Questa volta l’accordo sul clima di Parigi deve essere decisivo: andrà seguito senza indecisioni e compromessi. Ma non ci saranno sanzioni per chi non lo rispetta…
L. Fabius presenta, commosso, l’accordo finale (fonte: www.francebleu.fr)
Tutti si aspettavano un accordo che facesse la storia e l’accordo sul clima è arrivato, firmato da 195 paesi sui circa 250 che formano il mondo. Entrerà in vigore nel 2020. Purtroppo la cosa più importante, ossia il renderlo vincolante, non è stata fatta e quindi ci si affida alla “buona volontà” delle nazioni. L’idea della cosiddetta COP21 parigina era quella di riuscire dove Kyoto ha clamorosamente fallito. Fosse semplice: si tratta di cambiare le abitudini di un pianeta… Però l’accordo è stato raggiunto, si poteva e doveva fare meglio, ma è stato il migliore possibile, sicuramente l’ultimo possibile. Ed ecco cosa si sono promesse le delegazioni riunite a Parigi: diminuzione drastica delle emissioni sulle quali ci si aggiornerà ogni 5 anni, 100 miliardi all’anno da destinare ai paesi in via di sviluppo per assisterli nella rivoluzione tecnologica e nel contenimento degli effetti del riscaldamento globale, protezione di mari e oceani che stanno perdendo biodiversità e con essa gli stock ittici che ci nutrono a causa delle temperature troppo alte. Tutto questo dovrebbe permetterci di stare entro gli 1,5 gradi centigradi di surriscaldamento, ben al di sotto dei 2 gradi che gli scienziati indicano come la linea rossa da non superare: oltre quel limite il disastro.
C’è da fidarsi? Non so… Eppure c’è un’aria diversa che da un lato mi spaventa mentre dall’altro mi fa pensare che forse qualcosa verrà fatto davvero a questo giro. Alcuni dettagli (inquietanti) me lo fanno pensare. Pechino e Washington apparentemente non sono mai d’accordo su quasi nulla ma sulla lotta ai gas serra sono sempre andati a braccetto definendola fino a qualche mese fa “un ostacolo al progresso”. Ma poi, all’improvviso, firmano un accordo bilaterale sulle emissioni e sono state in prima linea a Parigi per spingere la Cop 21 in porto. Le vere ragioni di questo voltafaccia forse non saranno mai chiare. Di certo la cosa mi spaventa perché mi fa pensare che la situazione sia effettivamente grave. E’ vero che Obama è al suo ultimo mandato e tecnicamente potrebbe dire qualsiasi cosa gli passi per la mente… Tanto non lo aspetta una nuova campagna elettorale, no? Però, intanto, ha sputato un grosso rospo. E che dire dei 3 miliardi di dollari che il governo degli Stati Uniti ha riversato nelle casse del Fondo verde per il clima? Quelli sono soldi, valgono molto più delle parole e se vengono indirizzati a un fondo istituito per mitigare gli effetti del riscaldamento globale vuol dire che ce n’è veramente bisogno. Adesso.
E Papa Francesco? Ora, a parte il Cantico delle Creature e qualche enciclica qua e là, negli ultimi 2000 anni non mi pare che la Chiesa si sia spesa più di tanto in favore dell’ambiente. Certo stiamo parlando dell’operato di un Pontefice atipico, ma adesso, soltanto adesso, la massima autorità del Vaticano ha cominciato a mettere nella stessa frase “ambiente” e “società”, come fossero imprescindibili. Amen.
Quanto è grave allora la situazione? Diamo un occhio a questo schema delle interconessioni tra i problemi globali ideato qualche anno fa da Lester Brown, fondatore del World Watch Institute e dell’Earth Policy Institute. Quello che vedete qui sotto è soltanto una parte di un modello ben più ampio da cui ho estrapolato solo la parte a valle dei cambiamenti climatici: in poche parole le conseguenze a medio e lungo termine del riscaldamento globale.
Basta seguire una qualunque linea per capire il disastro a cui andiamo incontro se non ci diamo da fare per attenuare i cambiamenti climatici.
Faccio un paio di esempi ispirandomi alla mappa qui sopra.
Scendiamo dalle modificazioni climatiche alla diminuzione delle precipitazioni, alla scarsità d’acqua, all’avanzamento dei deserti, alla desertificazione, alle migrazioni climatiche, all’indebolimento degli stati sovrani al terrorismo. Vi dice niente? Ed è soltanto una delle possibili interconessioni.
Seguiamo quest’altra: modificazioni climatiche, innalzamento delle temperature, scioglimento dei ghiacci e dei ghiacciai, impatto sull’irrigazione da parte dei fiumi, si finisce sulla linea del rincaro dei generi alimentari per finire sul rischio di mancata disponibilità di riserve alimentari, carestie e indebolimento degli stati sovrani con tutte le sue conseguenze.
Una cosa è certa: è tardi per impedire il cambiamento climatico (avremmo dovuto svegliarci una cinquantina di anni fa) ma forse siamo ancora in tempo per renderlo meno disastroso e dobbiamo muoverci per contenere i danni. Quindi siamo tutti d’accordo: da domani occhio alle emissioni.
Ma forse “i signori” del carbone e del petrolio non sono d’accordo, d’altronde due terzi dei carburanti fossili ancora sotto terra lì dovranno restare se si vuole rispettare l’accordo di Parigi… Miliardi di dollari in meno per molti e in più per chi lavora nelle energie “pulite”. Insomma, i governi sono d’accordo, le regole verranno forse dettate ma poi l’economia le rispetterà? Be’, vedremo. Se avesse ragione chi è più pessimista allora è meglio cominciare a pensare che la vita nel mondo più caldo e instabile che ci aspetta non sarà impossibile ma sicuramente molto, molto più dura. E ricordiamoci una cosa: l’accordo lo prendono i governi ma in buona parte dipende anche da noi come individui, come gocce di un oceano fatto da 7 miliardi di esseri umani.
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