L’Ue decide di promuovere l’itticoltura per rispondere a una domanda di pesce sempre meno sostenibile. Ma il pesce allevato è buono e salutare come quello selvatico?
Il pesce a noi italiani piace un sacco. Talmente tanto che ormai le nostre riserve ittiche non bastano più a soddisfare le esigenze della Penisola. Negli ultimi anni i nostri mari sono stati in grado di soddisfare soltanto il 30% della richiesta del mercato interno e per i rimanenti due terzi ci siamo dovuti appoggiare sul pesce importato. E’ per questo che l’interesse per l’itticoltura cresce costantemente: se non possiamo rinunciare al pesce e il mare non ce ne fornisce abbastanza perché depauperato da decenni di pesca eccessiva non ci resta che ricorrere all’allevamento.
Nel 2015 il Fish dependence day, la data in cui, per le quote di pesca prevista, abbiamo terminato virtualmente le nostre riserve ittiche annuali è caduto il 15 di maggio. Virtualmente, nel senso che in realtà continuiamo a mangiare anche pesce italiano ma così facendo stiamo consumando le riserve del prossimo anno…. come se chiedessimo un anticipo ai mari italiani sul pesce del prossimo anno. Andiamo in prestito. Il problema è che questo prestito, da anni, non riusciamo a restituirlo e il Fish dependence day cade sempre prima. E così il trend delle importazioni di pesce e prodotti ittici in generale (crostacei e molluschi) da ogni parte del mondo è aumentato costantemente, non solo dalla Grecia o dai paesi del Nord Africa, comunque affacciati sul Mediterraneo, ma anche e soprattutto dal Sud Est asiatico e dalla Cina.
Prodotti di scarsissisima qualità, provenienti da allevamenti che sono anni luce lontani da quelli nostrani sotto il profilo sanitario e ambientale.Ma è così: c’è la domanda, bisogna rispondere con un’adeguata offerta. Chi se ne frega se poi si tratta di pangasio cinese o gamberetti indonesiani…
Le verità è che in Europa, e in Italia specialmente, il mercato dell’itticoltura è ancora limitato nonostante cresca a ritmi vertiginosi in tutto il mondo. E’ per questo che ultimamente l’UE ha deciso di stanziare milioni e milioni di fondi per rinforzare l’itticoltura europea (e, quindi, anche quella di casa nostra), per rispondere alle nostre esigenze alimentari ma anche per dare respiro ai mari europei che sono stati letteralmente saccheggiati per anni.
Un paradosso se pensiamo che gli antichi romani conoscevano già, più di duemila anni fa, varie ed efficaci tecniche di allevamento in vasca di diverse specie. Questo significa che, a ben vedere, l’allevamento di pesci dalle nostre parti potrebbe essere considerata una tradizione antica.
Il dilemma più grande riguarda il consumatore: il pesce d’allevamento è migliore , peggiore o equivalente a quello selvatico sotto il profilo nutrizionale, organolettico e igienico? Difficile arrivare a un punto. Secondo gli allevatori non esisterebbero grandi differenze…Anzi, il contenuto in grassi omega 3 (grassi “buoni” che fanno bene al cuore) sarebbe persino superiore in alcuni casi nei pesci cresciuti in vasca. Inoltre, in generale, il pesce allevato, nonostante un contenuto medio più alto di lipidi, risulterebbe del tutto sano a livello nutrizionale. Se l’allevatore lo ha ben nutrito, ovviamente.
Un allevamento condotto nel massimo del rispetto delle norme igienico sanitarie produce pesci controllati, dalla nascita alla pesca, cresciuti in condizioni costantemente monitorate. Tuttavia, rimane la questione dell’impatto degli allevamenti a mare, dell’impiego di zoofarmaci volti a impedire epidemie in vasche e reti dove gli animali troppo spesso vivono ammassati… Penso per esempio ai salmoni provenienti dagli allevamenti americani e nordeuropei, lager a mare in cui i pesci subiscono un pesante stress alimentare e biochimico (a colpi di antibiotici) e con un impatto sull’ambiente veramente pesante. Non per nulla, rispetto ai salmoni, preferisco le nostre trote d’allevamento cresciute in fresca, pulitissima acqua corrente.
In generale, direi, preferisco il pesce allevato italiano perché l’Italia è forse il paese con il più rigido sistema di controlli igienico-sanitari in campo alimentare. E se non lo trovo come dico io, piuttosto non ne mangio. Anche in questo caso, tuttavia, se ogni cosa viene fatta nel rispetto delle regole, il prodotto che giunge nel piatto del consumatore finale dovrebbe essere ritenuto di buona qualità e a impatto ragionevole. State alla larga da orate e branzini della Grecia e pesci e crostacei allevati nelSud est asiatico e America: i controlli igienico sanitari sono approssimativi o a maglie più larghe.
Per verificare la bontà del pesce allevato, durante una puntata di Pianeta Mare, ho sottoposto a un assaggio quattro operatori del settore: un pescatore, un allevatore di pesci con vasche a terra, un allevatore con vasche a mare e uno che “alleva” pesci di laguna. Sono stati cucinati al sale quattro branzini (uno allevato a terra, uno a mare, uno in laguna e uno selvatico) e sono stati serviti senza che li si potesse distinguere. Ebbene, gli stessi addetti ai lavori hanno faticato a distinguere i pesci in base al sapore: tutti e quattro, seppur caratterizzati da alcune sfumature nel gusto (specie il selvatico è risultato più “aspro”), sono risultati ottimi! Quindi perché denigrare il pesce allevato, ignorandolo a favore del selvatico la cui cattura ha spesso un sensibili impatto sullo stock ittico di riferimento e inoltre costa di più? Stando comunque molto attenti alla qualità dell’allevamento di provenienza: l’alimentazione dei pesci, la densità e l’acqua in cui vengono cresciuti sono fattori decisivi nel determinarne il sapore. Per questo per quanto mi riguarda dico: solo pesce italiano, possibilmente allavato in laguna o vasche in mare (che per il mio gusto sono i più buoni)!
Ps. Sono nati ultimamente anche allevamenti di pesci bio in italia! Non è facilissimo trovarli ma con un po’ di ricerca e fortuna…
6 Comments
Trinca
13 Agosto 2015 at 21:52Brava Tessa, parli sempre in maniera chiara e comprensibile a tutti! Continua così a presto e Buon Ferragosto a te e tuoi cari
Tessa Gelisio
17 Agosto 2015 at 18:16grazie!! che piacere sentirti
un racione
achille
14 Agosto 2015 at 9:39Gentile Tessa,
Articolo ben fatto, facciamo conoscere anche le aziende biologiche , brava buon ferragosto
Tessa Gelisio
17 Agosto 2015 at 18:15grazie!!! ma riesco a trovare i vs prodotti a milano?
achille
20 Agosto 2015 at 6:43Ciao Tessa,
Spediamo direttamente a casa in 24h con scatole in eps, filiera corta 🙂 , dal produttore al cliente finale , si accorciano i tempi, garanzia di qualità. Naturalmente tutto biologico estensivo !!!
Ed entro fine anno saremo in grado di offrire anche le alghe, la lattuga di mare , naturalmente biologica.
Se mi mandi l’indirizzo ti faccio arrivare le prime orate della stagione.
Complimenti per il blog
ciao Tessa
Tessa Gelisio
25 Agosto 2015 at 9:12ottimo!!! ti scrivo via mail
grazie mille