Punto di vista

Etichettatura benessere animale: azione ingannevole


Discutere in merito alle condizioni per il rispetto del benessere animale è fondamentale per arrivare a ottenere una nuova legislazione. Regole capaci di rendere più sostenibile ed etico il settore dell’allevamento. Eppure l’arrivo di una nuova etichettatura “benessere animale” applicata agli allevamenti suini, sembra minacciare l’avanzamento in tale direzione.

A denunciarlo sono 13 associazioni ambientaliste e animaliste, già autrici di una tweetstorm (una “tempesta di tweet legati all’hashtag  #bugieinetichetta) lo scorso 22 settembre. Vedono nella nuova etichettatura per il benessere animale uno strumento pericoloso che deve essere rivisto. Eppure dal nome sembrerebbe essere un’iniziativa lodevole, impostata per consentire ai consumatori di acquistare soltanto prodotti provenienti da allevamenti con condizioni dignitose per gli animali allevati.

Dove si nascondono le problematiche legate al provvedimento? Guardiamo nel dettaglio.

Etichettatura benessere animale, le radici del problema

È in procinto di essere votata dalla Conferenza Stato-Regioni una nuova certificazione relativa al benessere animale, introdotta con l’inserimento nel Decreto Rilancio dell’articolo 224 bis. 

Uno strumento potenzialmente positivo. Purtroppo però la sua attuazione, ovvero la certificazione ministeriale che sta per essere votata in Conferenza Stato-Regioni, prevederebbe altro. Ovvero etichettare con il claim “benessere animale” anche prodotti provenienti da allevamenti dove le scrofe vivono in gabbia e dove viene praticato il taglio sistematico della coda ai suini, pratica in violazione di quanto espresso nella direttiva europea di protezione di questi animali.

Tale certificazione garantirebbe inoltre priorità di accesso ai fondi PAC e PNRR. Favoriti ancora una volta gli allevamenti a carattere intensivo, configurando quindi un vero e proprio raggiro nei confronti dei consumatori.

La proposta di certificazione tradisce la fiducia dei consumatori perché fornisce informazioni fuorvianti. Il sistema di certificazione proposto in base allo schema di decreto elaborato non permette ai cittadini di ricevere un’informazione adeguata che consenta loro di operare scelte pienamente consapevoli.

Si tratta di una certificazione a base volontaria. Deciderebbero quindi le singole aziende se aderire o meno, per applicarla a “prodotti di origine animale che rispettano standard superiori ai requisiti di legge”. Tali positive premesse verrebbero però smentite nei fatti dalle maglie estremamente larghe del provvedimento. Praticamente la potrebbero ottenere quasi tutti!

#BugieInEtichetta, altro che benessere animale

A sottolinearlo la “Coalizione contro le #BugieInEtichetta”. Composta da Animal Law, Animal Equality, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, Federazione Pro Natura, LAV, LEIDAA, Legambiente, OIPA, LIPU, The Good Lobby.

Secondo la Coalizione risulterebbero ammissibili all’utilizzo della certificazione anche gli allevamenti intensivi. Persino quelli che limitano lo spazio vitale dei suini o praticano il taglio sistematico della coda:

Una scrofa confinata in gabbia e un suino di 170 kg che vive su una superficie di 1,1 mq non sono esempi di benessere animale, né di transizione verso una maggiore sostenibilità ambientale.

Cosa chiedono le associazioni?

  • “Modificare l’attuale schema di decreto e di non far approdare al voto in Conferenza Stato-Regioni gli standard per la certificazione suinicola che ad oggi si riduce in un inganno perpetrato ai danni del consumatore, indotto a fidarsi di una certificazione che di fatto non si rivela affidabile né veritiera.

    Se i criteri della certificazione resteranno quelli previsti a oggi, si tradirà completamente la promessa che PAC e PNRR siano utilizzati per stimolare un’agricoltura più sostenibile, nella direzione richiesta dal Green Deal europeo e dalla Strategia Farm to Fork.“

Questa la richiesta principale delle associazioni. Come sottolineano, il rischio per i consumatori è doppio. Da un lato il pericolo è di vedere arrivare un sistema di etichettatura fuorviante. Dall’altro potrebbero verificarsi aumenti di prezzo, giustificati di fatto dal “prestigio” legato alla nuova certificazione:

Inoltre, certificare come benessere animalepratiche standard del tutto insufficienti livella verso il basso la qualità del comparto, penalizza gli allevatori virtuosi, fa perdere unimportante occasione per rendere più sostenibile lallevamento suinicolo italiano e non risponde alle aspettative dei cittadini in tema di benessere degli animali allevati.

Cosa possiamo fare noi?

In primo luogo è possibile aderire alla petizione portata avanti da Legambiente, sottoscrivibile a questo link. Se ciò non bastasse la risposta per noi ecocentrici è semplice: informarci e guardare al vero benessere degli animali. 

Utilizzare l’hashtag #bugieinetichetta è il modo principale per partecipare al dibattito e sostenere la richiesta di trattamenti più equi per gli animali, nonché di un sistema di etichettatura trasparente e sostenibile.

In generale è consigliato affidarsi, laddove non si riesca a eliminare del tutto il consumo di carne, ad aziende con allevamenti biologici, estensivi e che utilizzano un’etichetta davvero trasparente. Realtà che consentano agli animali allevati di crescere in condizioni di vita dignitose e rispettose delle caratteristiche e delle necessità della specie. L’alternativa esiste, basta saperla riconoscere.

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