guglielmo Marconi. L’esperto che è anche stato uno degli ospiti di Ecocentrica OnAir, in una diretta dedicata alle macchine del futuro.

Biocarburanti ed e-fuel: cosa sono?

Biocarburanti, colza

Partiamo dalle definizioni: cosa si intende per biocarburanti ed e-fuel e, soprattutto, quali sono quelli più diffusi e già disponibili sul mercato?

  • Biocarburanti: si tratta di idrocarburi, quindi di combustibili, che non vengono ricavati da fonti fossili bensì da materie organiche. Si ottengono dalla lavorazione e dalla fermentazione di sostanze vegetali e possono rappresentare dei sostituti di benzina e diesel, da utilizzare nelle comuni vetture a motore endotermico;
  • E-fuel: sono dei carburanti di origine completamente sintetica. Vengono anche definiti “elettrocarburanti”, poiché mirano a rendere un vettore come l’idrogeno utilizzabile anche nei motori a combustione, ad esempio combinandola con l’anidride carbonica.

I biocarburanti possono essere divisi in due grandi gruppi, a seconda della tipologia del motore che andranno ad alimentare:

  • Biodiesel: viene ricavato da oli vegetali (colza, girasole e via dicendo) e può essere utilizzato sugli attuali motori diesel, da solo o mescolato con gasolio classico;
  • Bioetanolo: è un sostituto della benzina ottenuto dalla fermentazione di biomasse come cereali, mais, vinacci e via dicendo. Nei motori classici può essere mescolato fino al 20% con la benzina oppure impiegato puro nei motori flex.

Mentre i biocarburanti rappresentano oggi una realtà già abbastanza affermata, gli e-fuel non sono ancora commercialmente così diffusi. A oggi, si contano poco meno di venti impianti di produzione in tutto il mondo, diversi dei quali ancora in costruzione e operativi nei prossimi anni. In linea generale, possono essere usati sui normali motori a scoppio, con qualche adattamento.

L’impatto ambientale di biocarburanti ed e-fuel

CO2

Biocarburanti ed e-fuel rappresentano di certo un’alternativa ai classici benzina e diesel, ma qual è il loro impatto ambientale? Rispondere a questa domanda è tutto fuorché semplice.

Sul fronte delle emissioni climalteranti, come quelle di CO2, è opinione diffusa che i biocarburanti siano sostanzialmente a impatto zero: usandoli, non si farebbe altro che “liberare” l’anidride carbonica assorbita dalla pianta durante la sua crescita. Questo però sulla carta, perché vi sono numerosi fattori da tenere in considerazione.

I biocombustibili, i combustibili sintetici e l’idrogeno, che è la base portante dei cosiddetti e-fuel, hanno sulla carta le stesse possibilità di tecnologie come l’elettrico di rendere neutra la CO2” – spiega orecchini. “Ho utilizzato l’espressione ‘sulla carta’ non a caso. Sull’automobile elettrica, qualche anno fa ci fu un report del MIT, molto ripreso da chi si opponeva all’elettrico, che diceva che le auto elettriche emettevano più CO2 rispetto alle automobili tradizionali, a causa delle elevate emissioni per la loro produzione e per la produzione di energia necessaria ad alimentarle. Tutti hanno usato però un solo risultato di quel report, che diceva che, se si produce l’energia elettrica ancora con il carbone – o con un mix energetico dove vi è molto carbone – le emissioni aumentano. Per i biocombustibilii e gli e-fuel vale lo stesso discorso: oltre a problemi di approvvigionamento, se per coltivare i campi da cui provengono le colture necessarie, o per trasportarle da dove sono raccolte a dove servono, si ricorre a tecnologie ad alte emissioni, queste ovviamente si aggiungono”.

Un recente briefing di Transport&Environment, ad esempio, spiega che i biocombustibili usati in Europa dal 2011 al 2021 – circa 39 mT – abbiano generato ben 381 mT di CO2 equivalente, più del triplo se fossero stati alimentati quei veicoli con classico diesel. Questo perché si è trattato di carburanti perlopiù derivati dall’olio di palma e di soia, prodotti a grande distanza dal Vecchio Continente e coltivati avvalendosi di tecnologie ancora largamente legate ai combustibili fossili. Senza parlare della deforestazione causata per fare le piantagioni di olio di palma e soia…

Riprendendo l’esempio dei motori elettrici, “abbiamo pubblicato con la Fondazione Caracciolo uno studio sul ciclo di vita delle auto elettriche” – aggiunge Orecchini. “Queste possono andare da 5 grammi di emissioni di CO2 equivalente al chilometro fino a 180/200 grammi di CO2 equivalente al chilometro. Dipende da dove ho prodotto le batterie, dove ho prodotto l’automobile, come la alimento. Io mi concentro sul potenziale, ovvero sui 5 grammi: significa che, con questo tipo di tecnologia, posso raggiungere emissioni praticamente zero. Questo vale anche per i biocombustibili, gli e-fuel e l’idrogeno. Il discorso diventa perciò di secondo livello: quali di questi più probabilmente, o più velocemente, mi permette di raggiungere lo zero? A livello teorico, un’auto a biocombustibile può emettere zero CO2, esattamente come un’auto elettrica, a idrogeno oppure a e-fuel”.

Gli altri inquinanti e la competizione agricola

Ovviamente, quando si parla di combustibili – siano essi di origine fossile, vegetale o sintetici – le emissioni di CO2 non sono l’unico elemento da prendere in considerazione. Innanzitutto, vi sono altri inquinanti, i cui livelli di emissione vengono solitamente definiti a livello locale. Sempre Transport&Environment spiega che sia la combustione di biocarburanti che di e-fuel producono livelli di particolato e di ossido di azoto del tutto simili a quelli di benzina e diesel. Di conseguenza, queste soluzioni possono essere a emissioni zero di anidride carbonica, ma non lo saranno invece sul fronte di questi inquinanti, che invece con le macchine elettriche non ci sono.

Ma vi è un altro problema da considerare, quello della competizione agricola, in particolare per i biocombustibili. Il rischio che le piante necessarie vengano coltivate a discapito della produzione di cibo è già reale, come dimostra il passato relativamente recente del bioetanolo negli Stati Uniti e in Brasile.

I biocarburanti – commenta Orecchini – rischiano di mettere in competizione il motore delle auto con la bocca delle persone. Questo si è evidenziato nei decenni scorsi con l’etanolo, già oggi molto diffuso in Paesi come il Brasile e gli Stati Uniti, dove conveniva coltivare campi di mais per ottenere bioetanolo anziché per produrre farine. Negli anni scorsi ci sono state forti polemiche con il Messico e il Centroamerica, che dipendevano da quel mais: quella farina era diventata troppo cara anche, si diceva, anche a causa dell’etanolo. La competizione tra ‘pancia umana’ e ‘pancia della macchina’ esiste, ed è uno degli elementi da tenere in considerazione quando si parla di biocombustibili ad altissima diffusione. È però vero che questo rischio è minore nelle seconde generazioni di biocombustibili: Eni, ad esempio, a Gela e a Marghera ha aperto bioraffinerie basate su residui – da rifiuti, da oli usati – e non su coltivazioni dedicate. Ovviamente, anche queste hanno però un limite di approvvigionamento. Poi c’è un altro problema parallelo, ovvero il rischio delle deforestazioni. Nel momento in cui diventa economicamente vantaggioso coltivare per i biocombustibili, soprattutto in zone poco ricche, si rischia la deforestazione”.

Biocarburanti ed e-fuel nella nuova mobilità

Biocarburanti e mobilità

Abbiamo visto che i biocarburanti e gli e-fuel possono rappresentare un’alternativa a emissioni zero, almeno sulla carta, a benzina e diesel. Questo sempre che siano prodotti con tecnologie che non si avvalgono di combustibili fossili, a livello locale e, soprattutto, che non entrino in competizione con la produzione agricola o causino deforestazione. Ma come si inseriscono nel processo in corso verso la nuova mobilità, quella che in Europa vieterà nel 2035 la vendita di nuove auto endotermiche? Possono rappresentare un alleato o, in alternativa, sono un ostacolo a una mobilità il più possibile a zero emissioni?

Secondo alcuni, l’immediato futuro non può che essere completamente elettrico, sia con soluzioni a batteria che con le tecnologie fuel-cell. Di conseguenza, biocarburanti ed e-fuel non andrebbero considerati nella transizione verde della mobilità, anzi rischierebbero addirittura di rallentare l’arrivo dell’elettrico. Eppure, tutto dipende dall’obiettivo che si vuole raggiungere. Lo spiega perfettamente Orecchini:

Come sempre, quando ci sono più soluzioni e risorse limitate, c’è il rischio che per inseguire tutto non si ottiene quello che si vorrebbe. Molte forze politiche, molte associazioni e molti esperti spingono affinché ci si concentri su una soluzione, in particolare quella dell’elettrico a batteria, che necessita di un’infrastruttura tutta da costruire, di auto che devono diventare ancora competitive da un punto di vista economico, di batterie che hanno ancora bisogno di ricerca. Questo è un punto di vista, ma c’è anche chi sostiene che sia bene che le istituzioni e le norme si mantengano neutrali dal punto di vista tecnologico: bisogna indicare l’obiettivo, ma non il modo con cui arrivare a raggiungerlo. Anche perché, strada facendo, si potrebbero trovare delle soluzioni che a priori non erano state preventivate. […] In un panorama di transizione, ci sono due possibili scelte: una è quella pluritecnologica, l’altra quella monotecnologica. Se il nostro obiettivo è quello di arrivare al 100% elettrico, allora biocarburanti ed e-fuel possono rallentare questo percorso. Ma se l’obiettivo è il 100% CO2-neutral, allora posso servire. Io penso che, per la transizione e per la ricerca, quando si hanno più soluzioni, soprattutto quando non sono infinite, è bene portarle avanti”.

Tra effettive necessità e vecchi interessi

Come facile intuire, bisogna però mantenere l’attenzione sempre alta e prevedere un contesto normativo adeguato, per evitare che tecnologie che potrebbero aiutare nel raggiungere la neutralità delle emissioni si traducano, invece, nella propagazione di vecchi interessi. È una questione che già ora si nota con gli e-fuel che, per quanto non ancora disponibili al grande pubblico e probabilmente non destinati a raggiungere più del 2% del mercato entro il 2035% – sempre stando a T&E – vengono oggi annunciati con grandi proclami.

Da un lato, vi è il rischio di dimenticare che gli e-fuel – poiché basati sull’idrogeno, ottenuto tramite elettrolisi – richiedono energia e risorse per essere prodotti. Affinché siano carbon neutral, di conseguenza, è necessario che venga impiegata energia rinnovabile. Inoltre, vi è il problema dell’acqua necessaria alla stessa elettrolisi: pericoloso sarebbe impiegare acqua dolce, mentre quella salata deve essere sottoposta a desalinizzazione, con tutto ciò che questo comporta (per esempio ampio utilizzo di energia). Dall’altro, bisogna prestare attenzione affinché sugli e-fuel non si faccia greenwashing: il rischio che venga sovrastimata la loro portata ambientale potrebbe, in realtà, posticipare ulteriormente nel tempo l’addio ai motori a combustione, il tutto a vantaggio dei big del petrolio.

In definitiva, biocarburanti ed e-fuel rappresentano una risorsa potenzialmente a impatto ridotto per la nuova mobilità. Tutto dipende da come vengono prodotti e distribuiti e, soprattutto, che la loro espansione non sia a danno della produzione agricola o di tecnologie già oggi potenzialmente più efficaci, come l’elettrico a batteria o fuel-cell.

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