Ecco le “vittime” dei cambiamenti climatici
Quante isole abbiamo perso a causa dell’innalzamento del livello del mare? E quante ancora sono destinate a questo triste epilogo? Uno degli effetti più catastrofici del riscaldamento globale è proprio l’innalzamento del livello di mari e oceani, causato principalmente per effetto della fusione dei ghiacci che ricoprono Groenlandia e Antartide. Il contributo della fusione dei ghiacci dell’Antartide farebbe aumentare il livello dei mari di 61 metri, altri 13 metri arriverebbero dai ghiacci continentali del Polo Nord (soprattutto Groenlandia). Inoltre, ogni 100 anni l’espansione termica farebbe aumentare di un 1 altro metro il livello degli oceani.
Nel 2016, per la prima volta nella storia, gli scienziati sono riusciti a dimostrare quanto cambiamenti climatici e innalzamento del livello dei mari influiscano (negativamente) sulla sopravvivenza degli stati isola e che hanno portato alla scomparsa di cinque isole del Pacifico nel corso degli ultimi 70 anni. Queste facevano parte delle Solomon, un gruppo di mille isole nell’oceano Pacifico sudoccidentale che si trovano a circa 1.600 chilometri dalle coste nordorientali dell’Australia. L’arcipelago ha subito gli effetti del progressivo innalzamento del livello dei mari che ha registrato un tasso di crescita tra i più alti al mondo, aumentando di dieci millimetri all’anno, come dimostrato nello studio pubblicato sulla rivista Environmental research letters a maggio 2016.
L’arcipelago delle Salomon conta circa 640mila abitanti e gli studi compiuti su questi luoghi dimostrano come le isole del Pacifico siano le prime a risentire dei cambiamenti climatici in atto sul Pianeta, tanto che i ricercatori le hanno definite un laboratorio naturale che ci dà un’indicazione di cosa potrebbe aspettarci in futuro in tutto il mondo e che quello che è successo a queste isole potrebbe diventare la norma. Gli atolli in questione erano disabitati, ma questo non significa che il problema sia meno grave. Infatti, ad essere a rischio scomparsa ci sono anche altre sei isole abitate dove, a causa dei cambiamenti climatici, interi villaggi hanno perso porzioni importanti di superficie e costretto i suoi abitanti a trasferirsi altrove. Tra quelle che stanno scomparendo ci sono: Nuatambu, la quale dal 2011 ad oggi ha perso la metà della sua area abitabile, e conta al suo interno circa 25 famiglie e Kiribati, un’intera nazione, in cui vivono 103mila abitanti suddivisi in 32 atolli (di cui 11 inabitati). Questa non è solo una tragica prospettiva, ma è una realtà certa a cui bisogna far fronte. Infatti, non si sa quando, forse 20, 50 o 100 anni, ma queste isole verranno sommerse a causa dell’innalzamento del livello del mare, con l’aggravante che in queste zone si abbatteranno sempre più frequentemente disastri naturali, come uragani, tempeste e inondazioni.
Secondo le stime della Nasa il livello globale dei mari è salito in media di 6 centimetri negli ultimi 23 anni, e potrebbe aumentare di ben 90 cm da qui alla fine del secolo. Una prospettiva drammatica, non solo per le piccole isole sconosciute e tanto lontani da noi, ma anche per alcuni stati insulari e diverse città sull’acqua, come Venezia, tanto per rimanere in casa. Infatti, se il livello dei mari si alzasse di 1 metro Venezia sarebbe la prima a finire sott’acqua. Se si alzasse di 2-4 metri la stessa sorte toccherebbe nell’ordine ad Amsterdam, Amburgo e San Pietroburgo, Los Angeles, San Francisco e Lower Manhattan. Tra i 5 e i 7 metri l’acqua allagherebbe le strade di New Orleans, il sud di Londra, Shanghai e Edimburgo.
Tutto questo vuol dire che, oltre alla questione ambientale, giocherà un ruolo fondamentale anche il fattore umano, con milioni di persone che si troveranno a fronteggiare eventi estremi, come inondazioni e uragani, con molta più frequenza e ad abbandonare le zone costiere del mondo. E non stiamo parlando di un futuro troppo lontano, si pensa che potrebbero essere 150 milioni di persone entro il 2050, che saliranno a 190-340 milioni nel 2100. Questi tragici effetti si ripercuoteranno inoltre, sulla stabilità politica e sociale di tutti i paesi colpiti, che saranno interessati da massicce migrazioni verso i territori più interni. Queste migrazioni potranno coinvolgere anche l’Italia, sia internamente (man mano che le nostre coste saranno colpite) che dall’esterno.
Lo scioglimento dei ghiacciai e il conseguente innalzamento dei livelli del mare può essere rallentato, se ciascuno di noi opera con scelte quotidiane volte a contrastare la crisi ambientale. Sul fronte politico, i governi devono implementare misure per evitare una crescita incontrollata delle temperature, ad esempio rispettando gli accordi di Parigi stipulati nel 2015 e riducendo le emissioni nocive. Sul fronte personale, anche piccole azioni quotidiane potrebbero rivelarsi fondamentali per l’ambiente, come adottare stili di vita più sostenibili. Il tempismo è cruciale per prevenire la devastazione, se aspettiamo di avere un problema serio, diventerà davvero troppo tardi.
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