Un sogno diventato realtà e un bellissimo esempio di green economy
Vi propongo spesso test con prodotti per la pulizia: mi piace andare alla ricerca di cose nuove, provarle e condividere con voi le mie impressioni. Un marchio che ho trovato per caso e mi ha sempre colpito positivamente è quello di Brillor: ho utilizzato il detergente per piatti, quello per il bucato, per i pavimenti e quello per i vetri, e mi sono sempre piaciuti. Inci perfetto, biologici certificati ICEA e super efficaci.
Incuriosita, ho deciso di scoprire qualcosa di più: mi sono recata presso l’azienda che li produce e mi sono fatta raccontare tutto dalle due donne che, mosse principalmente dalla passione, l’hanno messa in piedi. Cascina Meira è la sede dei laboratori di produzione dei detergenti Brillor, ma prima di tutto è un’azienda agricola: una struttura realizzata in bioedilizia affacciata sul Lago di Alice Superiore, nella Valchiusella, a 50 km da Torino; quest’area è un biotopo protetto dalla Comunità Europea per la ricchezza di biodiversità.
Paola (al centro nella foto) è fra le altre cose un’esperta naturopata, che dopo una carriera nella moda e nelle pubbliche relazioni ha cambiato vita a seguito di importanti esperienze personali. Quando ha incontrato Antonella e iniziato i primi esperimenti con le piante, ha acquistato e ricostruito Cascina Meira come “base operativa” di questo importante progetto. La sua attuale socia Isabella è Dott.ssa in Scienze Forestali e ambientali, con un ampio bagaglio di conoscenze in chimica e botanica: se l’idea originaria era studiare i classici detersivi, imparando come sostituire le sostanze chimiche con estratti naturali e vegetali, ora l’intento è indagare sempre di più le piante autoctone e perfezionare le modalità estrattive.
Hanno coniato il termine “Agridetergente”: un detersivo realizzato con macerati di erbe, quelle spontanee che raccolgono in zona e quelle che coltivano.
Nel parco della Cascina c’è un ettaro di terreno in cui piantano erbe aromatiche officiali: timo, menta, rosmarino, lavanda, applicando la permacultura, un metodo di coltivazione che aiuta a preservare l’habitat. Spiega Paola: «Il biotopo è caratterizzato da piante segnalate dalla Comunità Europea, che devono essere protette, come il tiglio e l’agrifoglio. Con i nostri esperimenti, qualche conoscenza recuperata dalla saggezza contadina e la moderna analisi scientifica, abbiamo trovato il sistema corretto di affiancare le piante e abbiamo inserito le piante aromatiche in mezzo a quelle selvatiche: quello che ci serve convive perfettamente con quello che già c’era. D’altra parte, essendo terreni e produzioni biologici, eravamo tenute a non utilizzare sostanze chimiche e a rispettare il terreno; la natura però ci ha ripagato per non averla sfruttata: le piante sono forti e molto aromatiche!»
La base dei detersivi sono quindi piante “vive”, fresche (non hanno un magazzino), lavorate a mano. È quasi tutto autoctono, a vero km0, perché comprano altrove solamente gli ingredienti che non possono produrre: «<Il limone e la curcuma, le cui proprietà sono importantissime, che acquistiamo da aziende agricole bio italiane; l’alcol e l’aceto biologici e per uso alimentare; l’indaco per forza di cose, perché in Italia non c’è; il tensioattivo di cocco da un’azienda tedesca, perché per ora è l’unico valido tensioattivo vegetale, rapidamente e facilmente biodegradabile. Ma ne utilizziamo davvero poco: nella maggior parte dei detersivi i tensioattivi sono presenti al 25%, noi siamo sotto al 5%; in alcuni prodotti poi non ce n’è per niente.» Sì, perché il lavoro di ricerca, sperimentazione e innovazione non si arresta mai: «La Fitolacca è una pianta selvatica, piuttosto abbondate dalle nostri parti: abbiamo scoperto che l’interazione con l’aceto libera le saponine contenute nella sua bacca, creando una schiuma frenata dall’azione pulente. La stiamo già utilizzando nel detergente per la lavastoviglie, chissà in futuro…»
Ma l’intero ciclo produttivo di questi prodotti è bassissimo impatto ambientale: sono così poco inquinanti che tutti i reflui della Cascina e del laboratorio di Brillor finiscono in una vasca per la fitodepurazione, nel pieno rispetto dell’ambiente.
Il risultato? Detersivi efficaci, ecosostenibili ma anche sicuri per la nostra salute, perché testati regolarmente dai dermatologi dell’Università di Ferrara. Negli ultimi anni crescono in modo esponenziale le allergie e le dermatiti, causate spesso da prodotti per la pulizia troppo aggressivi: molti scoprono così i detersivi Brillor, iniziano a usarli per non peggiorare le irritazioni alla pelle e alla fine non li lasciano più! E oltre al sostegno del pubblico, Paola e Isabella in questi anni hanno ricevuto anche numerosi premi e riconoscimenti a tema di ecologia e nuovi progetti, come il prestigioso Oscar Green di Coldiretti.
Tante soddisfazioni, ma anche qualche difficoltà. «Quando realizzi qualcosa di nuovo e sconosciuto fino a quel momento, farsi conoscere non è semplice. Sta però aumentando la consapevolezza delle persone in fatto di ecosostenibilità: stiamo iniziando a renderci conto che certe scelte ormai sono obbligate. La politica però non aiuta: in Italia c’è ancora poca attenzione e soprattutto si fanno pochi investimenti nel campo della green economy; inoltre, non esistono agevolazioni fiscali e burocratiche.»
Cascina Meira è diventata realtà 2 anni fa, nel pieno della crisi economica, quando le vendite di tutto il mondo erano in crollo; nonostante questo l’azienda va bene e la mole di lavoro continua ad aumentare, tanto che Paola e Isabella sperano di accogliere presto altre persone nel loro progetto.
Racconta infine Paola: «Le persone ci scrivono, ci seguono sui social, ammirano la nostra storia e tutti i sacrifici che abbiamo fatto per arrivare fino a qui e quelli che continuiamo a fare ogni giorno per portare avanti il nostro progetto. Comprano volentieri dei prodotti che sono il risultato di tutto questo.»
Ho voluto far conoscere la loro storia anche a voi, perché è la dimostrazione che se ci credi veramente tutto è possibile, anche creare qualcosa di completamente nuovo da zero. E anche perché è un bellissimo esempio di rispetto per la natura: chissà che a qualche azienda non venga voglia di replicare la loro esperienza.
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