Punto di vista

I giovani vogliono salvare il clima: da dove cominciare?


Per tutelare l’ambiente non bastano le proteste, conta lo stile di vita

C’è un fenomeno che ultimamente sta riempiendo le pagine dei giornali, e che mi rende molto orgogliosa: i nuovi difensori dell’ambiente sono diventati i giovanissimi. Molti non hanno l’età per votare, eppure vogliono far sentire la propria voce ai politici affinché prendano sul serio la minaccia dei cambiamenti climatici.

Il movimento giovanile sull’ambiente vede la propria icona in Greta Thunberg, un’attivista di 16 anni che un venerdì mattina ha iniziato, invece di andare a scuola, a fare sit-in di protesta fuori dal parlamento di Stoccolma con il cartello “Sciopero per il clima”. Ecco come è partito tutto: ha ispirato migliaia di giovani in tutto il mondo che ogni venerdì hanno iniziato a scioperare in nome della tutela dell’ambiente; la protesta “Friday For Future” in poco tempo è diventata virale e sempre più potente, tanto da raggiungere tutto il mondo. Lo scorso 15 marzo lo sciopero ha coinvolto gli studenti di quasi 1800 città, 208 solo nel nostro Paese, con un’adesione altissima: a Milano, dove ho partecipato io, gli organizzatori parlavano di oltre 100.000 persone!

 

Negli anni in cui ero io una studentessa, probabilmente mi sarei ritrovata in piazza da sola o quasi, mentre due settimane fa ho visto tanti ragazzi armati di cartelli con scritte molto eloquenti, tra cui “Ci avete rotto i polmoni”, “Non c’è un pianeta B”, “Anche i dinosauri pensavano di avere tempo” o citazioni famose come “Io sono me più il mio ambiente e se non preservo quest’ultimo non preservo me stesso”. Sono contenta che qualcosa sia cambiato, che siano le nuove generazioni a smuovere le coscienze, eppure qualche dubbio l’ho ancora. Niente a che vedere con le tante teorie complottiste che hanno iniziato a circolare, secondo cui dietro alla protesta lanciata da Greta Thunberg non ci sia niente di spontaneo. Non ci vedo nulla di così strano: quando i tempi per un cambiamento sono maturi, spesso basta davvero poco affinché questo avvenga. Se l’impianto elettrico è pronto, basta solo che qualcuno accenda l’interruttore.

Quello che mi ha lasciato perplessa dopo le manifestazioni per il clima è qualcos’altro. Scendere in piazza, alzare la voce, parlare ai politici quando ancora non si può farlo attraverso il voto, è molto bello ma poco efficace se finisce lì: se poi nella vita di tutti i giorni non si presta attenzione ad adottare abitudini a basso impatto, ecocentriche come le chiamo io, non cambierà mai nulla.

Ho visto ragazzi lasciare rifiuti, plastica compresa, a terra, magari anche durante la manifestazione per il clima. Li vedo vestire i marchi della cosiddetta “fast fashion”, low cost ma prodotti senza il minimo rispetto né per l’ambiente né per i lavoratori. Molti cambiano smartphone e altri dispositivi elettronici alla velocità della luce, ignorando che per produrli si utilizzano materiali inquinanti che non vengono riciclati. Vanno a mangiare carne, magari nei fast food, quando l’impatto ambientale di quest’industria incide più del settore dei trasporti nelle emissioni di CO2. Insomma, vedo più giovani interessati alle sorti del pianeta ma confusi su come tradurre tutto questo in uno stile di vita, ignorando forse che come consumatori hanno molto più potere di quanto credano.

Responsabilità nei confronti dell’ambiente ce l’abbiamo tutti, ma spesso ci nascondiamo dietro la scusa di una politica poco sensibile. Quello che posso consigliare ai più giovani, avendo qualche anno di esperienza in più, è di iniziare prima di tutto a riflettere sulle azioni quotidiane, perché si possono trovare tante alternative più sostenibili.

E se pensate che alcuni piccoli gesti siano inutili, vi consiglio di vedervi il video con l’intervento di Greta Thunberg durante l’ultima COP24: tra le tante, una sua frase mi ha colpito particolarmente, ovvero «Non si è mai troppo piccoli per fare la differenza.»

 

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