Punto di vista

Cambiamento climatico: le fake news più famose


Quali sono le più note argomentazioni dei negazionisti climatici? Vediamo insieme la loro origine, perché sono diventate così diffuse e cosa fare per sfatarle.

“I cambiamenti climatici non esistono”, dicevano gli scettici. Adesso che gli effetti sono ormai sotto gli occhi di tutti, però, è diventato sempre più difficile negare l’evidenza: e allora hanno un po’ ridimensionato le loro obiezioni, ammettono che il clima sta cambiando, ma sostengono che tutto ciò non dipenda dalle attività umane e dal famoso effetto serra. Queste affermazioni vi suonano familiari? Probabile, perché sono alcuni dei cavalli di battaglia dei negazionisti del cambiamento climatico, i quali esistono più o meno da quando la comunità scientifica ha iniziato ad esprimere la propria preoccupazione circa il futuro della Terra.

Di riscaldamento globale e delle sue conseguenze si parla da tanto (troppo) tempo. Questo tema è di dominio pubblico da più di tre decenni: era il 1990 quando è stato pubblicato il Primo rapporto del Gruppo intergovernativo su cambiamento climatico (IPCC), nel quale si traeva la conclusione che «Le emissioni risultanti dalle attività umane stanno sostanzialmente incrementando la concentrazione nell’atmosfera dei gas ad effetto serra (…) Questi incrementi rafforzeranno l’effetto serra, provocando in media un riscaldamento aggiuntivo». Poco spazio a dubbi, insomma, in merito all’influenza dell’uomo nei confronti del clima. Conclusioni che però a qualcuno non sono evidentemente piaciute, dal momento che si è impegnato in una grande campagna di disinformazione con lo scopo di contrastare la presa di coscienza da parte del pubblico. ExxonMobil è una delle compagnie petrolifere più famose al mondo (proprietaria anche del marchio Esso); negli anni ’70 incaricò un gruppo di scienziati, molto competenti, di condurre uno studio sulla relazione tra emissione di gas climalteranti in atmosfera ed aumento della temperatura: le previsioni, viste con il senno di poi, sono state accuratissime, perché hanno effettivamente correlato una concentrazione di CO2 pari a 400 ppm (lo scorso 6 giugno abbiamo toccato il record di 421 ppm) con un +1.2°C rispetto alla media del periodo preindustriale (l’anomalia del 2021, secondo i dati dell’Organizzazione meteorologica mondiale, è stata di +1.11°C). Buone notizie? Nient’affatto, perché Exxon ha preferito nascondere questa scoperta e diffondere invece pericolose fake news sul riscaldamento globale che resistono ancora oggi, alimentando dubbi nella popolazione.

Le “bufale” sul cambiamento climatico

Una delle più famose è, sicuramente, la non responsabilità dell’uomo per il cambiamento climatico. “Il clima è sempre cambiato”, “Dipende dall’attività solare”, “Le principali fonti di emissioni di CO2 sono i vulcani”, per citare alcune delle argomentazioni portate più spesso sul tavolo. Falsi miti difficili da sfatare, perché richiedono conoscenze di base che non tutti possiedono: non si può spiegare in due parole che le eruzioni vulcaniche, in realtà, comportano una riduzione della CO2 in atmosfera, o che certamente esistono emissioni naturali di gas climalteranti, ma che sono sempre state compensate da pari assorbimenti, finché non è arrivato l’uomo a turbare questo equilibrio (se volete approfondire, però, vi consiglio la lettura del libro “A qualcuno piace caldo” di Stefano Caserini, il cui campo di studi è la mitigazione dei cambiamenti climatici).
Siccome un’immagine vale più di mille parole, vi lascio riflettere su questo grafico, realizzato da IPCC: in nero trovate l’andamento delle temperature registrate, mentre le altre sono due simulazioni; quella verde rappresenta la temperatura guidata da soli forzanti (ovvero ciò che può influenzare il clima) naturali, mentre quella marrone comprende sia i forzanti naturali che quelli antropici. Quale delle due si sovrappone alla reale anomalia di temperatura?

Certamente il clima è sempre cambiato: le temperature hanno sempre avuto delle oscillazioni. Il problema è che oggi sta cambiando rapidamente, e se non riconosciamo la causa, non potremo mai agire per trovare delle soluzioni.

Un’altra convinzione molto radicata è che non ci sia consenso scientifico sul riscaldamento globale. Falso: le anomalie di temperature sulla Terra sono state registrate da diverse istituzioni internazionali, indipendenti tra loro. Lo stesso IPCC si occupa di analizzare questi studi: contrariamente a quanto si crede, infatti, non è un istituto di ricerca, ma passa in rassegna quelle realizzate in tutto il mondo (migliaia e migliaia) per realizzare dei report che forniscano ai cittadini e ai decisori politici un quadro della situazione aggiornato.
Ma allora perché abbiamo la sensazione che ci sia uno schieramento tra due fazioni opposte?

Come si diffonde la disinformazione

Le fake news sul clima sono pericolose, perché impediscono di affrontare il problema: si crea una barriera psicologica, qualcosa che ci frena e ci fa domandare perché dovremmo preoccuparci e cambiare le nostre abitudini se la stessa comunità scientifica ha delle riserve al riguardo. I negazionisti dei cambiamenti climatici non sono tutti uguali: molte persone negano il fenomeno solo per paura, o perché non riescono a comprenderlo; preferiscono semplicemente non saperne nulla. Ed è proprio su questo che fanno leva i negazionisti “di professione”, che hanno qualche interesse in gioco: rientra in questo esempio il caso di Exxon, per cui la verità sul ruolo dei gas climalteranti costituiva un intralcio, un’interferenza per i propri affari. Ma tra le principali motivazioni che spingono a instillare dubbi c’è anche la propaganda politica, il tentativo di attirare consensi raccontando al popolo ciò che vuole sentirsi dire, ovvero che il clima è sempre cambiato, che su questa tematica non c’è ancora consenso scientifico, insomma, in altre parole di non preoccuparsi. Non è certo un caso se le più famose idee negazioniste sono portate avanti anche dai politici, uno su tutti l’ex Presidente USA Donald Trump!

A sostenere la teoria del disaccordo tra gli scienziati, e quindi di una situazione ancora incerta, ci pensano purtroppo anche le dichiarazioni di esperti (o presunti tali), come Antonino Zichichi, Franco Prodi, Franco Battaglia, e soprattutto Carlo Rubbia, vincitore di un premio Nobel nel 1984, noto ai più per il discorso al Senato sul tema dei cambiamenti climatici, nel quale aveva addirittura “scomodato” Annibale per sostenere la sua tesi (peraltro smentita da Stefano Caserini: ne avevamo parlato nello scorso post sulle bufale climatiche più famose). L’autorità di un premio Nobel è difficile da mettere in discussione, ecco perché queste prese di posizione rischiano di minare la credibilità di anni e anni di lavoro di comunicazione sul riscaldamento globale; posso però sottolineare che le personalità citate prima hanno tutte qualcosa in comune: non hanno mai pubblicato nessuno studio in merito ai cambiamenti climatici, perché sono esperti in altri settori.

C’è però un altro motivo per il quale abbiamo l’impressione che non tutta la comunità scientifica sia convinta nell’attribuire all’uomo la responsabilità del global warming: il dibattito troppo spesso ostentato sui media, che non fa altro che creare confusione nel pubblico. Non si possono semplicemente mettere a confronto punti di vista diversi sullo stesso tema, perché il consenso scientifico è dato dall’insieme di prove che sostengono una determinata tesi, non dalla semplice opinione.
E c’è di più: il confronto non è alla pari, perché i negazionisti hanno maggiore presenza, e quindi visibilità, sui mezzi di informazione rispetto ai climatologi. A dimostrarlo, un recente studio pubblicato su Nature, nel quale si stimava che le teorie dei negazionisti trovano il 49% in più di spazio sui vari media rispetto agli scienziati del clima! La comunicazione sul cambiamento climatico è fondamentale e può fare tanto; ma se vi state chiedendo perché ci siano ancora così tante persone poco convinte dell’urgenza di agire, date pure una buona parte di colpa a chi cavalca le teorie negazioniste. Come dice quella famosa frase di Mark Twain, “Una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo mentre la verità sta ancora mettendo le scarpe”.

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