Punto di vista

I detersivi da bucato fanno male? Questi ingredienti sì


Gli ingredienti dei detersivi da bucato restano sui tessuti, e sulla pelle provocano spesso dermatiti e allergie: ecco quelli da evitare.

17.500: sono le nuove diagnosi, ogni anno, di allergie cutanee secondo le stime dell’Osservatorio permanente delle allergie. Stime sicuramente al ribasso, secondo gli esperti, che comunque bastano a confermare un trend in costante aumento.

Le cause sono diverse, come avevamo avuto modo di scoprire nel post dedicato ad allergie e dermatiti da contatto, ma in cima ci sono l’abbigliamento e i prodotti per l’igiene come cosmetici e detergenti per le pulizie di casa. E, in entrambi i casi, i detersivi da bucato sono implicati: direttamente, se si lavano i capi a mano, ma anche indirettamente, perché molte sostanze restano intrappolate nelle trame dei vestiti nonostante il risciacquo e, una volta indossati a contatto con la pelle, possono indurre la sensibilizzazione, facilmente riconoscibile da sintomi come secchezza, rossori e prurito. Se questo vi suona famigliare, ora avete una possibile spiegazione: non a caso, una delle principali raccomandazioni degli esperti in caso di allergie, è propria quella di fare attenzione a ciò che usiamo per lavare abiti e biancheria.

Ma allora i detersivi da bucato fanno male? Dipende dalla formula. Esistono alcune sostanze che, più di altre, sono responsabili di irritazioni e allergie cutanee: vediamo insieme quali sono e come riconoscerle, perché, come si dice, se le conosci le eviti!

Ahimè, c’è un però: per i detersivi non vale la stessa regola dei cosmetici, sulle cui confezioni deve essere riportato l’INCI, pertanto le aziende produttrici non sono obbligate a scrivere tutti gli ingredienti in etichetta. Le informazioni sulla composizione sono riportate sulle schede di sicurezza, il cui sito deve essere indicato sul flacone, anche per motivi di sicurezza (ad esempio, in caso di avvelenamenti domestici). Sfortunatamente, non sono sempre così facilmente reperibili, ma se ci riuscite, occhio ad alcuni composti in particolare.

Tensioattivi

Sono i composti con azione detergente: hanno il compito di lavare via lo sporco. Possono essere naturali, ricavati da materie prime di origine vegetale (uno su tutti, l’olio di cocco, che trovate come Coco Glucoside), ma più spesso sono creati tramite sintesi chimica, come gli etossilati (riconoscibili dal suffisso –eth), che hanno anche una componente petrolifera. Questi ultimi, oltre ad essere poco biodegradabili e tossici per gli organismi acquatici, sono anche più aggressivi sulla pelle, causando secchezza, irritazioni e allergie.
Purtroppo, spesso nelle schede di sicurezza si leggono solamente voci come “tensioattivi anionici” o “tensioattivi non ionici”, senza nessuna indicazione sulla tipologia: in questo caso, per andare sul sicuro, consiglio di optare per un prodotto certificato ad esempio Ecolabel, ICEA o AIAB per l’eco-detergenza, dal momento che questi disciplinari escludono l’uso di derivati petroliferi.

Fosfati

Servono a contrastare il calcare nell’acqua, ma sono tossici per pesci e altre specie marine; a volte sono sostituiti dai fosfonati, composti simili che, anche se non sono di origine petrolchimica, non sono biodegradabili e sono ugualmente tossici. Per questo motivo tutti i componenti a base di fosforo in Europa sono ammessi con limitazioni: non possono superare gli 0,5 g per lavaggio.

Conservanti

Usati per far durare più a lungo i prodotti, tra i più utilizzati ci sono Methylisothiazolinone e Methylchloroisothiazolinone, che vanno obbligatoriamente citati in etichetta perché possono dare problemi di allergie cutanee. Occhio anche a queste sostanze, cessori di formaldeide: DMDM Hydantoin, Quaternium-15, Imidazolidinyl urea e Diazolidinyl urea.

Coloranti e profumi

I coloranti sono inutilmente dannosi: non hanno nessuna funzione, se non quella di rendere più appetibile il prodotto, e sono tra i principali responsabili di irritazioni e allergie alla pelle. Si riconoscono perché sono preceduti dalla sigla CI seguita da un numero a cinque cifre.

I profumi come i coloranti non hanno nessuna utilità se non quella commerciale, ovvero rendere creme o detersivi più gradevoli. Esistono oltre 4000 sostanze utilizzate come profumo, quasi tutte di sintesi; oltre ad essere tra gli ingredienti con il più alto effetto allergizzante, sono pericolosi anche per inalazione perché contengono spesso ftalati, sostanze usate come solventi del profumo, che oltre ad essere derivati del petrolio sono considerati interferenti endocrini.
Non sempre è possibile sapere che tipo di profumi sono contenuti in un prodotto, perché se un’essenza è utilizzata sotto una certa percentuale si può nascondere dietro la generica dicitura Parfum. Esistono però 26 sostanze con maggiore potere allergizzante: grazie alla Direttiva 2003/15/CE (al link potete consultare l’elenco), queste vanno obbligatoriamente segnalate in etichetta.

Smacchiatori

Per eliminare macchie e aloni persistenti, fino a qualche anno fa si utilizzava il perborato, composto chimico dall’azione sbiancante: venne abolito quando si è scoprì il suo effetto teratogeno (ovvero ha effetti dannosi sul feto se utilizzato dalle donne in gravidanza). Oggi ha preso il suo posto la candeggina, che trovate con il nome di Sodium hypochlorite: certamente un male minore, ma molto inquinante, soprattutto per le acque e pericolosa per gli organismi acquatici, e tossica per inalazione: l’esposizione può causare irritazioni a occhi, bocca, asma e problemi respiratori. In più è anche corrosiva: se può rovinare l’acciaio, figuriamoci cosa può fare sulla pelle!
Molto utilizzati nei detersivi da bucato anche gli sbiancanti ottici, additivi particolari che creano una specie di illusione ottica: ricoprono la macchia illuminandola, rendendola impercettibile ai nostri occhi, ma non la eliminano. A contatto con la pelle possono scatenare allergie ed eczemi, ma perlomeno è obbligatorio riportarne la presenza in etichetta: in questo modo non si deve impazzire a reperire schede di sicurezza e decifrare nomi impronunciabili!

Ammorbidente

La sua funzione, in realtà, va oltre la morbidezza dei capi: serve per ridare ai tessuti, dopo il lavaggio, un pH simile a quello della nostra pelle, che è di 5,5. I detersivi, anche i più naturali, hanno un pH alcalino: l’ammorbidente abbassa quello dei capi appena lavati e lo riporta vicino ai nostri parametri.
Però, quell’effetto liscio e morbido che conosciamo è regalato da tensioattivi cationici, ovvero sostanze grasse che si fissano nelle fibre dei tessuti e poi rimangono a contatto con la pelle: sono proprio questi residui a rendere l’ammorbidente uno dei prodotti da bucato che causa più frequentemente allergie cutanee.
Per i tensioattivi dell’ammorbidente vale lo stesso discorso fatto per quelli dei detergenti: l’unico modo per avere la certezza di una molecola naturale è quello di scegliere un prodotto certificato eco-bio.

Tanti rischi inutili (per noi e per l’ambiente), dal momento che fortunatamente esistono tante alternative naturali e, per chi non ama il fai da te, non mancano i detergenti ecosostenibili, con formule il più possibile naturali, sicure per la salute e rapidamente biodegradabili: trovate qualche esempio nel più recente post sui detersivi ecologici per il bucato, ma con una ricerca su Ecocentrica ne troverete anche molti altri!

N.B.: Le mie considerazioni sugli ingredienti le ho fatte alla luce di studi scientifici, opinioni di esperti di cui mi fido, fonti come EcoBioControl o i regolamenti delle certificazioni eco-biologiche.

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