Quanti dispositivi in stand-by ci sono nelle nostre case? È questa una delle domande che dovremmo porci ogni volta che tentiamo di ridurre i nostri consumi energeitici, sia per risparmiare in bolletta che per alleggerire il nostro impatto sull’ambiente. Sì, perché ogni giorno siano circondati da elettrodomestici che solo in apparenza risultano spenti, ma in realtà continuano a consumare energia. Dal televisore all’impianto stereo, passando per le console di gioco e i caricatori per smartphone, vi è una piccola ma rilevante quota di elettricità che sprechiamo quotidianamente. Ma quanto ci costa davvero in bolletta? E, soprattutto, quale peso ha in termini di emissioni?
Quello del consumo di energia da parte di dispositivi in stand-by non è un problema recente: se ne parla almeno dagli anni ‘90, quando iniziarono a sorgere le prime proteste dei consumatori – e anche dagli ambientalisti – su quelle lucine rosse sempre accese, 24 ore su 24. Oggi gli indicatori luminosi della cosiddetta “modalità in attesa” stanno progressivamente scomparendo e, di fatto, la fase di stand-by diventa ancora più nascosta: è davvero difficile accorgersene. Ho quindi deciso di indagare quali siano gli elettrodomestici che consumano di più quando in attesa e, soprattutto, comprendere quali siano i loro costi data la recente impennata dei prezzi dell’energia.
Stand-by: comodo, ma ci serve davvero?
Innanzitutto, occorre chiedersi come sia nata la modalità stand-by e perché si è tanto diffusa tra i produttori di elettrodomestici e altri dispositivi. Questo percorso affonda le sue radici già alla fine degli anni ‘70, quando l’industria si trovò ad affrontare un problema non da poco: quello dell’impazienza dei consumatori. Molti apparecchi, in particolare quelli elettronici, richiedevano diversi minuti dalla loro accensione prima di diventare operativi e ciò generava una certa frustazione fra gli utenti.
Si pensò così a una modalità di sospensione che, anziché imporre lo spegnimento completo del dispositivo e il suo successivo lento riavvio, di fatto lo ibernava. Così facendo, ai consumatori veniva offerta la possibilità di riaccendere velocemente i loro dispositivi, senza nessun tempo d’attesa. Una funziona comoda, ma con un grande compromesso: per entrare in ibernazione, ed essere immediatamente riattivato, il dispositivo aveva bisogno di consumare una piccola porzione di energia anche quando non effettivamente in uso.
A partire dagli anni ‘80, praticamente tutti gli elettrodomestici della casa – in particolare quelli per l’intrattenimento – furono aggiornati con la modalità stand-by. Ed è così che si è generato un problema a cui assistiamo tutt’oggi: considerando come nelle case vi siano decine di elettrodomestici e device elettronici diversi, cresce il loro peso sulla bolletta. Basti pensare che, secondo un recente studio di E.On Energia, circa l’8% dei nostri consumi annuali è determinato proprio da dispositivi in stand-by, una cifra che potrà raggiungere il 15% entro il 2030. Ma la comodità di risparmiare qualche secondo ci serve davvero? Vale la pena sprecare l’energia, solo per impazienza?
Quanto consumano i dispositivi in stand-by
Quanto davvero consumano i dispositivi in stand-by? Bisogna fare innanzitutto una premessa: i dispositivi moderni consumano molta meno energia in modalità sospensione rispetto ai loro predecessori. Questo perché, da qualche anno a questa parte, la maggior parte dei produttori ha deciso di aderire alla One Watt Initiative, un’iniziativa dell’IEA per portare l’assorbimento di energia in stand-by tra gli 0.5 e 1 watt per dispositivo. Questo non vuol dire, però, che venga sprecata meno energia: il singolo apparecchio consuma meno, ma il numero di dispositivi presenti in casa si è moltiplicato.
Una rilevazione su 1.300 famiglie europee, ha permesso di tratteggiare il consumo annuo di diversi elettrodomestici in modalità attesa. Si tratta ovviamente di cifre indicative, poiché molto varia dal modello a propria disposizione e dalla sua efficienza energetica, ma rimane una buona fotografia di quanto sia l’assorbimento di energia non necessario:
- Vecchio televisore a tubo catodico: 26 kWh;
- Televisore moderno LCD/LED: 5 kWh;
- Computer desktop: 5.5 kWh;
- Computer laptop: 1.2 kWh;
- Console di videogiochi: 9 kWh;
- Robot, caffettiere e altri elettrodomestici da cucina: 8 kWh l’uno;
- Caricabatterie per smartphone sempre collegato: 0,26 kWh.
Ovviamente, gli apparecchi elettronici disponibili in casa sono assai più variegati rispetto a quelli elencati, tuttavia ci si può aiutare con un calcolo generico emerso di recente da una ricerca tedesca:
- Dispositivi senza display o LED di stato: 4 kWh;
- Dispositivi con display: 8 kWh;
- Dispositivi che si collegano alla rete (router, assistenti vocali e via dicendo): dagli 8 ai 64 kWh.
E come ricavare il consumo complessivo annuo? I dati E.On svelano come, in media, una famiglia europea consumi 600 kWh l’anno per dispositivi in stand-by o sempre in funzione, escluso il frigorifero. Togliendo la porzione degli elettrodomestici effettivamente accesi, e non in modalità d’attesa, possiamo stimare un consumo di circa 350 kWh ora l’anno. Ai prezzi del mercato tutelato ARERA dell’autunno 2022 (0.51 euro a kWh), si tratta di una spesa annuale di circa 178 euro l’anno.
E sul fronte ambientale? Secondo i dati del Ministero dell’Ambiente, stando al mix energetico italiano si emettono in atmosfera 0.53 kg di CO2 per ogni kWh prodotto. Questo significa che, solo per lo stand-by, ogni famiglia dello Stivale emette 185.5 kg di anidride carbonica.
Come risparmiare sullo stand-by
Spendere quasi 200 euro l’anno, giusto per risparmiarci qualche secondo all’accensione di un apparecchio elettronico, non è forse la mossa più intelligente che possiamo fare. Sia per le nostre tasche, che per l’ambiente: il dato di 185.5 kg di CO2, infatti, va moltiplicato per ogni famiglia residente sullo Stivale. Ma come fare a risparmiare sullo stand-by? Ecco i miei consigli:
- Individuare tutti i dispositivi che vanno in stand-by. Con la progressiva eliminazione dei LED di stato sugli elettrodomestici, potremmo non accorcerci del loro stand-by. L’esempio più immediato è quello delle nuove smart TV, che appaiono completamente spente ma in realtà stanno consumando energia. L’avvio di questi televisori è mediamente lento, perché è necessario caricare un vero e proprio sistema operativo, e così i produttori hanno optato per uno stato di ibernazione che ci permette di tornare all’ultima scheda aperta a ogni accensione. Senza però dirlo esplicitamente al consumatore;
- Staccare tutte le prese, sempre. Proprio per evitare le modalità d’attesa non segnalate agli utenti, il modo più sicuro per evitare consumi anomali è quello di scollegare tutte le prese dalla parete quando gli elettrodomestici non sono in uso;
- Installare interruttori. Per tutti quegli elettrodomestici e dispositivi dalle presi difficili da raggiungere, perché magari nascoste dietro a pesanti mobili, possiamo chiedere al nostro elettricista di installarci degli interruttori che stacchino l’elettricità alla presa a muro in oggetto. O, ancora, interruttori centralizzati che ci consentano di bloccare l’alimentazione di tutti questi apparecchi in un colpo solo;
- Non lasciare collegati alimentatori e caricatori quando i device non sono in carica. Sebbene le versioni più moderne dei caricatori sono in grado di determinare l’effettivo collegamento del dispositivo, e di interrompere l’alimentazione quando non in uso o quando le batterie sono più cariche, così non avviene per i modelli più recenti.
In definitiva, perderemo forse quei cinque minuti in più per accendere l’apparecchio elettronico che ci serve, ma il nostro portafogli e il Pianeta ci ringrazieranno!
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